Il rituale dei “tortanelli” benedetti di San Biagio
Il culto di San Biagio sull’isola d’Ischia, parte per lo più dalla Chiesa Cattedrale di Ischia Ponte, dove dai primi del ‘900 troneggia una bellissima statua del Vescovo Santo che è conservata, noi però diciamo nascosta, in sacrestia. Per decenni, questa statua maestosa insieme a quella di sant’Antuono altrettanto bella ed imponente, è stata ammirata e venerata nella chiesa cattedrale in bella mostra di sè a ridosso delle seconde colonne, sotto le due navate del tempio dedicato a Maria Assunta. Durante l’opera di “svecchiamento” del’antico tempio, lo scomparso Vescovo Strofaldi ne dispose lo spostamento, “imboscandola” come detto, in sacrestia. L’identica sorte toccò alla statua di Sant’Antuono. Ma nonostante il loro ingiusto occultamento, San Biagio, come del resto Sant’Antuono, insieme, non sono stati mai persi di vista dai fedeli ischitani, che specie nel giorno della ricorrenza festiva dei due Santi in questione , gli hanno sempre tributato gli onori e tutta la propria devozione espressa nel migliore dei modi. San Biagio è stato sempre glorificato con la preghiera frequente e con riti tradizionali, come le due candele incrociate sotto il mento per invocare la guarigione del mal di gola e mangiare il pane benedetto a forma di torta nello, simbolo della sua magnanimità. San Biagio, o San Biagio di Sebaste (III secolo – Sebaste, 316), è stato un vescovo cattolico e santo armeno. Vissuto tra il III e il IV secolo a Sebaste in Armenia (Asia Minore) è venerato come santo dalla Chiesa cattolica e dalla Chiesa ortodossa. Era medico e venne nominato vescovo della sua città. A causa della sua fede venne imprigionato dai Romani, durante il processo rifiutò di rinnegare la fede cristiana; per punizione fu straziato con i pettini di ferro, che si usano per cardare la lana. Morì decapitato. San Biagio muore martire tre anni dopo la concessione della libertà di culto nell’Impero Romano (313).
Una motivazione plausibile sul suo martirio può essere trovata nel dissidio tra Costantino I e Licinio, i due imperatori-cognati (314), che portò a persecuzioni locali, con distruzione di chiese, condanne ai lavori forzati per i cristiani e condanne a morte per i vescovi. Di lui si enumerano tanti miracoli, alcuni dei quali clamorosi come quello che qui di seguito sintetizziamo: un giorno una madre disperata accorse al cospetto del Santo. Suo figlio aveva mangiato del pesce,una spina grandicella gli si era conficcata in gola e stava soffocando. Biagio prese una mollica di pane benedetta e la fece ingoiare al ragazzo, salvandolo. In ricordo dell’episodio del bambino e della spina di pesce, in questo giorno 3 febbraio dedicato alla festa di San Biagio, a Ischia ed in molti altri centri della Campania ed altrove, si usa mangiare del pane benedetto, gli storici “tortanelli”, e farsi benedire la gola toccandola con due candele incrociate. La figura di San Biagio è anche ispiratrici di detti secolari che il popolo ne fa uso secondo la propria credenza. Ad Ischia il giorno di San Biagio si dice “San Biase, u’sole pe’ case”, per invocare o prendere atto della bella giornata, nel giorno dedicato al Vescovo Santo miracoloso. Le reliquie di San Biagio sono custodite nella Basilica di Maratea, città di cui è santo protettore: vi arrivarono nel 723 all’interno di un’urna marmorea con un carico che da Sebaste doveva giungere a Roma, viaggio poi interrotto a Maratea, unica città della Basilicata che si affaccia sul Mar Tirreno, a causa di una bufera.