E’ una vicenda che ha a che fare con il turismo, e già questo basterebbe a far capire come definitivamente poteva rimanerne fuori una località come Ischia e diversi nostri concittadini, visto che da queste parti il turismo è pane quotidiano e di fatto unica fonte di sostentamento. C’è un dato preoccupante che da qualche tempo sta suscitando più di qualche ansia negli operatori del comparto vacanze, piccoli o grandi che siano – perché questa vicenda certo non fa distinzione di “classe sociale” o capacità ricettiva ma colpisce nel mucchio – e negli ultimi tempi è stata denunciata anche da molti media (di recente ad esempio se ne è occupato il Corriere Economia). Parliamo di Booking.com, il portale di prenotazioni più cliccato del pianeta, e del mancato pagamento agli host italiani, con gente che ha maturato anche arretrati per un valore pari a 10.000 euro. Che se magari per una grande azienda possono essere una botta ammortizzabile, per una piccola struttura o per chi magari fitta qualche camera può rappresentare anche un passivo difficile da fronteggiare. I colleghi Alessia Conzonato e Valeriano Musiu sono chiari ed espliciti nella loro analisi: “Mancati pagamenti da agosto, in alcuni casi anche da luglio. Cifre non accreditate che vanno da poche centinaia fino a migliaia di euro. Il caso della piattaforma online Booking.com, che ha bloccato da mesi i versamenti ad alcuni albergatori e gestori di strutture, riguarda anche l’Italia. A sollevare il caso a livello internazionale, nei giorni scorsi, è stato il quotidiano britannico The Guardian. In un articolo, si denunciava il fatto che da luglio la piattaforma ha bloccato le transazioni in Thailandia, Indonesia e anche alcuni paesi europei, parlando di «problemi tecnici». Ora emergono anche diverse testimonianze di esercenti italiani che lamentano di essere in attesa dei pagamenti ormai da tre mesi e di non aver ricevuto risposte concrete su quali siano le cause e quanto ancora si allungheranno le tempistiche per ottenere la remunerazione che gli spetta. Tanto che alcuni di loro hanno deciso di procedere autonomamente per vie legali, mentre altri si sono rivolti all’Associazione Europea Consumatori Indipendenti, che ha presentato un esposto all’Antitrust.
Ma andiamo a ritroso per capire cosa è realmente successo. La genesi di questa storiaccia ha origine ai primi di luglio quando nell’extranet di Booking.com, lo spazio del sito riservato ai gestori delle strutture, compare questo messaggio: «Stiamo eseguendo interventi di manutenzione al nostro sistema finanziario dal 1° all’11 luglio 2023. Durante questo periodo alcuni dei nostri servizi finanziari subiranno ritardi (inclusa la fatturazione delle commissioni per il periodo di giugno 2023, ritardata fino a dopo il 10 agosto)». Trovandosi di fronte a un colosso, di fatto non si è preoccupato quasi nessuno, considerato anche la garanzia fornita nello specifico dal portale colosso delle vacanze. E da qui parte il racconto del Corriere della Sera che raccoglie una serie di testimonianze tra cui quella di Cristina che gestisce due case vacanza ubicate nel centro di Roma e che è in attesa di ricevere da booking circa 10.000 euro dopo che l’ultimo accredito sul conto corrente è datato 27 luglio. Soldi che servirebbero (anzi, servono) per pagare fitti e bollette della struttura oltre che mettere il piatto a tavola. Perché qui va ricordato che a versare lacrime amare non sono certamente le grandi strutture ricettive o le catene, che un ammanco del genere lo reggono come un comune mortale quando offre il caffè adun amico.
Ovviamente sull’accaduto è stata contatta anche booking che ha dato la sua versione dei fatti rispondendo così: «All’inizio dell’estate abbiamo comunicato ai nostri partner che avremmo intrapreso la manutenzione necessaria del nostro sistema finanziario e che ciò avrebbe comportato uno slittamento dei pagamenti. Ad oggi possiamo dire che per la maggior parte dei nostri partner, i pagamenti sono ripresi normalmente. Purtroppo per alcuni di loro sono sopraggiunti problemi tecnici inaspettati, che hanno causato ritardi nella liquidazione dei saldi. Siamo molto dispiaciuti per gli inconvenienti che ciò sta causando ad una minoranza di partner. Booking.com sta lavorando con estremo impegno alla risoluzione di ogni involontario problema tecnico». Si arriva poi a un’iniziativa, quella che dimostra come tra le vittime di questo “equivoco finanziario” ci siano anche diversi isolani. Albergatori e gestori di tutta Italia accomunati da questo problema si sono infatti riuniti: attenzione, però, per adesso non in una class action ma in un gruppo Telegram particolarmente attivo dove ci si consola a vicenda, ci si scambia consigli e opinioni oltre che informazioni utili. Un gruppo nel quale a raccontare le proprie storie e vicissitudini sono anche 6 operatori del settore isolani, cinque piccoli privati ed il titolare di una piccola struttura ricettiva. Che, in quello che è un coro unanime, al pari dei compagni di sventura riferiscono quasi come un “loop” di non riuscire nemmeno a contattare l’assistenza clienti. Anche se, ad onor del vero, su questo tasto booking non sembra voler sentire ragioni e al Corriere sulla specifica questione risponde in maniera secca e perentoria: non si sono verificati cambiamenti nel mondo in cui i partner possono contattare il portale. «Il customer service di Booking.com è sempre attivo e può facilmente essere contattato telefonicamente. I partner, inoltre, hanno a disposizione l’Extranet Partner con cui possono inviare i loro messaggi. In alternativa è sempre possibile contattare il proprio account manager». Ma nessuno ha ricevuto uno straccio di risposta, sia essa attendibile o meno.
E così il gruppo Telegram dove sono presenti anche gli ischitani continua ad essere una sorta di comunità all’insegna di “lacrime e sangue”, quasi una sorta di comunità d’ascolto dove ciascuno racconta alla massa la sua disavventura. Inutile spedire mail, inutile aprire ticket di sollecito per i pagamenti, inutile anche ricorrere alle PEC. Il problema per qualcuno sembrava potesse risolversi nel momento in cui booking ha chiesto ad alcuni operatori di cambiare le modalità di accredito: c’è chi si adoperato anche in questo pur di non rimanere col “cerino in mano” ma invertendo l’ordine dei fattori il prodotto non è cambiato. E così c’è anche chi ad ottobre sta pensando di non raccogliere prenotazioni tramite il portale che magari pure ha sempre regalato loro soddisfazioni (e lauti incassi). Per la serie, dopo il danno meglio cautelarsi ed evitare la beffa…