Vi portiamo dentro il Gemello Digitale

Lo scienziato del CNR Dimitri Dello Buono parla della grande proposta fatta all’isola e spiega nel dettaglio i segreti del nuovo contenitore digitale. Tra territorio, patrimonio edilizio e fascicolo del fabbricato, l’emergenza “sposa” l’approccio alla ricostruzione guardando alla realtà virtuale

Per cambiare le cose bisogna cambiare qualcosa”così lo scienziato Dimitri Dello Buono, chiamato al capezzale di Ischia dopo le sciagure, plasma il suo Metaverso Ischia. Un Gemello Digitale che modella e rimodella Ischia attraverso le informazioni che la riguardano. Ischia Information Modeling, parafrasano i moderni sistemi BIM. In una lunga intervista al nostro giornale, il direttore de Laboratorio geoSDI del Consiglio Nazionale delle Ricerche – Istituto di Metodologie per l’Analisi Ambientale – ci svela tutti i misteri del nuovo contenitore digitale. Ischia ieri, oggi e domani tra territorio, patrimonio edilizio e fascicolo del fabbricato. Dalla tragedia ad una opportunità irripetibile, l’emergenza Ischia si approccia ad una nuova ricostruzione attraverso la realtà virtuale: un contenitore di dati da gestire e condividere aumentandone il valore. Ci sono tutti i dati:“Mancano soloquellidei comuni. Mamancheranno sempre”.

Chi è Dimitri Dello Buono e come si è approcciato all’emergenza di Ischia ma anche alla ricostruzione?

«Tecnologo del CNR, mi occupo da ormai trent’anni di condivisione dei dati ed è specializzato sui dati geospaziali (che non è una brutta parola ma sono i dati che ci circondano). Da oltre vent’anni aiuta la Protezione Civile ad utilizzare al meglio questi dati. Quindi divento il direttore del laboratorio geoSDI del CNR, ossia il centro di competenza nazionale del Dipartimento della Protezione Civile. Quest’estate vengo chiamato per dare una mano alla razionalizzazione dell’informazione e quindi dei dati che riguardano Ischia per poter fare il piano di ricostruzione post-sisma. Avevamo praticamente quasi concluso la fase tecnica e tecnologica del piano. I dati, finalmente, erano stati aggregati, analizzati – questo perché si passa dal dato all’informazione e l’informazione, opportunamente utilizzata e gestita, diventa conoscenza – e quindi eravamo arrivati ad un livello di conoscenza elevato». 

E quindi?

«Quindi ero proiettato già su Ischia e quando si è messa in moto la macchina del Sistema Nazionale di Protezione Civile, ero la persona che doveva gestire il flusso di dati e di informazioni. Dovevo farlo in pochi giorni. È capitato in un periodo anche abbastanza infelice. Eravamo a cavallo dell’Immacolata, era difficile colloquiare con i colleghi. Ischia è un luogo anche diverso, dove diverso è bellissimo di estate, ma in inverno diventa complicato arrivarci. Quindi, tutti i colleghi avevano difficoltà logistiche ed ho creato questo sistema di condivisione dei dati in pochi giorni, per cui i colleghi riuscivano a vedere Ischia senza venire sull’isola. Il programma europeo Copernicus ha immediatamente cominciato a produrre, come sempre fa, una grossa mole di informazioni da satellite, da aereo, da rilievi sul posto. Basti pensare che, già il 27 novembre, avevamo un volo totale dell’isola. Ricordo che il 27novembre pioveva a dirotto e il 30 novembre, il dato mi è stato consegnato. Il 29 novembre è stato fatto un secondo volo, poi è stato fatto un sorvolo il 5 dicembre, poi ancora un altro nei giorni successivi. Sono arrivate una mole incredibile di informazioni che in qualche modo hanno cominciato a creare dei modelli».

E poi?

«La comunità scientifica è stata divisa immediatamente in gruppi e questi gruppi, divisi per tipologia di studio, hanno cominciato a produrre le loro risposte. Come dicevo prima, il dato ha cominciato a diventare informazione e poi è diventata conoscenza. Questa conoscenza si è tradotta in tutta una serie di informazioni, di dati, che noi chiamiamo “file” che sono le foto, i video, i modelli. Li abbiamo messi a disposizione della comunità. Il risultato di qualcuno diventava dato d’ingresso di altri che continuavano nel percorso di analisi. Abbiamo perimetrato le aree, supportato il commissario (questa volta il commissario prefettizio di Casamicciola) a snellire le procedure di evacuazione. Quindi sono venuti i colleghi di Firenze insieme ad altri colleghi ed abbiamo montato della strumentazione a terra. Cominciavamo ad avere il controllo della situazione».

Poi cos’è accaduto?

«Man mano che prendevamo il controllo della situazione, il cittadino ha visto alleggerirsi le procedure di sicurezza. Meglio si conosce il territorio, meno sono i vincoli inutili che si debbono imporre». 

-Cosiprende forma quello che lei chiama Gemello Digitale?

«A questo punto le cose sono andate avanti e abbiamo creato un vero e proprio gemello digitale mettendo insieme tutta una serie di informazioni, di tecnologie e di condivisione non solo dei dati e delle informazioni, ma anche delle persone. Le persone riuscivano a lavorare a distanza come se fossero nella stessa stanza e, di fatto, si è creato questo modello digitale che non solo ci dà una visione di quello che era l’isola, di che cosa è accaduto, di come intervenire nelle prime fasi, ma ci mette nella condizione di avere degli scenari predittivi. Ad esempio si possono simulare gli effetti di scelte senza doverle per forza applicare. La conseguenza immediata è stata la perimetrazione delle aree».

Quali opportunità?

«Abbiamo la possibilità di avere, per la prima volta, una cosa di cui in Italia si parla da una vita: il fascicolo del fabbricato. Scendere al livello del fabbricato e conoscerlo nelle singole specificità. La sua storia, il contesto in cui questo si trova, le relazioni tra fabbricati e creare le fantomatiche UMI. Sono le Unità Minime di Intervento per cui più edifici che condividono situazioni di legame dovranno essere considerati come un condominio di fatto. Il legame può essere di vario tipo, come un muro in comune piuttosto che essere fisicamente vicini, dove incidono dei problemi che legano le unità».

Il suo lavoro consiste nel raccogliere datiecreare file.Se dovessimo spiegare,come diceva Einstein,alla nonnaindieci secondi,che fine fanno questi dati e che messaggio le hanno dato in concreto su Ischia cosa direbbe?

«Il dato va letto e per leggerlo bisogna avere degli strumenti di facile lettura. Per cui il primo livello è prendere il dato e darlo perché “dato” è una declinazione del verbo dare, non del verbo trattenere. Quindi va dato, va utilizzato, va letto e va trasformato in informazione.10 cm di pioggia o una percentuale di umidità sono un dato. Domani pioverà è un’informazione. Quindi, quando ho l’informazione “domani pioverà”, probabilmente esco con l’ombrello. Far viaggiare il dato e l’informazione mette nelle condizioni ottimali le persone per fare delle scelte. Ora, la scelta di uscire, o no, con l’ombrello può essere banale, man mano che saliamo di livello le scelte diventano più importanti».

Nel caso di Ischia di che scelte si tratta?

«Il dato ha un’altra caratteristica, ossia quella di essere oggettivo e non confutabile. Una misura significa che quel qualcosa è misurabile. L’utilizzo dei dati genera informazione. Quando si passa al livello di informazione, bisogna saperla leggere. C’è un livello di lettura più approfondito e la politica, intesa come gestione della res publica, deve saper leggere i dati e le informazioni. Altrimenti, se non ci si basa su dati e informazioni, le decisioni vengono prese alla “sfera di cristallo”. Il mio ruolo, ritornando ai 10 secondi a Einstein, è quello di rendere facilmente leggibili i dati a tutti i livelli, in modo tale che si possano prendere meglio le decisioni».

Quindiun contenitore di datièun valore aggiunto per la scienza e la tecnica,ma anche per la popolazione che è più consapevoledel territorio in cui vive?

«Per tutti. Io faccio sempre il solito esempio, lo troverà decine di volte girando su Internet. Immaginiamo di andare dove c’è stato un incidente stradale. Si fanno delle fotografie e quelle foto il carabiniere le usa per capire di chi è la colpa. L’avvocato le usa per il suo scopo, il medico le usa per capire se la persona ha avuto un trauma a destra o a sinistra, l’assicuratore le utilizza per altri scopi e l’amministratore le utilizza per capire che forse quella strada ha qualche problema perché si fanno troppi incidenti. Quindi, lo stesso dato e la stessa informazione viene letta e utilizzata dagli occhi di chi la legge e di chi la utilizza. Il dato rimane sempre lo stesso, l’informazione è sempre la stessa, cambia il modo con cui la si usa. La pistola può essere utilizzata sia dal rapinatore che dalla dalla guardia che sta in banca. La pistola è sempre la stessa, è l’uso che se ne fa che fa la differenza».

In due battute.Lei adesso sa qual è lo stato di Ischia?Che futuro immagina?

 «Ischia, innanzitutto, non ha uno stato…ha tanti stati.Nel senso che ci sono una serie di realtà, esistono una serie di condizioni, una serie di scenari, una serie di situazioni che conosciute possono essere gestite. Ci sono delle aree che assolutamente non vanno antropizzate e se lo sono vanno bonificate. Se c’è un edificio, una strada, una baracca, una qualsiasi opera dell’uomo va tolta perché lì si rischia veramente tantissimo. Ci sono delle altre aree che, probabilmente, non sono state utilizzate nel modo ottimale. Ci sono aree che noi stiamo prevedendo come aree di atterraggio e che probabilmente possono essere una grande risorsa per l’isola. Se io uso un’area e costruisco degli edifici ho gli stessi costi che avrei alle pendici della montagna. Per cui infrastrutturare un’area sicura è molto più agevole, veloce ed economico che bonificare un’area dove ci sono grandi problemi di sicurezza. Conoscere mi rende disponibile tutti gli scenari. La realtà aumentata e la tecnologia mi permettono di simulare, prima ancora di intervenire fisicamente, tutto ciò che voglio».

Parliamo di un mondo immaginificoodi una realtà virtuale?Ci facciaunesempio…

 «Oggi posso costruire mille volte Ischia senza muovere un mattone perché lo faccio nel virtuale. Di recente c’è questa parolina, “metaverso”, realtà aumentata che tutti quanti utilizzano per fare sciocchezze con Facebook, che però è meglio utilizzare per pianificare. Posso così permettermi tutti gli errori che voglio perché non fanno nulla a nessuno. Solo dopo aver valutato tutti gli errori, tutti i vantaggi e tutti gli svantaggi, possono prendere la decisione di dove e che cosa fare».

Quali le opportunità?

«Primo step è continuare su questa strada, quindi prendere le informazioni e continuare a condividerle. La condivisione è anche indice di trasparenza e di legalità, così si evitano sorpassi. Non solo tutto ciò che verrà ricostruito potrà essere previsto, (inteso come visto prima) prima, durante e dopo, ma potrà essere utile alla gestione futura dell’isola stessa. Quando conoscerò perfettamente tutte le infrastrutture pubbliche e private che andrò a costruire, potranno accadere anche cose incredibili».

Tipo?

 «La condivisione dell’energia, la condivisione dell’acqua. Ci saranno edifici che produrranno più energia di quella che gli serve che potrà essere ceduta ad edifici che non la producono. Ci saranno edifici che potranno riprendere l’acqua e la porteranno… ».

Un paese fantastico?

 «Non è un paese fantastico, è una cosa che possiamo fare oggi. Siamo solo noi sciocchi a non farla, perché il costo fra il farla e non farla è stimato nel 5% di quello che si spende. Oggi progettare con tecnologia BIM (che è la tecnologia del Building Information Modeling) costa il 4-5% in più ma restituisce negli anni oltre il 400% di quello che si investe. L’edificio non ha solo il costo di costruzione. Quando io costruisco un edificio, se cerco di costruirlo al minor prezzo possibile (diciamo 300.000 €), risparmio 50.000€. Questo si traduce in costi di energia, di manutenzione, di tutto il resto. Perché? Perché mediamente le imprese vengono pagate alla consegna dell’edificio e il progetto si fa calcolando i costi alla consegna. I costi dovrebbero essere calcolati alla consegna dell’edificio più trent’anni di gestione. Lei vedrà che cambierà tutto. Tutti gli infissi costeranno molto di più, i pavimenti costeranno molto di più, l’isolamento costerà molto di più. Perché spendere 50.000 € in più, in un edificio per il recupero dell’acqua e di uso ottimale dell’energia. In trent’anni me ne ritornano 400-500 mila. Ci sono edifici in classe A che a progetto costano una volta e mezza l’edificio di classe C. Quel costo extra, mediamente, dopo 7-8 anni viene rimborsato. Pensate che quell’edificio avrà una vita media di 40-50 anni. Quante volte recupero quel costo in più? Questa è la grande proposta che faccio all’isola, conoscete e gestite nel migliore dei modi!».

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