Stoccaggio rifiuti a Procida, assolto l’ex sindaco Capezzuto
L’allora primo cittadino era accusato di aver consentito il deposito di materiali di risulta in un sito di “interesse pubblico” senza le necessarie autorizzazioni
Assolto l’ex sindaco di Procida, Vincenzo Capezzuto, e la dirigente dell’ufficio ambiente, Rita Barone. Cadute tutte le accuse anche nei confronti di Maria Cerasuolo, legale rappresentante della ditta Tek.ra., deputata alla raccolta dei rifiuti sull’isola. Lo ha deciso la Quarta Sezione Penale del Tribunale di Napoli, ieri mattina, quando il collegio composto dalla Presidente Anna Laura Alfano e dai giudici Giuliana Taglialatela e Ludovica Mancini ha reso noto il dispositivo della sentenza, assolvendo i tre imputati dai reati contestati in relazione allo stoccaggio di rifiuti solidi urbani, in un sito che secondo l’accusa era sprovvisto della necessaria autorizzazione. I rifiuti in questione erano classificati come speciali non pericolosi, in sostanza materiale edilizio di risulta. La vicenda che portò al processo si innescò nella primavera del 2015, quando i Carabinieri eseguirono un decreto di sequestro preventivo emesso dal Gip del Tribunale di Napoli sul sito di stoccaggio in questione, utilizzato come centro di raccolta di materiali come laterizi, intonaci, conglomerati di cemento armato e altri materiali privi di amianto. Parallelamente scattò la notifica degli avvisi di garanzia: oltre ai tre soggetti citati, anche il responsabile tecnico della ditta, Vincenzo Novi, fu indagato. Per tutti il pubblico ministero chiese il rinvio a giudizio, ma all’udienza preliminare Novi fu prosciolto.
Capezzuto, Barone e Cerasuolo furono invece rinviati a giudizio per rispondere di una serie di accuse: innanzitutto del reato previsto dall’art. 256 del d.lgs 152/2006, cioè lo stoccaggio non autorizzato nel sito di via IV Novembre in assenza di autorizzazione, poi del reato previsto dall’articolo 181 comma 1 bis del d.lgs. 42/04 per aver realizzato il sito in un’area di notevole interesse pubblico, e infine del reato previsto dall’articolo 674 del codice penale, per aver provocato l’imbrattamento del suolo ed emissioni di miasmi maleodoranti. L’ex sindaco e la dottoressa Barone erano inoltre stati accusati del reato previsto dall’articolo 328 del codice penale, per aver indebitamente omesso di provvedere alla messa a norma del sito di stoccaggio.
Il Tribunale ha accolto le argomentazioni difensive mandando assolti tutti i tre imputati – oltre all’ex sindaco, la dirigente dell’ufficio ambiente Rita Barone e la titolare della ditta che gestiva il servizio rifiuti, Maria Cerasuolo
Il dibattimento si è chiuso dopo quasi cinque anni, nell’udienza di giovedì scorso, con il pubblico ministero dottor Ardituro che aveva chiesto la condanna a un anno e sei mesi per l’allora sindaco Capezzuto, un anno per la dottoressa Barone, e il proscioglimento per Maria Cerasuolo.
La difesa, costituita dagli avvocati Lorenzo Bruno Molinaro, Luigi Tuccillo e Nicoletta Maiello,
ha invece rivendicato nel corso delle requisitorie finale la correttezza sostanziale e formale dell’operato dei propri assistiti: proprio la mancata contestazione di reati quali l’abuso d’ufficio e di falso è un elemento, secondo la difesa, che depone chiaramente a favore della legittimità degli atti posti in essere. Paradossalmente, la contestazione di “omissione in atti d’ufficio” risulta stridente in relazione alla concreta azione amministrativa del sindaco e del dirigente, in quanto in presenza di un’emergenza-rifiuti come quella che si era verificata a Procida nell’inverno 2014-15 l’amministrazione si era tempestivamente attivata dialogando con tutti gli enti preposti, Asl in primis, per affrontarla adeguatamente ed evitare rischi per la salute pubblica. Sono infatti stati acquisiti i pareri di Asl e Arpac, diffidando la ditta detentrice del servizio rifiuti a non utilizzare l’area in questione dopo che erano iniziati i lavori per adeguarla a norma di legge, anche sotto il profilo statico e funzionale. La stessa accusa principale parla di “stoccaggio”, un termine che non figura in nessuna disposizione, e che impedisce di comprendere a cosa si riferisce il pm, se a un deposito incontrollato, a un deposito temporaneo, o ancora a un deposito preliminare o a una messa a riserva. Parallelamente, non c’è mai stato alcun atto che abbia autorizzato la creazione di una discarica o la ditta a depositare in quel luogo rifiuti “umidi”: semmai, era la ditta a dover provvedere alla pulizia e alla manutenzione dell’area. Improponibile, secondo i legali di fiducia degli imputati, anche l’accusa di aver individuato il sito in un’area che sotto il punto di vista paesaggistico andrebbe ritenuta di notevole interesse pubblico e addirittura nazionale: nonostante l’ormai avvenuta prescrizione, la difesa ha chiesto il proscioglimento con formula piena, documentando con dovizia di riferimenti il fatto che la zona in questione non figura nell’elenco dei siti di interesse nazionale.
Nonostante la possibilità di dichiarazione della prescrizione, la difesa sostenuta dagli avvocati Lorenzo Bruno Molinaro, Luigi Tuccillo e Nicoletta Maiello ha chiesto e ottenuto la completa assoluzione: per il Tribunale l’accusa principale è infondata perché “il fatto non costituisce reato”, mentre per le altre contestazioni “il fatto non sussiste”
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Nonostante si debba attendere per leggere in dettaglio le motivazioni, il verdetto reso noto ieri dimostra che il Tribunale ha sostanzialmente recepito le argomentazioni difensive, in quanto ha assolto i tre imputati in relazione al reato previsto dagli artt. 256 d.lgs 152/06 e 110 c.p., vale a dire di stoccaggio di rifiuti in assenza della prescritta autorizzazione, “perché il fatto non costituisce reato”, ma li ha anche assolti per gli ulteriori reati con la formula “perché il fatto non sussiste”. Il responso dimostra che, anche per quelle fattispecie ormai prescritte il collegio giudicante, anziché dichiarare appunto l’intervenuta prescrizione, ha espressamente rimarcato l’assoluta estraneità dei tre alle contestazioni mosse dalla pubblica accusa. Per il deposito delle motivazioni della sentenza, occorrerà attendere novanta giorni.
La giustizia italiana è controversa ed in molte occasioni di parte ! Ci sono irregolari sentenze basate su prove inesistenti che confondono i cittadini onesti e corretti . I ricorsi in appello ed infine in cassazione, sono scommesse al buio che, ottengono soddisfazione con ritardo e, spese a carico delle parti lese mai risarcite ! I tempi ed i modi deformati ad arte fungono da deterrente per ogni controversia che spesso, viene risolta in modo illegale da chi si sente irriso dalle istituzioni !