Scene da matrimonio e fiori d’arancio a volontà: ottobre si conferma il mese della “felicità“ per i giovani sposi ischitani
COPPIE DI SPOSI AD ISCHIA DI IERI E DI OGGI E RICORDI STORICI DI “SCUGNIZZI” ISCHTANI A CACCIA DELL’ULTIMO CONFET TO SUI SAGRATI DELLE CHIESE ALL’USCITA DEGLI SPOSI E DEGLI INVITATI Nel 2019 prima della pandemia che colpisse a morte il paese, fino al mese di maggio dell’anno in corso in corso, sono stati celebrati in Italia 227.895 matrimoni, con 5.300 in meno rispetto all’anno precedente. Sull’isola d’Ischia i matrimoni lo scorso anno fino ad oggi, sono stati meno di cento di cui una decina col solo rito civile. Per lo più ci si sposa sotto i 27 anni per l’uomo e sotto i 24 anni per la donna. Diminuiti i matrimoni con stranieri non nati sull’isola, sia da parte dell’uomo che della donna. Aumentati i matrimoni fra isolani di provenienza da Comune diverso. Dallo scorso anno fino ad oggi 9 sono stati i matrimoni tra persone non di Ischia che hanno scelto la nostra isola per convolare a nozze. Contenuto il numero delle separazioni. Insomma il quadro di stabilità dei nostri sposi è abbastanza confortante e non promette impennate negative. La chiesa di Ischia con i suoi incontri, convegni e cammini nella fede e nello spirito, costituisce evidente punto di riferimento per la nostra gioventù che intende sempre più cambiare, apprendere, misurarsi.
L’Ottobre che sta finendo, è il mese tanto atteso dalle giovani coppie di fidanzati ischitani in odore di fiori d’arancio per convolare a nozze. Questa’anno si è fatto il pieno, nonostante le mascherine e la pandemia ancora in giro. Scenario per il sempre più costoso servizio fotografico con filmato il piazzale aragonese, lo storico ponte aragonese ed il muraglione del piazzale delle alghe con l’inevitabile sfondo del Castello e su di esso fra le rovine storiche che agli sposi di oggi tanto ricordano la sfarzosa festa di nozze di Vittoria Colonna e di Ferrante D’Avalos di oltre cinque secoli fa celebrata nella cattedrale e nei palazzi dell’antico maniero.
Per l’insostituibile attuale evento resistono tradizioni ed il concetto di non badare a spese, sia per gli sposalizi ricchi che per quelli poveri. Simbolo della festa rimane il rituale vecchio gesto del lancio dei confetti, almeno dalle nostre parti e il riso. Il lancio dei confetti agli sposalizi ad Ischia per il passato, ha rappresentato il primo ed unico richiamo per i ragazzi “scugnizzi” delle contrade nei vari comuni isolani. Vi accorrevano sicuri di fare bottino pieno di tutti i confetti che venivano riversati addosso agli sposi del loro quartiere lungo il percorso del corteo nuziale, dall’abitazione della sposa fino alla chiesa, ed in particolare all’uscita, dopo la cerimonia religiosa, sui sagrati delle chiese stesse. In quel preciso luogo, prendevano corpo vere e proprie ammucchiate di ragazzini, che, carponi, fra i piedi degli sposi e degli invitati da prima fila, si producevano in un’ arrembante e affannosa caccia all’ultimo confetto rimasto per terra o nascosto sotto il velo a strascico della sposa felice e compiacente per quel ormai frequente spettacolo. I confetti lanciati da finestre e balconi del primo piano e dal piano terra, lungo il percorso del corteo a piedi o con i taxi tirati a lucido per la speciale occasione, erano posti in vassoi o guantiere d’argento, ricoperte del classico fazzoletto di lino antico ricamato e merlettato. Era la tradizionale e colorita usanza, messa in atto dalle famiglie della zona da dove proveniva la sposa o lo sposo per il doveroso omaggio alla giovane o al giovane rampollo che dava l’addio al celibato ed agli abituali amici e conoscenti del rione. Una specie di saluto da commedia, che gli sposi al passaggio, dimostravano di gradire, alzando le mani e rispondendo a loro volta al gesto augurale inscenato per amicizia e simpatia nei loro riguardi.
Tutto questo accadeva intensamente dalle nostre parti negli anni ’40 e ’50, quando i confetti bianchi da soli, stimolavano l’interesse fanciullesco dei ragazzi del quartiere il sabato e la domenica, giorni solitamente utilizzati per le feste nuziali nel paese, per le strade ed in chiesa avvolti tutti in un appetibile clima di festa popolare. I mesi preferiti per tradizione, per lo più, erano ottobre, prima decade di dicembre e marzo. Così si pensava e si agiva nella semplicità di quei tempi andati dove quei confetti raccolti nella strada agli sposalizi costituiva un dolce ed avido alimento per i cosiddetti “scugnizzi” ischitani a quel tempo privi di tante cose. Oggi è tutta un’altra storia. Quei ragazzi di contrada che facevano gruppo per dividersi l’ultimo confetto raccolto per terra sotto l’abito bianco a strascico della sposa all’uscita dalla chiesa o salvatosi dalle ruote pesanti dei taxi del corteo nuziale, non vi sono più. Sono diventati padri, zii, nonni con tutto un carico di ricordi con i quali vale la pena di continuare a vivere. Ricordi che non si riducono ai soli confetti raccolti per terra in occasione di quegli indimenticabili sposalizi del quartiere, ma anche a tutto quanto è accaduto dopo, nella vita che è seguita. Finisce un’epoca e ne incomincia un’altra, con nuove usanze, diversa visione della vita, nozze senza veletta della purezza, matrimoni anticonvenzionali, coppie di fatto, unioni civili, matrimoni gay e libere adozioni. E la lista potrebbe continuare. Percorriamo strade di un mondo nuovo dove per fortuna non si avverte la percezione che vada in un’unica direzione, verso un anticonformismo assoluto ed appiattito su distorsioni di fatti e di pensiero ed anomalie fisiologiche ed esistenziali.
Noi siamo connotati da quest’altra parte della barricata , dove c’è una società più a portata dei nostri valori ed ideali di vita in cui ci fa piacere constatare, almeno per ciò che ci riguarda, che gli sposi naturalmente, storicamente e tradizionalmente sono un uomo ed una donna con gli abiti belli del rito di sempre: la donna con l’abito bianco e velo a strascico e l’uomo con l’abito scuro che realizzano insieme il primo grande sogno della propria vita con l’altare, la chiesa, i fiori d’arancio, gli immancabili confetti non più raccolti per terra da ragazzi discoli ed intraprendenti, il sacerdote ed il suo sermone, gli anelli, la benedizione, il servizio filmato e fotografico da set cinematografico, gli invitati, la location di grido per il festino, la festa nuziale finale con tanti, tanti invitati. Quindi mettendo al confronto i due modi di convolare a nozze, quello di 60 anni fa e quello dell’era corrente, vincono la ricchezza, il colore, le idee, il fascino e tutto il movimento dell’apparato organizzativo che ruota con i comprimari compresi intorno alla celebrazione di un matrimonio d’oggi col rito civile prima e religioso dopo, che a buona ragione, considerato l’impegno che occorre, non è affatto uno…scherzo. Nel 2019 senza pandemia fino al mese di maggio, sono stati celebrati in Italia 205.865 matrimoni, circa 5.300 in meno rispetto all’anno precedente. Sull’isola i matrimoni lo scorso anno fino ad oggi, sono stati un centinaio, di cui una ventina col solo rito civile. Quindi in larga misura vince il matrimonio in chiesa col fascino dell’altare e la bellezza del sacerdote che benedice le nozze dei due sposi felici fra gli applausi degli invitati presenti. Per lo più ci si sposa sotto i 27 anni per l’uomo e sotto i 24 anni per la donna. Diminuiti i matrimoni con stranieri non nati sull’isola, sia da parte dell’uomo che della donna. Aumentati i matrimoni fra isolani di provenienza da Comune diverso. Contenuto il numero delle separazioni. Insomma il quadro di stabilità dei nostri sposi è abbastanza rassicurante e non promette impennate negative. Segno è che Ischia, è ancora quell’isola felice che ci invidiano all’estero, dove vi sono gli spazi buoni per sognare, vivere ed alla fine costruirsi il futuro esistenziale. I nostri giovani, prima di arrivare al matrimonio, hanno chi li aiuta a capre oggi il loro senso della vita. La chiesa locale con i suoi incontri, convegni, cammini nella fede e nello spirito, richiami giubilari costituisce evidente ed importante punto di riferimento per i giovani che intendono cambiare, apprendere, misurarsi. Il traguardo delle nozze e della sua festa per gli ischitani non è solo lo spettacolo , la bellezza dell’immagine, i colori ed il calore che si notano con simpatica sfrontatezza dalle fotografie, ma è molto di più di quanto raccontato in questo nostro servizio per i lettori de Il Golfo, dove si è parlato di come ci si sposava ieri e come ci si sposa oggi. E’ il poter diventare famiglia, seminare bene per raccogliere molto subito e nel prosieguo della vita.
Foto Giovan Giuseppe Lubrano Fotoreporter
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