Partiamo dal recente episodio che l’ha vista coinvolta insieme a un collega al Rizzoli. Si tratta di eventi che ormai non sono più da considerarsi rari, ma al contrario la loro frequenza si va intensificando. Quanto c’è da preoccuparsi?
«C’è da essere davvero molto preoccupati. Ormai è diventata un’abitudine trattare male i medici, ma anche gli insegnanti, i rappresentanti delle Forze dell’Ordine, insomma tutti gli esponenti delle istituzioni sono divenuti un bersaglio. Si pretende che tutto sia dovuto, non è ammesso alcun disguido o errore umano. Anzi, in alcuni casi dove non c’è stanno nemmeno un errore umano, ma le persone sono prevenute contro chi riveste un ruolo istituzionale. Forse in parte il fenomeno è dovuto anche ad alcuni media, che molto spesso parlano della sanità come se fosse sempre “malasanità”, come di qualcosa che non funziona mai. Siamo dunque al punto in cui andiamo a lavoro col timore che possa sempre succedere qualcosa. In Pronto Soccorso o in sala operatoria, subito dopo un intervento, dobbiamo sempre preoccuparci di non entrare in rotta di collisione con i familiari, anche solo per una parola fuori posto. Faccio un esempio pratico: mi è capitato di operare con successo una persona in fin di vita, e successivamente si è lamentata perché le era rimasta una cicatrice giudicata troppo estesa. Per farla breve, dopo averle salvato la vita, il marito ci ha denunciato per l’estensione della cicatrice. La tendenza in atto si ripercuote anche sulle iscrizioni universitarie, in chiara flessione: i ragazzi non vogliono iscriversi alla Facoltà di Medicina, perché poi temono di dover esercitare una professione dove si viene denunciati continuamente. Inoltre il medico non gode più della considerazione che aveva un tempo, quando era considerato un’istituzione di cui avere fiducia. Oggi invece la gente arriva in ospedale prevenuta, quasi credendo che noi ci siamo laureati per fare del male alle persone. Non nascondo che iniziamo ad avere paura quando ci accingiamo a effettuare un intervento chirurgico».
È anche vero che esistono problemi legati alla carenza d’organico del Rizzoli. Secondo molti, l’ospedale è composto da un pool di medici, paramedici e in generale di personale altamente professionale, capace, preparato, che getta il cuore oltre l’ostacolo, però rispetto al passato dal punto di vista quantitativo le unità a disposizione sono diminuite.
«Nonostante il Direttore generale si sia adoperato a indire i concorsi per il Rizzoli, i medici se hanno la possibilità di lavorare sulla terraferma non se lo fanno ripetere due volte. Un dipendente che ogni giorno deve arrivare da Napoli al Rizzoli deve spendere mediamente trenta euro, quindi appena può cerca di trasferirsi. In pratica il nostro ospedale è diventato una tappa per l’avvicinamento in Campania. Molti medici campani, magari in servizio nelle regioni del Nord, vengono al Rizzoli per ottenere quei due o tre anni di incarico e poi raggiungere il trasferimento in terraferma. A me è capitato di rimanere bloccato qui nei giorni di Natale a causa del maltempo, e chi è costretto a rimanere va incontro alle prevedibili spese da affrontare».
Eppure ci sono quelli come Lei innamorati di Ischia..
«Mi piace il lavoro, mi piace la gente di Ischia. Quindi non penso ai disagi, ma i colleghi più giovani, da poco laureati, con uno stipendio basso, è comprensibile che appena si presenti l’opportunità vadano via dall’isola».
Quanto ha influito la vicenda della direttrice Bianco, che a pochi mesi dalla nomina è già andata via?
«Sì, è vero, è rimasta pochi mesi, ma come dicevo prima, appena arriva una proposta migliore tutti hanno interesse ad andar via. Cosa che giustamente ha ritenuto di fare anche la dottoressa Bianco. Certo, questa tendenza va sempre a discapito della buona riuscita dell’ospedale, anche se adesso abbiamo un direttore facente funzioni, il dottor Castagliuolo, di grande competenza».
Si dice spesso ironicamente che chi parla male del Rizzoli non ha mai visto un ospedale della terraferma. In che cosa, pur con le sue carenze, il Rizzoli può essere considerato un presidio d’eccellenza, e in che cosa deve e può tassativamente migliorare?
«È un polo d’eccellenza sicuramente per l’umanità dei medici e degli infermieri. Mio padre ha ricevuto una protesi d’anca al Rizzoli: ho preferito che il suo intervento avvenisse al Rizzoli anziché al Cardarelli, dove pure conosco tutti i medici. Qui a Lacco Ameno il paziente è visto come una persona, invece nei grandi ospedali partenopei egli diventa solo un numero, un degente come un altro. A volte è capitato che persone pesantemente indigenti non avessero nemmeno i soldi per ripartire alla volta di Napoli, e noi in ospedale abbiamo dato loro il denaro necessario. Poi ci sono naturalmente eccellenze chirurgiche, ortopediche, oppure anche a livello di cardiologia e di endocrinologia. Il guaio è che se accade qualcosa al Rizzoli, che è un piccolo ospedale, l’episodio viene subito mediaticamente ingigantito, mentre se un episodio della stessa entità o anche più grave accade al Cardarelli, passa quasi sotto silenzio. Purtroppo, essendo una piccola realtà con personale ridotto, significa che ciascuno di noi deve sobbarcarsi più compiti e incombenze: se devo occuparmi di pronto soccorso, reparto, ambulatorio, chirurgia, sala operatoria, è comprensibile che in uno di questi passaggi io potrei incorrere in qualche errore, che però viene amplificato proprio dal fatto che operiamo in una piccola realtà».
Lei da qualche tempo si dedica anche alla politica. Di questa esperienza cosa le è piaciuto di più, e cosa di meno?
«La cosa che mi è piaciuta di più è l’aver incontrato Francesco Del Deo che ci ha consentito di mettere in atto alcune utili misure, come la dislocazione dei defibrillatori, l’aver rimosso i rifiuti dalle vicinanze dello stadio, e tante altre iniziative come quella volta alla prevenzione delle malattie del colon, o della mammella. Ciò che non mi è piaciuto è il fatto che la politica non riesca a soddisfare le aspettative dei cittadini. Io sono del parere che anche coloro che non hanno votato per la maggioranza in carica debbano essere ascoltati, e possibilmente accontentati. Naturalmente io ho cercato di fare in modo che la politica possa risolvere le problematiche del Rizzoli, che considero il “mio” ospedale: spero di trascorrere qui la mia vecchiaia, di vivere qui con la mia famiglia e quindi vorrei un ospedale all’avanguardia. Questa è stata la mia battaglia: non so se riuscirò a portarla a compimento, anche perché vi sono diverse problematiche che è difficile portare alla luce».
C’è stata una gigantesca polemica a Forio per quanto riguarda la famosa questione legata ai concorsi: fa un po’ impressione vedere tra i candidati così tante persone vicine ai politici. Una volta il politico spesso cercava di assicurare un futuro alle persone che lo aiutavano a ottenere il consenso elettorale, mentre negli ultimi concorsi è sembrato di assistere a una sfilata di “vip”. Giudicare dall’esterno è sempre difficile, però mettiamola così: non è sembrato il più nobile degli spettacoli..
«Guardi, in questa vicenda non ci sono mai entrato, perché mi sono dedicato pressoché esclusivamente alle problematiche ospedaliere. So comunque che si è molto parlato del concorso, di persone come Sabina Conte, che è comunque un avvocato, quindi una laureata in Giurisprudenza, che ha fatto un concorso per entrare nell’amministrazione di un Comune. Dunque non parliamo di una persona che viene assunta pur avendo solo la licenza elementare o la terza media. Se ha fatto un buon concorso, merita il posto. Il sindaco Del Deo e gli stessi responsabili delle procedure come il dottor Enzo Rando non sono persone stupide che mettono a rischio la propria professionalità facendo degli imbrogli: io vedo persone di un certo livello, che presumibilmente sono dotate di competenze specifiche».
Non si parla di “imbrogli”, ma forse, in altri tempi, due sindaci non avrebbero consentito alle proprie mogli di partecipare a un concorso, così come non avrebbe partecipato al concorso il figlio di un consigliere o di un comandante dei vigili. Naturalmente a queste persone non è vietata la partecipazione, ma forse un tempo c’era una maggiore accortezza.
«Sarebbe un po’ come dire che prima “imbrogliavano” in maniera migliore mentre oggi lo farebbero peggio. Io però dico che anziché provocare polemiche, chi è convinto che siano accadute cose poco lecite dovrebbe fare delle denunce, ma con dati alla mano. Certo, io non avrei fatto partecipare le mie figlie, ma ovviamente non tutti siamo uguali. E comunque ci sono stati anche vari candidati parenti di politici che non hanno vinto, come il marito di un’assessore, o i figli di alcuni ex sindaci. Quindi forse non bisogna vedere il marcio dappertutto. Io sono figlio di normali lavoratori, ho studiato, sono arrivato a laurearmi, a specializzarmi, e ora sono dirigente, senza essere mai stato raccomandato. E tuttavia qualche vostro collega, o meglio dovrei dire un giornalaio, ha scritto che io mi sono messo a fare politica per diventare primario. Io credo che il primario potrei farlo tranquillamente, per diritto e per meriti, ma non ho certo bisogno della politica».
Lei è ischitano, anzi foriano d’adozione. Cosa l’ha conquistata di questa terra di cui noi isolani spesso parliamo male?
«Io vengo da Secondigliano, e la località Monterone, dove ho comprato casa, secondo me è uguale alla mia amata Secondigliano. Questa mia affermazione fa sorridere il sindaco Del Deo. Io dico sempre che gli isolani sono fortunati ad essere nati a Ischia, anche se non lo sanno e dunque spesso non sono in grado di apprezzarla. La prima volta che arrivai qui, trent’anni fa, mi innamorai dei colori, dei profumi, dei tramonti, cose che spesso gli ischitani non avvertono più. Questa è un’isola magica, mi ha dato la possibilità di fare il professionista, di mettere in evidenza le mie competenze, di acquistare delle case dove la mia famiglia trascorre serenamente gran parte dell’anno. Ripeto, voi ischitani non vi accorgete della straordinarietà che vi circonda. Gli isolani dovrebbero valorizzare meglio questo luogo, e non parlare sempre delle cose che non vanno. Io sono stato quest’anno in Sicilia, in una località dove un giorno è esplosa una foglia. Scattai delle foto e le mostrai al sindaco, ma gli amministratori si adirarono, non volevano che quelle immagini si diffondessero, perché ci tengono a dare un’immagine ottimale del proprio paese. Invece qui a Ischia spesso si fa a gara a evidenziare il peggio».