Mettiamola pure così, c’era una volta l’isola verde. Il giornalista isolano Antonello De Rosa documenta con le foto che vedete in pagina l’ennesimo vergognoso scenario della nostra isola, con un’altra location da sogno che è ridotta a una vera e propria discarica a cielo aperto. De Rosa esordisce andando a ritroso nel tempo: “Ogni volta che butto l’occhio nel cratere del Vatoliere, nel comune di Barano, non posso fare a meno di liberare i ricordi. Memorie luminose che riportano all’infanzia, a quando con i compagni delle elementari e sotto lo sguardo attento delle premurose maestre esploravamo il nostro territorio. Bello, pulito e incontaminato. Orgoglio dei nonni che alla cura della terra dedicavano tutta la propria vita. Sono anni che quel patto tra uomo e natura, tra ischitano e boschi – salvo rari casi – è venuto meno”.
Il giornalista e fotografo isolano lancia poi il suo atto d’accusa ricollegandosi al predetto patto: “Un patto trafitto dall’indifferenza di chi dovrebbe tutelare, difendere e valorizzare il paesaggio; Un patto soffocato da proclami vuoti di chi rappresenta la cittadinanza che si fregia di parole piene di buoni propositi ma vuote di applicazioni pratiche (ecosostenibilità, ecologia, tutela del territorio, valorizzazione degli itinerari, new green deal bla bla bla… belle parole sentite tante volte ma applicate poco e male); Un patto tradito da noi, da chi il territorio lo abita e che non è più capace di tutelare la preziosa eredità contadina di cui tanto ci fregiamo ma che offendiamo, tutti i giorni, senza vergogna. La terra che ci hanno consegnato, un tesoro di verde fertilità mediterranea, oggi è una arrugginita metastasi di degrado, lasciata proliferare proprio da chi il territorio lo vive, non lo rispetta e lo profana”.
L’amarezza è davvero tanta e continua a trasparire: “Ho passeggiato nuovamente giù al Vatoliere dopo molti anni. Ho ritrovato gli stessi imponenti castagneti e noccioleti dell’infanzia, i funghi nel sottobosco e un profumo di vita che ricorda quanto bello è vivere a Ischia. A spezzare la meraviglia di un itinerario sempre più difficile da riconoscere, a causa dei recinti (chissà quanto legittimi) uno stillicidio di furgoni abbandonati, vecchi attrezzi di muratura, vasche, mulazze, materassi, antiche cucine. Ruggine, materiali di risulta, immondizia. Scheletri di auto, buste nere ripiene di chissà cosa. E questo è solo l’elenco di ciò che ho visto in pochi minuti di passeggiata (straziante). Questa sarebbe la nostra isola verde?”. Un quesito inquietante, la cui risposta è decisamente scontata.