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SI’ al referendum, NO alle trivelle in mare

Gianluca Castagna | Ischia – Sulla questione, l’ultima parola spetterà agli italiani. Saranno loro, infatti, a dover decidere con il referendum del 17 aprile se valga la pena o meno trivellare suolo o specchi di mare del nostro Paese alla ricerca di nuove fonti di energia. La possibilità è stata inserita nel decreto “Sblocca Italia” di un anno fa e da subito ha sollevato un gran polverone di critiche e dissensi tanto da essere stato prontamente ribattezzato “ decreto Sblocca trivelle”. Il punto, in buona sostanza, resta più o meno questo: vale davvero la pena trivellare la penisola alla ricerca del Sacro Graal o il rischio ambientale è troppo alto?

Foto principale-4Gli studi effettuati alla ricerca del tesoro energetico ci dicono che la Penisola italiana è attraversata da due dorsali parallele di petrolio e gas: una che va da Novara fino alla Sicilia, viaggiando sotto l’Appennino; l’altra, subacquea, accompagna il tratto di Mare Adriatico che va da Chioggia al Gargano. Una ricchezza che i sostenitori delle trivellazioni sono determinati a individuare ed estrarre. A partire dal Primo Ministro Matteo Renzi, il quale, già nel decreto, definì queste operazioni di ricerca ed estrazione “opere strategiche indifferibili e urgenti per il Paese”, sottraendole di fatto al controllo e alle autorizzazioni preventive delle Regioni. Che ovviamente sono insorte.
La Regione Campania stata una delle dieci regioni italiane che ha deliberato in Consiglio la richiesta di referendum, ritagliandosi così una connotazione marcatamente anti-trivelle. E se nella mappa delle attività di indagine non c’è traccia del Golfo di Napoli, i più sospettosi ritengono invece che tra le pieghe del decreto “Sblocca Italia” si autorizzi di fatto “ricerca di petrolio e gas anche in zone di mare dove tali attività erano vietate per legge dal 1991”.  Zone come il mare di Ischia, Capri, Pozzuoli, Amalfi, Sorrento e la Costa Cilentana. Vincenzo De LucaTanto che perfino il presidente della Regione Campania Vincenzo De Luca, durante l’Assemblea pubblica di Unione Industriali Napoli nella sede Rai di viale Marconi, ha dichiarato: «Sarebbe un delitto  immaginare di fare trivellazioni nel golfo di Napoli: anche se ci fosse il petrolio, direi di no. Perché se il petrolio andasse a finire a Capri e Ischia, noi andiamo sulle prime pagine dei giornali italiani ed europei”.
Insomma, è davvero conveniente bucare il Paese da Nord a Sud alla ricerca di idrocarburi o il gioco non vale la candela perché mette a serio rischio il nostro grande patrimonio naturalistico?
«Non solo il gioco non vale la candela – sostiene il giornalista scientifico Pietro Greco – abbiamo poco petrolio, tutto sommato, ma è un’operazione che va contro il cambio di paradigma energetico che dobbiamo realizzare per rispettare gli impegni assunti anche a Parigi a COP 21 sui cambiamenti climatici. Non possiamo soddisfare quegli impegni e cercare petrolio. L’Italia sta già rispettando, anche a causa della crisi, i suoi impegni. Le nostre emissioni di gas serra sono diminuite di quasi il 20% rispetto ai livelli del 1990. Abbiamo già centrato l’obiettivo posto dall’Europa per il 2020. Dobbiamo proseguire lungo questa strada. Con le trivellazioni rischieremmo di tornare indietro, conviene piuttosto impegnare risorse e investimenti in fonti rinnovabili e carbon free. Per il Golfo di Napoli non ho notizie. Non so su che basi De Luca ne parli».

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Per il geologo Bartolomeo Garofalo è necessario sgomberare subito il campo da eventuali malintesi. «Le trivellazioni off-shore per la ricerca di gas e petrolio non creano terremoti, o per lo meno non si tratta di terremoti che possano provocare danni. Il rischio concreto riguarda invece l’inquinamento ambientale di cui esistono numerosissimi casi registrati in tutto il mondo. Le perdite da tubi che convogliano gas e petrolio sono all’ordine del giorno. Anche la Croazia, dall’altro lato dell’Adriatico, ha avviato da tempo una campagna di esplorazione e sfruttamento in grande stile per aumentare la quota di petrolio e gas estratto che, nel loro caso, basta a soddisfare il fabbisogno energetico per circa il 60%. Eppure a gennaio il premier croato ha annunciato lo stop alle trivellazioni». A sostegno delle loro tesi, i supporter delle trivellazioni portano a bilancio fattori economici e occupazionali, spiegando che a fronte di un investimento da 15 miliardi di euro, si avrebbero risparmi sostanziosi sulle bollette oltre a 25.000 nuovi posti di lavoro.
«Per quanto riguarda l’Italia – precisa Garofalo – nessuno sa con certezza quali siano le quantità di idrocarburi che potenzialmente sono presenti nei giacimenti. Nessuno sa, quindi, se lo sfruttamento potrebbe essere redditizio oppure no. Quello che è certo è che queste quantità sarebbero sufficienti a soddisfare solo qualche punto percentuale del fabbisogno energetico nazionale. Ma poichè le royalties che le compagnie petrolifere debbono pagare al governo sono tra le più convenienti del mondo (4%), quasi certamente le compagnie non andranno in perdita. Se pensiamo che in Norvegia, il più forte paese produttore di petrolio europeo, le compagnie pagano allo stato qualcosa come l’80% dei profitti sotto forma di tasse e che tornano quindi ai cittadini sotto forma di benefit e servizi, ci rendiamo conto che qualcosa non va. Pochi privati sfruttano a loro uso e consumo un bene di tutti, e non pagano nemmeno le tasse come in tutti gli altri paesi del mondo».
«Non sono a conoscenza – aggiunge – di studi preliminari che diano una qualche indicazione sulla presenza di idrocarburi nel Golfo di Napoli e per i quali valga la pena approfondire le indagini. Le recenti campagne del CNR di cui si è parlato tanto nelle scorse settimane sono state fatte per migliorare la conoscenza del sistema vulcanico dei Campi Flegrei».

Per l’avv. Mario Goffredo, attivista di Ischia Forum e da sempre attento a tematiche sull’ambiente «La compromissione ambientale legata agli idrocarburi è comprovata conseguenza tanto del loro utilizzo smodato e mai disincentivato a favore di alternative esistesti, quanto degli strumenti di nuova ricerca di giacimenti che stanno interessando i nostri mari, con operazioni particolarmente invasive e pericolose per un mare “chiuso” come il nostro. Non solo c’è il potenziale rischio di dispersione di idrocarburi nell’ambiente marino, ma anche il reale danno causato dagli strumenti di ricerca: “l’airgun”, ad esempio, che consiste nel rilascio di aria compressa a elevatissima pressione, producendo un suono devastante nel silenzio dei nostri mari con conseguenze catastrofiche sulla fauna marina».
Il tempo delle fossili sembrerebbe davvero finito. Eppure le energie che ne derivano assicurano ancora l’80% dell’approvvigionamento energetico dei paesi industrializzati. «Ad essere terminato – continua Goffredo – non è il tempo delle fossili, ma della capacità del nostro ecosistema di sostenere tale tipo di produzione energetica. Le conseguenze climatiche conseguenti alle emissioni e alla insostenibilità dell’approvvigionamento da carbon fossili sono sotto gli occhi di tutti, con un riscaldamento climatico oltre i limiti del preoccupante. Questo non significa pretendere una “primitivizzazione” dei nostri costumi, ma richiede giocoforza una virata convinta, determinata ed immediata verso consumi più razionali e fonti rinnovabili pulite».

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Marianna LamonicaDello stesso avviso anche Marianna Lamonica, direttivo Legambiente Ischia «Il petrolio non è la risposta alle esigenze del nostro Paese. La strategia energetica italiana punta ancora su cavalli sbagliati come le fonti fossili o le estrazioni petrolifere. Mirare alle rinnovabili rimane ancora l’opportunità migliore. Si tenga conto che il referendum del 17 aprile chiede di cancellare la norma che consente di trivellare le nostre coste entro le 12 miglia marine senza limiti di tempo. Un ordine di misura: Ventotene dista da Forio solo 18 miglia. No, il nostro mare non ha bisogno di trivellazioni, ma di salvaguardia e di politiche di sviluppo che tutelino la risorsa ambientale più importante che abbiamo in Italia: il mare».
Intanto, in vista dell’appuntamento referendario, il popolo contrario alle trivelle scalda i motori. E’ nato infatti il comitato nazionale delle Associazioni “Vota SI’ per fermare le trivelle”. Tra i primi firmatari Arci, Asud, Confederazioni Italiana Agricoltori, Greenpeace, Lipu, Libera, Slow Food Italia, WWF, Marevivo, Touring Club Italiano e naturalmente Legambiente. «Una data fissata per la mobilitazione generale c’è già – conferma Lamonica – ed è il weekend dell’8, 9 e 10 aprile. Mille Piazze per il Referendum. Ci piacerebbe molto coinvolgere altre associazioni del territorio per azioni comuni. Penso ad esempio a Libera, nata da poco sull’isola, Slow Food, ma il mio è un appello a tutte le associazioni isolane e a tutti i cittadini. Insieme si può vincere, le forze in campo sono tante e, come si diceva un tempo, la lotta è dura ma non ci fa paura».

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referendumInfine, all’interno della battaglia di merito, ne emerge un’altra: quella di metodo. Posto che il referendum si farà, i promotori chiedono che sia accorpato alle Amministrative, per non sprecare milioni di euro in una doppia consultazione. L’ipotesi non piace agli antagonisti, visto che l’Election day aumenterebbe l’affluenza alle urne, quindi la probabilità di vittoria del movimento anti-trivella. Un trucchetto per sabotarlo o ci sono ragioni valide per tenere le due giornate separate?
Per Marianna Lamonica «non abbinare il referendum alle amministrative è un chiaro segno di una volontà di boicottaggio . E’ stato fatto un appello al Governo, come al Presidente della Repubblica Mattarella per accorpare le due date , ma finora è rimasto inascoltato».
Secondo  Mario Goffredo « basta pensare a quanto si risparmierebbe in termini economici ed organizzativi per capire la malafede e l’evidente volontà di sabotaggio della partecipazione popolare da parte del Governo. Circostanza che si verificò anche in occasione del referendum sull’acqua pubblica che ebbe però, a dispetto di ciò, ottime percentuali di votanti ed il risultato più giusto: oggi l’acqua è un bene comune e pubblico. Lo è anche il nostro mare e va tutelato con il massimo sforzo! Con Ischia Forum faremo il possibile per portare la cittadinanza in massa al voto referendario di aprile per una vittoria del SÌ!».
«L’Italia acquista quasi il 90% degli idrocarburi da altri paesi», conclude Bartolo Garofalo. «Se pure la produzione attuale dovesse raddoppiare, arriveremmo a una copertura del fabbisogno energetico nazionale irrisoria. Abbiamo il solare, l’idroelettrico e il geotermico che hanno enormi potenzialità ancora inesplorate e con un impatto ambientale pressoché nullo rispetto a un giacimento petrolifero, per giunta in mare. Dovremmo decisamente cambiare rotta e il prossimo 17 aprile abbiamo la possibilità di dare un segnale concreto a questo governo».

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