Il Tar annulla le ordinanze del comune Serrara Fontana: non si può usare l’emergenza frana 2022 per sanare criticità già note da decenni e neppure addossare ai cittadini i costi di criticità ampie, complesse ed onerose, così da fronteggiare una diffusa, ampiamente nota e risalente situazione di generale fragilità ambientale. La delicata questione della Torre di Sant Angelo nel comune di Serrara Fontana mette finalmente in evidenza, nero su bianco, una questione anche di opportunità, di etica e di morale nello sfruttare i soldi dell’emergenza alluvione del 2022con l’obbiettivo di rimediare a guai e dissesti cronici, confidando negli stanziamenti del Governo, disponibili sulla contabilità del commissario delegato alla gestione della stessa emergenza, Giovanni Legnini. Insomma, i guai di Casamicciola non possono avere l’effetto “salva tutti”, per farla breve. Mettiamolo subito in chiaro, il provvedimento era stato adottato su presupposti erronei, atteso che la causa originaria del dissesto avrebbe dovuto rinvenirsi non già nella mancata manutenzione e sorveglianza dei fondi privati, bensì nella presenza di una cava di estrazione realizzata a seguito della condotta espropriazione delle aree poste a valle del promontorio, resasi necessaria per realizzare l’area portuale aperta al transito veicolare, oltreché nell’omessa realizzazione delle necessarie opere di stabilizzazione del costone, imputabile allo stesso ente civico. In ragione di ciò, la responsabilità dell’evento franoso e, di conseguenza, l’onere relativo alla realizzazione delle opere ingiunte, non potevano non ricadere sull’amministrazione comunale.
In secondo luogo l’ordinanza (che era stata impugnata da un gruppo di proprietari terrieri della zona) è stata censurata in ragione del difetto di motivazione in ordine all’omessa puntuale indicazione delle risultanze istruttorie avvaloranti l’imprescindibile attualità della situazione d’urgenza, considerato che, da un lato, non erano state dettagliate le ragioni d’interesse pubblico supportanti l’ingiunzione, ovverosia l’attualità del grave pericolo per la pubblica incolumità, stante la decennale permanenza del denunciato dissesto idrogeologico; dall’altro, non era state valutate le risultanze dell’intervento operato dai Vigili del Fuoco che, nell’immediatezza della frana, avevano accertato l’assenza di ulteriori pericoli, al punto tale da consentire lo svolgimento di pubbliche manifestazioni. Pertanto, l’ordinanza si palesava priva di fondamento in fatto ed in diritto, poiché alle opere di messa in sicurezza si sarebbe potuto provvedere con i mezzi ordinari e previa determinazione delle effettive responsabilità. Infine, l’impostazione censoria si è incentrata sull’eccesso di potere per illogicità, arbitrarietà e disparità di trattamento in cui sarebbe incorsa la civica amministrazione ritenendo, mediante il ricorso alla misura extra ordinem, di gravare i privati dell’onere economico di un intervento di riassetto idrogeologico che, per le sue caratteristiche ed estensione, avrebbe imposto un più vasto ed apicale coordinamento, tale da dover essere necessariamente affidato alle amministrazioni preposte al governo del territorio.
La censura giunge anche dal Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Quinta) che, definitivamente pronunciando sul ricorso, lo dichiara improcedibile perché gli effetti della prima ordinanza erano cessati per effetto di una nuova, ma, in accoglimento dei proposti motivi aggiunti, annulla, l’ordinanza sindacale n. 27/2023 del comune di Serrara Fontana. Qui getta il velo sulla questione Emergenza. Un istituto secondo le cui dinamiche è lo Stato che finanzia lo Stato e null’altro. L’obbiettivo del ricorso era l’annullamento per quanto riguarda il ricorso introduttivo:dell’ordinanza sindacale n. 61 del 2 dicembre 2022, emessa dal Comune di Serrara Fontana;per quanto riguarda i motivi aggiunti presentati il 27 giugno 2023: dell’ordinanza n. 24 del 27/04/23 emessa dal Comune di Serrara Fontana.
Per i giudici napoletani«nella pur ampia motivazione del provvedimento, tuttavia, l’impugnata ordinanzaè risultata inficiata da gravi deficienze motivazionali e istruttorie», così sinteticamente illustrate:«Il Comune non ha affatto considerato né la peculiarità delle condizioni di luogo, né la funzione di protezione stradale piuttosto che di esclusivo sostegno alla proprietà privata del costone roccioso, né infine l’estensione dell’area interessata dal verificatosi evento franoso, non accertando, dunque, la responsabilità dei ricorrenti quali proprietari;il Comune non ha verificato né le cause delle attuali condizioni del costone né l’eziologia dell’evento franoso, non potendosi le stesse, allo stato, essere ricondotte, in via esclusiva o altamente probabile, alla negligente manutenzione dei proprietari, ovvero, per contro, come appare più plausibile, ad un esteso fenomeno franoso interessante diversi Comuni dell’Isola d’Ischia a causa della mancata esecuzione, nel tempo, delle necessarie opere di contenimento dei rischi connessi alla preesistente condizione orografica e geologica, tale da generare un diffuso dissesto idrogeologico, non fronteggiabile dai privati in assenza dei necessari interventi di programmazione e coordinamento pubblico; tale mancata considerazione ridonda non solo in un palese difetto di istruttoria ma anche in un grave difetto di proporzionalità, posto che non giustifica l’esigibilità della misura imposta travalicante la sfera di possibilità e disponibilità dei singoli cittadini; infine il Comune non ha valutato che la risalenza della condizione di pericolo e la certa multifattorialità della sua causazione, (vedi relazione geologica disposta dal commissario straordinario Legnini), non avrebbe giustificato l’emanazione di un’ordinanza contingibile e urgente, inidonea, per quanto sopra detto, a scongiurare il paventato rischio mediante interventi affidati esclusivamente all’iniziativa dei singoli comproprietari, ma avrebbe imposto invece, come di fatto avvenuto a seguito dell’azione della struttura commissariale, interventi ben più incisivi, estesi e conclusivi, a carico soprattutto degli Enti pubblici interessati, non riducibili alle mere estemporanee riparazione imposte ai proprietari del costone; questioni, queste ultime, che ridondano sul piano della stretta necessità, proporzionalità ed adeguatezza della misura imposta». In altri termini, spiega la corte il Comune «non ha dato conto delle ragioni per le quali, pur a fronte di un fenomeno noto e monitorato, per il quale era stata acquisita una relazione geologica che attestava le condizioni di rischio per la pubblica incolumità e per le infrastrutture pubbliche, tale da aver indotto la nomina e l’insediamento di una struttura commissariale deputata all’individuazione ed al coordinamento degli interventi di manutenzione, abbia insistito con lo strumento extra ordinem, peraltro a fronte di un pericolo di crollo riconducibile a cause di natura geologica e ambientale e non ad interventi dovuti all’opera dell’uomo».