Tradizione e cucina, “A supp e pisc”

In queste giornate in cui il tempo non è stato clemente vi consiglio una ricetta di Valeria Di Meglio da fare la prossima settimana “A supp ‘r pisc”. “Era la mia cena preferita quando andavo a casa di tuo padre le sere d’inverno e non eravamo ancora sposati”, racconta mia madre. “A supp ‘r pisc, comm a facevn a nonn e zia Marì a Succer er sapurit!”. Dove compravano le donne r gopp Succer i pesci di paranza necessari alla riuscita della zuppa? Negli anni 70’, la delicata commissione era affidata a qualcuno di famiglia automunito, cosa rara a quei tempi e associata in genere a dd’uommn ‘ra cas, soprattutto a quelli che si imbarcavano e che potevano permettersi un’automobile. Chi doveva comprare i pisc pa’ supp si recava con un tempismo rigorosamente da rispettare al porto della Marina Grande nel primissimo pomeriggio, appena sbarcavano le paranze reduci dalla pescata del giorno. Solo così si poteva essere certi della freschezza del prodotto.

Abbesc a Marin, c’era quella che le donne di famiglia a Solchiaro consideravano la paranza di fiducia, gestita dai Meniedd. I pesci venivano venduti nella pescheria ‘ri Meniedd vicino all’attuale bar Grottino, lato biglietteria per i trasporti marittimi, negozio del cuore di mio padre, che oggi non esiste più. Quando mia madre stava per arrivare a casa della suocera e della zia del suo futuro marito l’odore della zuppa si sentiva già dal cortile. Le donne di casa avevano passato il pomeriggio a pulizzà i pisc, mantenendo sangue freddo per ogni zumpt r cecaredd ancora vive da dentro alle bacinelle. Se poi tra i superstiti della fauna marina nella bacinella c’era anche u ruong, le donne dovevano aggiungere spietatezza alla calma buddista e cercare di accoppare il viscido serpentone marino con priorità. Le mani della nonn e zia Sceriff erano già avvezze ad ammazzare capun, vaddin e vunigghiuozz. Se i pomeriggi d’inverno regalavano sole, questa operazione di pulitura veniva svolta all’aperto, con aria circospetta, per cacciare via i gatti che puntavano sguardi interessati ‘ncopp ‘e pisc.

Tra i pesci più utilizzati, soprattutto d’inverno, troviamo u cuocc, a lucern, u scurfaniedd, a secc, a cecaredd, u calamariedd, i pulepetiedd r trigghiozz, u ruong, a tracen. Mia madre era contenta di queste cene a base di zuppa di pesce, perché sua madre non era solita cucinarla.

INGREDIENTI PER 4 PERSONE

1 kg di pescato di paranza del giorno che può essere composto da: gallinella di mare (u cuocc), lucerna, scorfano (u scurfaniedd), seppie (r’ secc), canocchie (r’ cecaredd), calamaretti (i calamariedd), polipetti (i pulepetiedd), triglie (r trigghiozz), grongo (u ruong), gamberetti.

Abbondante olio EVO, almeno 5 cucchiai

Una spruzzata di vino bianco

Mezzo bicchiere d’acqua

3 spicchi d’aglio sbucciati

Prezzemolo fresco a piacere

300 g di pomodorini o pezzi di pomodori pelati

Sale q.b

Pepe q.b o peperoncino se gradito

2 fette di pane casereccio a persona

Pulire tutto il pescato, tagliare il grongo in tranci. Su fuoco lento, in una pentola larga e profonda o in una padella dai bordi belli alti, versare l’olio, l’aglio e le canocchie. Far rosalare ‘r cecaredd per 5-6 minuti.

Aggiungere seppie, polipi, pomodori e subito una spruzzata di vino bianco. Quando si aggiungono i pomodori, va aggiunto anche il sale. Versare nella padella anche mezzo bicchiere d’acqua. Appena i pomodori risultano belli cotti, aggiungere innanzitutto i tranci di grongo. Dopo circa 5 minuti, aggiungere gli altri pesci (alla fine di tutto, i gamberetti) e mettere un coperchio sulla pentola. Lasciar cuocere a fiamma sempre bassa per altri 10 minuti.

Aggiungere una manciata di prezzemolo e un po’ di pepe. Chi sceglie di aggiungere il peperoncino, potrà metterlo nella pentola nel momento in cui vengono aggiunti i pomodori. Per accompagnare la zuppa, abbrustolire 2 fette di pane casereccio, in forno o in camino.

RICETTA TRATTA DA “Amma Cucena’ “ di Valeria Di Meglio

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