CRONACAPRIMO PIANO

Terra di conquista

Dopo il Bar Calise, anche un altro simbolo di Ischia come il New Valentino passerà in mani extra isolane. Una serie di acquisizioni tutte abbastanza recenti indicano l’imprenditoria locale impossibilitata o poco orientata ad investire su aziende. Un fenomeno consolidato che certo non può che prestarsi ad una serie di riflessioni…

Nell’epoca della globalizzazione, e soprattutto del mercato globale, non bisognerebbe tecnicamente stupirsi di nulla ed allora anche l’argomento che andiamo ad affrontare potrebbe apparire superfluo. E magari ci sta, se non fosse per il fatto che una qualche riflessione va fatta sull’isola, lo stato di salute del suo tessuto imprenditoriale e quelle che possono essere le prospettive a breve e medio termine. Al netto di strutture ricettive e parchi termali, da sempre l’isola ha avuto due segni distintivi di intrattenimento e divertimento che l’hanno resa celebre ben oltre i suoi confini: il Bar Calise e la discoteca New Valentino, praticamente due tappe obbligate (magari non entrambi, poi dipende da fattori anagrafici) per chiunque nel periodo estivo si trovasse a passare una vacanza da queste parti. Ecco, con la notizia che il Golfo ha pubblicato in esclusiva nell’edizione di domenica è come se si fosse chiuso un cerchio: dopo il Calise, anche l’icona del by night di casa nostra ha cambiato gestione. E soprattutto perso il made in Ischia che lo aveva caratterizzato. Arrivederci a due leggende assolute come Emiddio Calise e Marcello Bondavalli (anzi tre, non possiamo dimenticare il fratello di quest’ultimo, Luciano, passato a miglior vita alcuni anni fa) e spazio a Mimmo Raccioppoli e Giovanni Cimmino. Il primo artefice di un’acquisizione davvero a sorpresa, quasi spuntato dal nulla, per quanto frequentatore dell’isola sin da bambino. Il secondo, con una serie di interessi sul territorio che avevano già contribuito a renderlo noto più come imprenditore che avvocato.

Nel guardo, un interrogativo sul quale aprire il dibattito. L’impresa ischitana, negli ultimi tempi, sembra quasi essere sparita dai radar e lo dimostra il fatto che una serie di affari o acquisizioni abbiano visto protagonisti soltanto aziende o personaggi di importazione. Prima di proseguire nel discorso, vogliamo fare una premessa: non c’è niente di male, anzi in alcuni casi si tratta di una vera e propria benedizione. E’ il caso dell’albergo Mezzatorre, approdato alla famiglia Sciò, leader nel settore dell’ospitalità turistica di lusso, capace di aumentare esponenzialmente il fatturato di una struttura già “top” al primo anno di gestione. L’ex Hotel Antares è finito nelle mani di un professionista bresciano, lo stesso Manzi è stato temporaneamente ceduto in gestione in attesa di definire al meglio il suo futuro che certamente è molto più nebuloso dopo che la frana del 26 novembre 2022 ha messo in ginocchio più di mezza Casamicciola compresa proprio la zona di Piazza Bagni. C’è da credere che fosse un investimento fuori portata anche il Parco Termale Castiglione, che per il tramite di un intermediario ischitano ha visto una buona parte delle quote societarie cedute ad una società che ne rileverà la gestione a partire dalla stagione 2023. In un’isola ricca di vigneti e dove il vino è un marchio di fabbrica indiscusso e incontrastato, non si può che prendere tristemente atto del fatto che anche una storica ed incantevole area come la Tenuta Piromallo sia stata ceduta a investitori non isolano. Qualcuno potrà obiettare che 8 milioni di euro (questo sarebbe, stando ad alcune indiscrezioni, il costo dell’operazione) non siano bruscolini, ma fatto sta che ancora una volta l’imprenditoria locale abbia fatto da spettatore… non pagante. E potremmo continuare oltre, soffermandoci anche in quello che comunemente definiamo sottobosco.

Già, il sottobosco. Perché in un’isola che presenta alcune delle sue aree sulla carta commercialmente più suggestive (Ischia Ponte e la zona di via Roma-Corso Vittoria Colonna, giusto per fare due esempi), la presenza di cartelli affissi all’esterno di negozi con le scritte “Fittasi” o “Vendesi” sono diventati una costante a dir poco imbarazzante. Si sparano fitti esosi per non dire – in alcuni casi – assolutamente fuori dal mondo che stanno sempre più tagliando fuori i nostri concittadini dall’aprire nuove attività. E così anche il terziario finisce sempre più spesso in mani “straniere” e gli ultimi anni insegnano che in alcuni casi si tratta anche di mani che restano aperti due o tre anni e poi spariscono come il sole dopo il tramonto. Non serve fare filosofia né tantomeno interrogarsi sulla possibilità che il territorio rischi di perdere la propria identità, sono chiacchiere che ormai nell’epoca attuale hanno ben poco significato. Ma riassumendo tutto quanto fin qui detto e scritto, una domanda è inevitabile: quando si tratta di investire, l’ischitano non crede più nelle potenzialità dell’isola o magari non può permetterselo?

Chissà che la verità non stia davvero nel mezzo, considerando pure che alcuni dati sono oggettivamente preoccupanti: basta andare a dare un’occhiata al rapporto tra depositi ed esposizioni bancarie per rendere conto che lo stato di salute della nostra economia se non cagionevole certo non è dei migliori. Ma allora questa potenziale “debolezza” cosa può produrre in prospettiva? Apriamo il dibattito, allora, provando a consolarci in un modo. Già all’alba della sua storia turistica, Ischia venne lanciata da un certo Rizzoli che pure non era isolano. E da tanti altri pionieri del turismo che non affondavano qui le loro radici. Qualcuno obietterà che erano altri tempi. E non solo altri tempi, aggiungiamo noi…

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