LE OPINIONI

Tutte le ombre sulla liberazione dei pescatori di Mazara del Vallo

DI LUIGI DELLA MONICA

Dopo 108 giorni vengono liberati i nostri fratelli pescatori di Mazara del Vallo. Una circostanza fortunata, oppure una fatalità, o ancora il risultato di una paziente e certosina attività di mediazione diplomatica? Sinceramente i dubbi sono molteplici ed enigmatici. Il tutto si colorisce di significato politico, alla luce della odierna revisione dei c.d. “decreti sicurezza”, che sono stati visti come il male assoluto di questa “maggioranza” Partito Democratico-5stelle-Italia Viva-Leu e si badi che il primo posto della sequenza di partiti alleati non è posto a caso. Vediamo di fare chiarezza: un gruppo di pescatori italiani ed extracomunitari regolari (marocchini e indonesiani) stavano viaggiando in acque internazionali, oltre le 12 miglia marine che contraddistinguono il mare territoriale rivierasco della Sicilia, per una battuta di pesca di alto mare. Facciano attenzione i lettori, si tratta di lavoratori che pagano le tasse e sono ossequiosi delle leggi italiane, che a terra lasciano periodicamente le loro famiglie, le quali sono abituate all’attesa ed alla preghiera del ritorno dei loro congiunti, ma questa volta è accaduto un qualcosa di veramente anomalo.

Il nostro Governo dovrà spiegare perché stamane ha gridato alla vittoria, per aver smantellato le normative restrittive degli sbarchi illegali, condotti dagli scafisti con porto base in Libia, soprattutto nella Cirenaica, che notoriamente trattasi di regione controllata dalle milizie del generale Aftar, confinante con la Siria. Dovrà spiegare perché dei lavoratori italiani e non italiani regolari, peraltro preziosissimi ingranaggi umani della filiera alimentare, la quale approvvigiona i laboratori enogastronomici italiani, che a parte gli eufemismi sono i migliori del mondo, in tempi di pandemia e quindi in condizioni di grossa difficoltà, siano stati aggrediti da motovedette libiche, quindi navi da guerra a tutti gli effetti, e tratti in regime di privazione della libertà, senza una accusa fondata, un capo di imputazione, una flagranza di reato, senza una forma di presunta legalità. Non è forse vero che una stessa cittadina tedesca, al secolo Carola Rachete, ha speronato – poverina è stata colta dall’ansia da prestazione di salvare i migranti – una nave da guerra italiana, in un porto italiano. La valutazione giudiziaria dell’evento è stata di non rilevanza penale della condotta, a cura del G.I.P. che non convalidò l’arresto, ordinanza del quale anche la Cassazione ha confermato la correttezza sul piano giuridico.

Non mi avventuro nel contestare l’operato della Magistratura, ma analizzo la storia nella sua brutale crudezza. Naturalmente il discorso è perfettamente sovrapponibile all’isola d’Ischia ed a quella di Procida, che vivono come Mazara del Vallo, della risorsa mare ed accolgono nel loro seno tanti validi uomini di mare, i quali avranno potuto comprendere la sofferenza patita dai loro colleghi in Libia. Non dimentichiamo il caso di oltre tremila persone che invasero il porto di Marina Grande di Procida per chiedere l’immediata liberazione dei due marittimi procidani a bordo della “Savina Caylyn” a far data dal febbraio 2011, ovvero da quando il cargo petroliere fu assaltato nell’Oceano Indiano, a largo della Somalia e dello Yemen, da un gruppo di pirati e furono liberati dopo oltre dieci mesi di estenuanti trattative internazionali, forse dietro il pagamento di un riscatto economico. Ancora le marinerie dei tutto il Golfo di Napoli in senso lato, da Vico Equense a Monte di Procida, stanno manifestando la propria solidarietà ai colleghi che dal 29 giugno 2020 sono “bloccati” nello scalo cinese di Huanghua, nord est della Cina, agli ordini della società di armamento gruppo M.Bottiglieri di Napoli, impediti a scaricare la merce perché nel mezzo di una disputa commerciale internazionale fra Cina ed Australia.

Pertanto, un Governo come quello italiano che stasera, per bocca del Suo Premier, ormai distante anni luce dalla vita quotidiana e dai bisogni vivi della gente, che pretende, ordina, dispone, impera e coarta, dicevo un Governo come quello italiano, che esige onestà ed abnegazione dei suoi uomini di mare, allorquando issano la bandiera di bordo tricolore, quel medesimo Governo non esita a latitare quando si tratta di proteggere la incolumità dei suoi connazionali naviganti in acque internazionali per motivi di lavoro e\o necessità. I lettori devono sapere, ove mai non ne fossero a conoscenza, che il gen. Aftar è persona di dubbia moralità e sicuramente fuori dall’alveo della legalità internazionale, giacchè l’O.N.U. non ne riconosce la sovranità e la figura istituzionale, poiché esiste una sola Libia che ha sede a Tripoli. Orbene non è stata codificata la figura di Aftar come criminale, questo non mi sento di poterlo affermare, ma certamente sottrarre uomini innocenti, ovvero accusati di presunti reati e\o di fatti nebulosi sul piano giuridico, significa violare le norme cardine ed elementari del diritto intenzionale. Molti devono ricordare che il diritto internazionale si basa non necessariamente e non immediatamente sulle norme codificate in trattati internazionali, ma su quelle consuetudinarie. Ebbene fra queste non vi è certamente quella di poter consentire ad una nave da guerra di sequestrare civili pacifici ed inermi, dediti ad un’attività lavorativa lecita, in acque internazionali. L’unica prerogativa di una polizia marittima di frontiera è il c.d. diritto di inseguimento, vale a dire la potestà pubblica di tallonare una imbarcazione che ha commesso un reato (pirateria, tratta di schiavi, traffico di valuta e\o di stupefacenti) nelle acque territoriali, entro le 12 miglia, e per sottrarsi alla sanzione penale dello Stato rivierasco tenti di fuggire in acque internazionali, ma vale la regola che, se durante questo inseguimento il presunto reo ripari in acque territoriali di altro Stato, l’inseguitore debba fare ritorno alla propria base.

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Capirete che in questo scenario tecnico-giuridico le milizie di Aftar non hanno certamente agito. La reazione delle nostre Istituzioni è stata quella dubbia ed ambigua di temporeggiare, ma la conseguenza diplomatica più devastante è stata quella di piegarsi a negoziare con un soggetto che è fuori dal Diritto Internazionale o quanto meno non è riconosciuto dall’O.N.U. Ne deriva una figura barbina ed una devastante immagine della nostra amata Italia, già tanto avversata nella nostra “cara” Europa. Con lo smantellamento dei decreti “Salvini”, che non mi compete giudicare né durante la loro vigenza, né ora che sono stati rimossi, l’Italia, a mio sommesso avviso, ha dato un’idea di sé che al suo interno tutto è lecito ed opinabile, in nome di non meglio chiariti principi di umanità universale, ma se si tratta di difendere con la forza militare oppure con le arti diplomatiche i propri cittadini, oppure quegli stessi extracomunitari che si sono ammansiti liberamente alle nostre istituzioni democratiche, rispettandone le leggi – non dimentichiamo i toccanti abbracci fra i parenti dell’equipaggio italiani, marocchini ed indonesiani che sono la vera essenza di quella fratellanza e di quella umanità che contraddistingue il nostro orgoglio italiano – il Governo è stato temporeggiatore e possibilista. Sono sinceramente amareggiato, per non dire disgustato da quanto accaduto, ma voglio concludere con un messaggio di speranza. Mi rivolgo ai marittimi onesti ed orgogliosi italiani di non mollare mai e di ricordare che se pure lasciano per lungo tempo le loro famiglie e sono vittime di mille sofferenze, la comunità della terraferma li onora e li celebra come eccellenze del Mondo. Prima o poi tornerà il sereno e la cittadinanza sarà più selettiva nell’attribuire il proprio voto a governanti degni di questa funzione. Forse un uomo onesto è pazzo in questo Mondo, ma meglio essere tacciati di follia che di qualunquismo.

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