Stop alle ruspe, anche Ischia spera nel nuovo governo
L’annosa problematica che affligge l’isola e le eventuali prospettive normative nell’analisi di due esperti esponenti del foro locale
Inutile nasconderlo: le recenti elezioni e la vittoria della coalizione di centrodestra hanno riacceso in molti la speranza di qualche cambiamento nella prassi finora consolidata con cui viene affrontata la questione dell’abusivismo edilizio. Un tema particolarmente caldo sulla nostra isola, colpita da decenni di sviluppo urbanistico al di fuori delle regole e anzi spesso senza che le istituzioni dettassero delle regole capaci di incanalare e governare tale sviluppo.
Con migliaia di immobili, in piedi da svariati decenni ma sempre sotto la spada di Damocle della paventata demolizione, l’auspicio di tanti è quello di un intervento legislativo che quantomeno sia diretto a graduare tale sanzione, soluzione che diversi addetti ai lavori hanno spesso sostenuto. Sulla complicata questione, e soprattutto su cosa ci si potrà attendere nella nuova legislatura, abbiamo ascoltato due qualificati operatori del diritto. «Sulla base delle promesse fatte dal centrodestra durante la campagna elettorale – spiega l’avvocato Gino Di Meglio – dal nuovo governo mi aspetto quantomeno una modifica della norma sulle cosiddette Resa, cioè le demolizioni disposte a seguito di sentenza di condanna: trovo assolutamente incivile e ingiusto che si possano mettere in esecuzione sentenze di condanna di un quarto di secolo fa. È davvero qualcosa di abnorme, per quanto la Cassazione con articolato ragionamento abbia ritenuto che la sanzione della demolizione non va mai in prescrizione perché si tratta di sanzione amministrativa accessoria. Eppure anche la pena per una condanna per omicidio, se non viene eseguita entro un certo numero di anni, la pena va in prescrizione. Non vedo perché anche la pena della demolizione, benché di natura amministrativa, non debba seguire la stessa sorte. Io auspico che il Governo possa realizzare una norma che vada dunque a modificare quella vigente, perché non è una norma di civiltà, e lo dico non da avvocato ma da cittadino. Si deve punire l’abuso? Bene, ma lo si faccia subito: non si possono attendere anche 24 anni e demolire una casa dove un nucleo familiare è cresciuto, dove sono maturati gli affetti, i ricordi. Cancellare tutto con le ruspe dello Stato è iniquo. Per quanto riguarda invece il condono, il discorso è più articolato, viste le tre leggi condonistiche già emanate, con la terza che non trovava applicazione nelle zone sottoposte a vincolo paesaggistico. Di conseguenza ipotizzare un quarto condono edilizio credo che incontrerebbe il veto della Consulta. Più realistico intavolare un percorso per ampliare le maglie del terzo condono, senza far ricorso a una nuova legge. L’ultimo auspicio è che il governo di centrodestra possa stabilizzare legislativamente la sede giudiziaria isolana: sarebbe una grave ingiustizia sociale perdere un presidio così importante, con tutto quello che ne comporta. Fra l’altro il precedente governo ha salvato sezioni distaccate di minore importanza rispetto all’isola d’Ischia elevandole al rango di tribunali. Inammissibile tollerare due pesi e due misure: alcuni tribunali sono stati salvati proprio perché evidentemente il politico di riferimento del territorio ha avuto maggiore peso e maggiore incidenza».
Altrettanto articolata la riflessione dell’avvocato Lorenzo Bruno Molinaro: «Nell’immediato, io auspico un provvedimento per il quale ho anche elaborato una proposta di legge riguardante l’urgente sospensione temporanea delle demolizioni giudiziali, sulla falsariga di quanto fatto col blocco degli sfratti, e comunque seguendo un principio di graduazione delle demolizioni stesse. Un’altra proposta che ho preparato è finalizzata ad evitare la disapplicazione a cuor leggero dei permessi a costruire in sanatoria da parte dell’autorità giudiziaria: mentre i Comuni rilasciano permessi relativi a istanze oltremodo risalenti nel tempo, e quando il soggetto destinatario di una Resa propone incidente di esecuzione, l’autorità giudiziaria quasi sempre disapplica il titolo edilizio. Tale potere secondo me deve essere esercitato soltanto quando l’illegittimità sconfina nella illiceità, cioè quando il permesso in sanatoria costituisce il prodotto di attività criminosa, ma non quando nel procedimento di formazione del titolo siano riscontrati semplici vizi formali, non di natura penale. Rilasciare un permesso a un cittadino che ha pagato i vari oneri, e poi vederlo disapplicato non è positivo nemmeno per il Comune: quindi tale potere di disapplicazione da parte del giudice credo che non sia in linea con i principi costituzionali, primo fra tutti la divisione dei poteri.
In prospettiva, invece, auspico un riordino complessivo della materia, che da una parte garantisca una efficace repressione dell’abusivismo edilizio, e dall’altra la regolarizzazione postuma dell’enorme patrimonio edilizio esistente. Dunque bastone per il futuro e carota per il passato, sperando che una volta per tutte possano essere composte le esigenze attualmente in conflitto tra loro: oggi le demolizioni si eseguono a macchia di leopardo, con palesi disparità di trattamento, e sovente a cadere sotto tale scure sono soltanto i più deboli e mai gli autori delle grosse speculazioni che restano impuniti. Mi auguro una modifica dell’articolo 36 del Dpr 380/2001 sulla doppia conformità, da sostituirsi con la monoconformità, cioè deve essere sufficiente l’attuale conformità di una costruzione allo strumento urbanistico vigente per poter lasciare l’immobile al riparo da demolizioni. Tra le altre proposte sul tavolo vi è quella di rendere la l’abbattimento una previsione di natura penale, in maniera tale che se essa arriva dopo vari decenni non riveste più natura sanzionatoria ma punitiva, quindi va regolamentata come tale anche in termini di prescrizione, sulla base della giurisprudenza della Corte Europea».