La faccenda si fa terribilmente intricata e un caso che rischia di far parlare non soltanto l’Italia ma l’intera Europa adesso apre una finestra decisamente interessante e significativa anche sulla nostra isola, con alcuni fatti che potrebbero avere una valenza importantissima. Dalla Procura della Repubblica di Napoli, infatti, è partita una nuova inchiesta legata ad alcune testimonianze che hanno raccolto i legali dell’ex presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, e che ovviamente sono state allegate al ricorso che il fondatore di Forza Italia ha presentato alla Corte Europea per i Diritti dell’Uomo dopo i recenti fatti emersi in maniera fragorosa e che ricordiamo, a beneficio dei lettori meno attenti e informati, hanno attinenza con la condanna definitiva a 4 anni di reclusione per il reato di evasione fiscale.
Ma che cosa c’entra l’isola d’Ischia in questo nuovo filone d’inchiesta? E’ presto detto. Le prove raccolte dagli avvocati del Cavaliere dove si fatto le dichiarazioni di alcuni dipendenti impiegati presso un albergo isolano di proprietà della famiglia di Domenico De Siano, senatore della Repubblica e coordinatore regionale di Forza Italia in Campania. E nello specifico l’oggetto del contendere è da ricondurre ad alcune frasi che sarebbero state pronunciate da Antonio Esposito, presidente del collegio che emise la sentenza di condanna in Cassazione per Berlusconi e che a quanto pare della struttura ricettiva in questione era cliente abituale.
E lo stesso Esposito ha un ruolo importante e nient’affatto marginale in questa vicenda, come si evince da un articolo pubblicato ieri da “Il Fatto Quotidiano”. Il giornale diretto da Marco Travaglio fa riferimento a un’a denuncia presentata dal magistrato che chiede ai pubblici ministeri di verificare se a carico dei tre testimoni (ossia i dipendenti dell’albergo che fa capo ai De Siano) si possa configurare l’accusa di falsa testimonianza resa a pubblico ministero. Ma non è tutto, perché nel mirino di Antonio Esposito finisce inevitabilmente anche l’avvocato dell’ex premier, Bruno Larosa, al quale viene contestato di aver svolto indagini difensive a favore del proprio assistito “mancando l’esistenza di un processo penale”.
La materia è di quelle scottanti anche perché nei verbali i tre lavoratori d’albergo parlano da una serie di offese profferite dal presidente Esposito tanto nei confronti di Silvio Berlusconi che di Domenico De Siano. In particolare, un dipendente della struttura riferisce che il giudice avrebbe affermato che “prima o poi avrebbero arrestato sia il mio datore di lavoro che il Berlusconi“, mentre un altro lavoratore impiegato nel ristorante dell’hotel ha dichiarato di aver sentito Esposito pronunciare la seguente frase: “A Berlusconi, se mi capita l’occasione, gli devo fare un mazzo così“.
Detto che il fascicolo, affidato al sostituto procuratore Maria Di Mauro, al momento non prevede ipotesi di reato, è il caso di ricordare che Antonio Esposito (che nel frattempo è andato in pensione), è stato sentito dal pubblico ministero lunedì scorso ed ha negato di aver mai riferito le frasi riportate nei verbali raccolte dall’avvocato di Berlusconi. sentito dal pm lunedì scorso (con un ritardo dettato dalla paralisi della giustizia dettata dall’emergenza Covid-19), ha negato di aver riferito le frasi riportate nei verbali. A far scoppiare il caso un audio del giudice Amedeo Franco, deceduto lo scorso anno e relatore nel processo in questione in Cassazione. “Berlusconi deve essere condannato a priori perché è un mascalzone! Questa è la realtà, a mio parere è stato trattato ingiustamente e ha subito una grave ingiustizia, l’impressione che tutta questa vicenda sia stata guidata dall’alto”, affermò lo stesso Franco nel 2013 in un incontro con Berlusconi e alcune persone dopo la condanna, con uno dei presenti che registrò la conversazione. E poi ancora: “In effetti hanno fatto una porcheria perché che senso ha mandarla alla sezione feriale? Voglio per sgravarmi la coscienza perché mi porto questo peso del… ci continuo a pensare. Non mi libero, io gli stavo dicendo che la sentenza faceva schifo”. £ poi ancora: “Sussiste una malafede del presidente del Collegio, sicuramente”. Insomma, un passato che torna prepotentemente a galla e lo fa in maniera fragorosa. Di più tirandosi dietro anche la nostra isola, crocevia per una volta non di gossip o presenze vip ma di un intrigo capace di approdare fino a Strasburgo.