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Un deficit di civiltà

 

di Graziano Petrucci

In certi casi dovremmo immaginare noi stessi come una società di profughi. Alcuni dei quali scappano dal buon senso e dalle regole della convivenza perché, magari, sono governati da una repulsione endogena e tiranna. In qualche caso estremo ma non solitario, c’è pure chi dovrebbe prendere coscienza che non è capace di stare in società. Ovviamente se non fosse in grado di raggiungere una tale consapevolezza, allora, per il suo bene e il nostro, bisognerebbe dirglielo. Ragione per la quale, perciò, avrebbe bisogno di un periodo di riprogrammazione mentale e civile con l’esame finale di educazione civica per compensare il deficit di civiltà. In questa categoria possiamo includere tanto chi passa con l’auto a velocità sostenuta in viuzze di un metro quanto chi, sempre dall’auto, getta sacchi pieni d’immondizia in strada o di fronte ad altre abitazioni (senza tener conto quindi di orari di conferimento e per evitare di tenersela in casa è meglio lanciarla il più lontano possibile dalla macchina in corsa e tentare di battere il record di proiezione del sacchetto il più lontano possibile). Si può parlare anche di certi primati che alla guida del proprio SUV come di una semplice seicento, aprono il finestrino e tirano pacchetti di sigarette vuoti, carte, giornali, fazzolettini o svuotano il posacenere carico di cicche. Perché, per questioni igieniche, sono abituati a tenere pulito il luogo dove sono momentaneamente geo localizzati sporcandone altri. L’elenco che tra note dolenti e variegate sfumature individua il «troglodita civilizzato» per eccellenza, insomma, di sicuro è molto lungo. La lista non può che estendersi quando in altre circostanze, solo apparentemente diverse, si mette in chiarezza la violenza sulle persone, sulle cose e sugli animali. Diventa corposa di contenuti che ci segnalano non solo che abbiamo perso la bussola e non sappiamo quale tipo di deviazione abbia preso l’umanità isolana ma, cosa peggiore, siamo preda di un deficit collettivo di memoria che ci ha evitato di sporgere denuncia e sollevarci dalla responsabilità quali persone. Tutto ciò ci dice che dovremmo ricominciare a farcela qualche riflessione. Se non sia il caso di domandarci cose tipo “Che cazzo di persona – uomo o donna – sono (diventato)?” o “sono mai stato una persona?” e ancora “cosa mi serve per trasformarmi in qualcosa il più lontano possibile dalle scimmie?”. Insomma, forse è tornato il momento di meditare e aprire un dibattito su quanto è rimasto di umano in certi ominidi e se questi non siano la prova, testimoniato dal comportamento della testa di cazzo, di una deriva e della crisi irreversibile di valori dimenticati. Ché ogni singolo pezzo umano, in cui bisogna considerare pure, ahinoi, quelli di merda, costituisce e condiziona l’intera società con il proprio modo di fare e ne sovverte le regole. Certamente. Ognuno è libero di fare ciò che vuole. Tuttavia, sti cazzi. Se ciò che fa lede l’altrui libertà diventa ostacolo e confine alla libertà stessa e quindi a ognuno di noi. L’ultimo episodio in ordine di tempo, accaduto a Barano ma che da avvio a un ragionamento secondo cui certe persone fanno davvero di tutto per rigettarci nella condizione di cavernicoli riguarda il cagnetto Max. Hanno tentato di strangolarlo e adesso è sotto terapia antibiotica. Questo dell’innocua mascotte di taglia piccola che solitamente vaga senza padrone nella zona di Testaccio non è l’unico episodio. In un recente passato altri ne sono accaduti. Ad esempio si può abbozzare dei cani di Carmelo e Francesca Buono, padre e figlia, trovati sotto un metro di terra dopo essere stati massacrati e strangolati, sempre nella zona di Barano. Oppure, è di qualche anno fa, l’episodio del gatto impiccato nella zona di Fondo Bosso cui si aggiungono, oggi, tutte le puntate di brutalità – ancora una volta gratuita – che hanno per protagonisti i gatti della Pineta a Ischia accuditi sottotraccia da poche volontarie ma che in qualche modo rendono chiara quell’indifferenza collettiva che avvolge le amministrazioni e quanto chi le rappresenta continui a restare insensibile a certi temi. Qualcuno potrebbe accusarmi di citare solo di animali. Bene. Parliamo delle persone. Quelle che stentano ad arrivare alla fine del mese e che spesso si recano alla Caritas, aiutate da associazioni che, su base volontaria, se ne prendono cura o gestiscono una mensa pubblica. O a quelle che dopo la tragedia di Monte Vezzi sono ancora in attesa di un’abitazione. La cosa feroce in queste scene di umanità fallita, costituita da scimmie con la cataratta, è che pure quelli “normali” rischiano o di restare isolate voci nel buio o, a lungo andare, di adattarsi a ribasso rinunciando a qualsiasi tipo di soluzione quale unico modo per superare ogni tipo di problema.

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