CRONACAPRIMO PIANO

Truffa della pergotenda, adesso “cornuti e mazziati”

L’incredibile “effetto domino” che prosegue imperterrito su un’isola si arricchisce dell’ennesimo capitolo con i nuovi titolari di un’attività ubicata a Ischia rimasti beffati da un’azienda che nonostante il suo “palmares” continua a mietere vittime sul territorio isolano. Con una particolarità, stavolta al danno si è aggiunta la beffa

Prima una, poi un’altra, poi un’altra ancora. Lo scorso anno il nostro giornale pubblicò un servizio dal titolo abbastanza esplicito ed esplicativo, “Il pacco della pergotenda”, per denunciare il raggiro di cui era rimasto vittima un imprenditore isolano cui non era stato consegnato quanto promesso e soprattutto – dettaglio non trascurabile – anche pagato in anticipo. In quel momento forse nemmeno il più ottimista dei cronisti avrebbe pensato di potersi trovare davanti non ad un caso sporadico e isolato ma a un modus agendi consolidato e peraltro messo in atto sempre dal titolare della medesima ditta. Che, poi, attraverso un’altra serie di segnalazioni giunte in redazione, si è dimostrato essere un truffatore seriale e che evidentemente nonostante tutto riesce ancora ad ispirare fiducia in una clientela che quando lo aggancia nemmeno immagina a che cosa stia andando incontro. L’ultimo episodio in ordine di tempo è di quelli davvero recenti: ancora una volta, per il tramite della posta privata e chiedendo di poter conservare l’anonimato, ci ha contattato il responsabile di un’attività commerciale ubicata nel Comune d’Ischia che – letti i precedenti servizi giornalistici – si è “ritrovata” in quei racconti e ha chiesto di interloquire col cronista.

Detto fatto, ieri non ci siamo fatti pregare ed a metà mattinata ci siamo presentati come convenuto all’appuntamento. Prendendo subito atto del fatto che la ditta che ha truffato il cliente è sempre la stessa, ma su questo francamente nutrivamo ben pochi dubbi. In questo caso la vicenda parte dal lontano 2022 quando viene commissionato il montaggio di una pergotenda. Un lavoro ritenuto poi scarsissimo dal committente sia perché colore e qualità del vetro erano diversi da quelli convenuti, sia perché la tipologia delle opere eseguite sarebbe stata di discutibile se non scarsissima fattura. E chi gestisce quel locale ci ha messo poco ad accorgersene perché poi ad ogni pioggia si registravano infiltrazioni d’acqua all’interno dell’immobile, con conseguenze facilmente immaginabili. Nella zona alta dunque i titolari hanno provato a mettere una toppa con un lavoro di muratura poi il responsabile della ditta ha mandato un suo operaio che ha tamponato con del silicone, soluzione che ovviamente si è rivelata efficace per lo spazio di un “amen”. E mica è finita perché dopo il montaggio si è anche dovuto prendere (tristemente) atto del fatto che i vetri non si chiudessero bene: un problema questo, è bene precisarlo, tuttora in essere dopo due anni.

I malcapitati di turno, dopo essere stati bistrattati, si sono visti recapitare anche un decreto ingiuntivo per il pagamento di 5.000 euro suppletivi. E allora parte l’appello alle altre vittime: idea class action per rivalersi dei soprusi patiti

Insomma, si rasenta il surreale ma non crediate che abbiamo finito. Tutt’altro, per chiosare Ligabue il meglio deve ancora venire. I titolari dell’attività si rivolgono ancora al titolare della ditta lanciando il loro “SOS” ma si sentono rispondere candidamente che bisognava dare priorità ai locali che erano di prossima apertura rispetto a chi invece era già operativo. Tutto questo nonostante un pessimo lavoro fosse costato già 12.000 euro (per giunta pagati interamente in anticipo), con l’altro 50 per cento coperto da bonus statale. In tutto questo caleidoscopio di fatti e situazioni arriva anche la ciliegina sulla torta. A distanza di un bel po di tempo il titolare della ditta di pergotenda richiede l’emissione di ulteriori 5.000 euro da pagare per i vetri che non sarebbero stati inseriti nel conteggio originario perché proprio i vetri non potevano entrare nell’ecobonus. E di fronte al logico diniego nel mettere mano alla tasca da parte dei clienti, l’imprenditore ha ben pensato anche di rivolgersi al suo avvocato e far confezionare un bel decreto ingiuntivo con la questione che dunque dovrà essere discussa nelle opportune sedi. Che dire, per la serie “cornuti e mazziati”. Ecco perché nel congedarci dai nostri interlocutori raccogliamo il loro appello e lo giriamo a chi ci leggerà su carta o web: «Se c’è qualcun altro ancora che ha patito la nostra disavventura, beh cerchiamo di metterci insieme e capire se è possibile un’iniziativa congiunta per far valere le nostre ragioni. Non è giusto che chi si è preso gioco del prossimo arrivando letteralmente a truffarlo resti impunito rischiando addirittura di continuare a perpetrare la sua condotta fuorilegge». Nel caso, basta contattare la nostra redazione tramite mail o canali social. Prima o poi, su questa vicenda, bisognerà pur scrivere la parola fine. Magari più prima che poi…

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