«Sempre caro mi fu quest’ermo colle»
Chi non conosce Giacomo Leopardi? Chi non ricorda la sua poesia, forse tra le più conosciute, «L’Infinito»?
Lo spazio e il tempo rappresentanti in quest’opera sono due entità percepite come, di norma, effettivamente, infinite dall’uomo. Infinito, per farla breve, può essere lo spazio ma allo stesso modo lo è il tempo che può assumere rilievo per il suo scorrere o per l’avvicendarsi delle stagioni o dei giorni. Possiamo dire, guardando la questione da una prospettiva differente, che nello spazio e nel tempo s’inseriscono le azioni del genere umano il quale, di fatto, proprio attraverso gli uomini si è sempre interrogato sui misteri del mondo. Misteri che nella poesia possono riguardare tanto la natura – si accenna di “Ermo colle” – lo spazio – tra gli altri, il colle che non può essere raggiunto a causa di ostacoli come la siepe – e il tempo – appunto: “Sempre caro mi fu…”. Segreti, in definitiva insondabili con la sola ragione il che presupporrebbe l’esistenza di una causa altra che, a sua volta, imporrebbe l’esigenza di andare oltre, di indagare ciò che ancora non è chiaro agli occhi degli uomini soggiogati dal senso di frustrazione. La notiziola che mobilita tanto questi campi profondi della poesia leopardiana, la quale perciò chiama a raccolta il significato personale e l’attenzione del singolo osservatore, quanto lo sgomento che si prova di fronte alla realtà che nasconde ciò che non si vede, o che almeno è poco chiaro, riguarda la delibera del Comune di Serrara Fontana, la numero 82 del 2013, che ha approvato il progetto “Il Monte Epomeo e il suo Eremo- I^ Edizione”. Stiamo parlando dell’Eremo di San Nicola, sul Monte più conosciuto dell’isola.
Nell’atto si prevede l’affidamento dell’incarico di prestazione artistica con una serie d’interventi di manutenzione sia per la valorizzazione e la sia per la promozione. Eremo – di San Nicola- che somiglia proprio a quell’Ermo di leopardiana memoria, sia per la presenza di uno spazio preciso, le cui distanze possono dirsi colmate pure grazie ai soldi stanziati – siamo nell’ordine di 300 mila euro -, e un tempo definito per una manifestazione la cui organizzazione era prevista tra il 2013 e il 2015 ai fini dello “sviluppo turistico”. A oggi non si riesce a capire, stando all’interrogazione da parte del gruppo di minoranza di Serrara Fontana, se questi soldi sono stati spesi – e se sì, sarebbe lecito chiedere “come?” – o se questa prima edizione ne avrà delle altre che, come la prima, costituiranno una delle cause di quel buco nero fatto d’incapacità e mala gestione. A giudicare dalle foto lo stato di abbandono di questo “bene culturale” è palese. “Bene”, tra l’altro, che non dovrebbe interessare soltanto i cittadini del comune montano, ma ha l’obbligo di richiamare l’attenzione di tutti i 65 mila abitanti di Ischia perché sembrerebbe questo il modo di procedere che hanno in comune le amministrazioni che si battono per la tutela del territorio isolano. Perciò, tutto questo, si pone davanti agli uomini e diventa causa di quello sgomento incomprensibile di fronte ad attività finanziate ma mai portate allo scopo per cui sono state realizzate.
Il sindaco Caruso ha detto, in un precedente Consiglio Comunale, che probabilmente da aprile il “bene” di proprietà della collettività dell’isola, sarà dato in gestione. Glielo auguriamo. Ci sarebbe il problema di illustrare il quadro economico complessivo ma ad alcuni appare una chiarezza disarmante, specie quando si parla per esempio di “spese di organizzazione” pari a circa 44 mila euro; di circa 10 mila euro per “noleggio spazi, attrezzature e impianti” e altre voci fino alla somma totale, finanziata, di 300 mila euro a “valere sui Fondi POR Campania FESR 2007-2013”. In questo caso si potrebbe parlare di “polemica culturale”. Certo, un “bene culturale” dovrebbe avere per finalità la cultura stessa e non essere invece un pozzo “infinito” in cui perdersi senza punti di riferimento certi. Si potrebbe parlare, anche, d’ipocrisia da parte di chi ha la responsabilità di sanare, ripristinare, gestire e riprendere un siffatto “bene”. Una verità che gronda di malanimo, almeno sulla base degli atti e delle fotografie (e dei soldi forse spesi anche per due macro interventi nella struttura) in una vita di tutti i giorni in cui la verità appare per certi aspetti fastidiosa e a tratti losca la cui realtà potrebbe superare l’immaginazione. Leopardi lo aveva capito e ci ha detto di “prestare attenzione”. Perché nulla, proprio nulla, è ciò che sembra.
Facebook Graziano Petrucci