Rivedere il concetto di edilizia
di Graziano Petrucci
Premessa 1. Terremoto atto 3: Questo tredicesimo sisma che ha colpito l’isola di Ischia potrebbe rivelarsi fondamentale perché ha ricordato a tutti noi che siamo ignoranti. Faremo meglio a scriverlo a caratteri cubitali sul tufo verde così da tenerlo bene a mente e non perderne memoria (cosa che abbiamo fatto rispetto al territorio, deturpandolo, per scopi tutt’altro che nobili; allo stesso modo abbiamo cancellato il ricordo di eventi che avrebbero potuto aiutarci a raggiungere una consapevolezza collettiva). Essere ignoranti non è una colpa. Tuttavia se si riproduce l’imbecillità di fronte a certi eventi, e sta succedendo di nuovo, continueremo a guardare il mondo da un solo punto di vista. Nessuno può sapere sempre tutto, per esempio come comportarsi nelle emergenze, ma ci si aspetterebbe dalla nostra classe dirigente atteggiamenti pilotati dal buon senso. In e per altri casi invece sarebbe buona norma mantenere il silenzio. Per esempio quando novelli indagatori dell’incubo, cercano l’esistenza del complotto, tipo quello sull’errore – per alcuni clamoroso e “voluto” – circa l’individuazione dell’epicentro, modificato solo tre giorni dopo. Vero o no, sono poco incline a seguire la linea di ragionamento – sempre che si possa parlare di uso corretto della ragione – perciò lascio la parola agli “esperti” di una “rete” senza rete. Ciò che mi preme, piuttosto, è evidenziare l’esistenza di fratture che danno luogo a montagne. Non si tratta di quelle che potrebbero essersi prodotte nel nostro sottosuolo, motivo del sisma d’agosto. Mi riferisco a spaccature che, al contrario, in superficie, stanno demolendo l’isola e la sua idea di bellezza – dando per scontato che ne avessimo coltivata una in questi anni. Stanno contaminando il tessuto sociale, vero, accadeva pure prima del 21 agosto, e infestando di pressapochismo la comunità che non è capace di tutelare famiglie, bambini e attività commerciali. E la solidarietà, che può esprimersi in vari modi, al netto della fuffa sui complotti o sulle previsioni della Madonna di Zaro o sulla venuta degli UFO, ha il diritto di pesare di più. Per chi non se n’è accorto è a questo principio che si collegano valore e misura di una massa di cittadini divisa in sei amministrazioni e per solidarietà i sindaci hanno il dovere di essere accorti nelle scelte e non si può più – e non si deve- perdonare l’ignoranza. Se c’è chi oggi porta aiuti di ogni tipo, resta aperto un vuoto riempito dalla montagna d’indifferenza in cui si stanno sviluppando legami carsici poco chiari. E proprio questa insensibilità, che in se è una frattura, crea quel becero fondamentalismo per la soddisfazione di soli interessi economici e personali. La montagna che ci copre e sovrasta di fronte alla tragedia continua a fare da cornice nel quadro della desolazione umana. In un dipinto per niente edificante risalta potente il distacco tra noi e il senso di cittadinanza mentre i rapporti affaristici con facilità “giocano” con la pelle delle persone, pedine inconsapevoli sullo scacchiere della necessità. Partiamo da ciò che è accaduto ad Amatrice o all’Aquila. Una verità da cui prende avvio la “nostra” verità, perché siamo in Italia e le cose non potranno che andare in un solo modo. Lo stato precario di famiglie sfollate, alcune hanno perso davvero tutto, è lecito pensare, non vedrà una soluzione immediata ma diventerà permanente: a esser ottimisti per almeno cinque anni. Le forze che si stanno scatenando sulla carcassa putrida della zona colpita dalla scossa hanno per unico fine il flusso –e a giudicare dalle cifre “il lusso”- di milioni di euro che se ne ricaverà o sarà chiesto per la ricostruzione. Da ciò si affaccia una serie di domande: davvero c’è chi vuole riedificare nelle strisce stravolte dal sisma e trasformare l’ammasso di macerie, dal Fango al Maio da Casamicciola a Lacco Ameno, nella insolita poesia di un luogo che “sarà più bello di prima”? Veramente stiamo dando a straordinari “poeti dell’amministrazione”, maghi e controllori di forze naturali e gestori dell’alimentazione prolifica d’idiozie, le chiavi per consentire al disinteresse, nazionale e collettivo, e interessi romani, regionali e locali, di lucrare sulla vita e sul futuro di un’intera isola? Le moltitudini che vogliono inzuppare i propri affari personali si stanno già dando da fare per spostare orde di mattoni e quattrini, gestirli, consegnarli ad amici di amici, e le regie sono più d’una. Non è forse arrivato il momento di riunire le sei amministrazioni e rivedere il “concetto di edilizia” sul territorio e individuare zone lontane da pericoli per costruirci case in bioedilizia nell’alveo di un piano regolatore? Ciò favorirebbe l’attribuzione veloce di un tetto a chi ne ha bisogno. Si stima che per realizzare case prefabbricate, che hanno struttura portante in legno di abete, sono ecosostenibili, ecocompatibili e antisismiche e senza aggravio di costi come invece avviene per le abitazioni normali, il tempo di esecuzione sia tra i 4 e i 6 mesi. Un’azienda tedesca, la “Wolf Haus” – www.wolfhaus.it –prevede addirittura abitazioni “chiavi in mano”, comprendendovi impianti e cablaggi, oppure si può scegliere la formula di grezzo avanzato. Il costo varia secondo l’opera scelta: per le prime si parla di 1200/1500 euro a mq, per solo il grezzo invece una cifra pari a 800 euro mq. Il tutto nella richiesta di aiuto a Stato e Regione con finanziamenti e leggi ad hoc, alla soprintendenza e con il coinvolgimento e partecipazione degli istituti di credito per favorire il rientro del costo dell’abitazione scelta. Nel progetto di ricostruzione in bioedilizia si potrebbero includere le ditte e le maestranze isolane creando lavoro. Ciò che più conta, in poche mosse avremmo fatto ripartire l’economia e interrotto la fame di soldi che, se lasciata libera, continuerà a cibarsi di Ischia. E, questa volta triterà e fagociterà povere persone che hanno il solo desiderio di uscire dall’incubo e rifarsi una vita. O continuare questa, dignitosamente.
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