CRONACA

Trattamento di fine lavoro (TFR), per molti diventa una chimera

Oggi la liquidazione arriva dopo 2 anni, se non addirittura 7 anni in caso di pensione anticipata, per di più a rate quando l’importo supera i 50.000 euro

Il Trattamento di Fine Rapporto, o TFR (com’è più comunemente conosciuto), è una parte della retribuzione del lavoratore subordinato che viene accantonata per essere erogata in toto alla cessazione del rapporto di lavoro. Il TFR nasce in Italia il 21 aprile 1927 con la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale n. 100 del 30 aprile 1927, che stabiliva il diritto del lavoratore ad un’indennità proporzionata agli anni di servizio svolti. Nel testo della Carta del Lavoro, che tracciava le basi programmatiche dell’economia della nuova Italia e dell’ordinamento corporativo, all’articolo 17 si legge: «Nelle imprese a lavoro continuo il lavoratore ha diritto, in caso di cessazione dei rapporti di lavoro per licenziamento senza sua colpa, ad una indennità proporzionata agli anni di servizio. Tale indennità è dovuta anche in caso di morte del lavoratore». La data della pubblicazione della Carta fu scelta in modo non casuale: il 21 aprile è data convenzionale indicante la fondazione di Roma, nonché la festa dei lavoratori durante il ventennio mussoliniano.

La legge n. 297 del 29 maggio 1982 ha riformato la disciplina precedente, sostituendo l’indennità di anzianità corrisposta a fine rapporto con il TFR a decorrere dal 1º giugno 1982. Fino all’introduzione della legge n. 297/1982 il trattamento di fine rapporto, denominato “indennità di anzianità”, “indennità di servizio” o “liquidazione”, veniva calcolato sulla base del prodotto dell’importo dell’ultima mensilità di retribuzione per il numero degli anni di servizio prestati.

A garanzia del TFR, prevista dal citato codice civile, la legge 297/1982, art. 2, istituisce un Fondo di Garanzia nazionale al quale possono rivolgersi i lavoratori di imprese in stato di insolvenza o dichiarate fallite, e ne affida la gestione all’INPS. Con la sentenza del 3 settembre 2007 n. 18481, la corte di cassazione, sezione lavoro, ha ribadito che il Fondo di Garanzia è accollante ex lege, responsabile in via solidale e sussidiaria, dei crediti e obbligazioni vantati dal datore di lavoro, e opera in sua sostituzione nel caso di insolvenza.

Nel nostro Paese ci sono più di 1 milione e 600mila lavoratori pubblici il cui diritto alla liquidazione del Tfs/Tfr è stato e continua ad essere leso contro ogni legittimità costituzionale. Per ottenere l’anticipo della liquidazione, la cui procedura è tra l’altro lenta e dall’esito non scontato, si arriva a pagare più di 2000 € tra tassi di interesse e commissioni. Lo rilevano attraverso un’analisi le tre federazioni del settore pubblico della Uil attraverso le dichiarazioni di Domenico Proietti-Segr. Gen. UIL Fpl, Giuseppe D’Aprile, Segr. Gen. Federazione UIL Scuola Rua, Sandro Colombi, Segr. Gen. UIL Pa.

“Il differimento della liquidazione del Tfs/Tfr per i dipendenti pubblici – si legge in una nota – è stato un’enorme operazione emergenziale per fare cassa, la cui perpetuazione risulta oggi ingiustificabile. Una vera e propria appropriazione indebita da parte dello Stato: il Tfs/Tfr ha natura di salario differito e in quanto tale è costituzionalmente tutelato. Il differimento determina invece una fattispecie discriminatoria a danno dei lavoratori pubblici rispetto a quelli privati, per i quali la liquidazione avviene immediatamente. Oggi la liquidazione arriva dopo 2 anni, se non addirittura 7 anni in caso di pensione anticipata, per di più a rate quando l’importo supera i 50.000€. Un differimento che non solo erode il potere d’acquisto, ma pregiudica in modo trasversale la qualità della vita delle persone e le costringe a pagare una penalizzazione qualora decidessero di avvalersi dell’anticipo offerto dall’Inps o dalle banche”.

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In attesa della sentenza della Corte costituzionale sul tema e alla luce del Rendiconto Generale 2023 dell’INPS -che dimostra l’andamento positivo di bilancio dell’Istituto- le tre federazioni del settore pubblico della UIL richiedono un intervento politico per sanare una situazione anticostituzionale e priva, oggi, di giustificazioni economiche.

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