Riesame, resta in carcere il giudice Capuano
I giudici della Terza Sezione del Tribunale di Roma in funzione di Riesame hanno confermato l’ordinanza di custodia cautelare per il magistrato in forza alla sede di Ischia del Tribunale
Resta in carcere il giudice della sezione penale di Ischia, dottor Alberto Capuano. Lo hanno stabilito i giudici della Terza Sezione del Tribunale di Roma, in funzione di Riesame. Nonostante il ricorso inoltrato dalla difesa del dottor Capuano fosse stato discusso lunedì scorso, soltanto ieri mattina, quindi dopo ben quattro giorni, il collegio giudicante ha emesso il verdetto, rigettando il ricorso e confermando quasi interamente l’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal Gip.
Soltanto su una delle varie contestazioni mosse all’indagato, quella relativa alla vicenda Sorrentino, l’ordinanza è stata annullata, ma restano in piedi tutte le altre. I giudici si sono riservati di depositare le motivazioni entro quarantacinque giorni. Un bel problema per i difensori di fiducia del dottor Capuano, gli avvocati Maurizio Lojacono e Giuseppe Fusco, in quanto un tale arco di tempo praticamente “blocca” ogni mossa della difesa, non avendo a disposizione le motivazioni. Con ogni probabilità verranno inoltrate ulteriori istanze “medio tempore” di revoca della misura cautelare, rivolte al Gip Costantino De Robbio,ma per reagire alla decisione del Riesame non ci sono alternative: bisogna attendere almeno un mese e mezzo. Allo stato degli atti, l’annullamento dell’ordinanza in relazione al caso-Sorrentino avrebbe potuto anche giustificare l’aspettativa di un alleviamento della misura, magari concedendo i domiciliari, invece i giudici hanno confermato la carcerazione.
La difesa di Alberto Capuano nel corso dell’udienza aveva cercato di smantellare l’impianto accusatorio montato nei confronti del proprio assistito. Furono diversi i punti su cui i legali tennero a manifestare l’assoluta estraneità ai fatti di Capuano, in particolare ponendo l’accento con particolare e reiterata attenzione verso le eventuali pressioni che l’indagato avrebbe dovuto esercitare nei confronti di un magistrato della Corte di Appello. Lojacono e Fusco sottolinearono come nel momento in cui al giudice in servizio a Ischia fu chiesta questa intercessione, il suo papabile interlocutore aveva già ottenuto il pensionamento, dunque senza alcun ruolo nel processo in questione. Insomma, Capuano lo sapeva, e a chi gli chiedeva un “favore” aveva finto di manifestare un possibile interessamento solo per porre un freno alle pressioni a suo carico. Per quanto riguarda il caso Liccardi, anche il periodo delle intercettazioni telefoniche risale cronologicamente a un momento in cui il giudice di Corte d’Appello non era più in servizio: insomma, un “avvicinamento” a questo presidente sarebbe stato materialmente impossibile. Di fatto, non avrebbe nemmeno partecipato all’udienza in programma a fine mese.
I due penalisti produssero anche un’altra serie di documenti atti a dimostrare l’innocenza di Alberto Capuano. Alcuni di questi erano relativi ai lavori eseguiti presso il centro estetico gestito dalla moglie: tutti i materiali, ricevute alla mano, sono stati acquistati e regolarmente pagati con bancomat o carta di credito direttamente dal dottor Capuano e che allo stato dell’arte una sola impresa risulta non pagata ma solo perché non ha ancora ultimato i lavori. Lo stesso viaggio in Colombia non sarebbe affatto un favore fatto da terzi al magistrato, ma sempre pagato con i fondi nella disponibilità dell’indagato e dunque non rappresenterebbero affatto – come sosteneva l’accusa – il corrispettivo per qualche “favore” nei confronti di altri soggetti.
Tuttavia, come si è visto, solo su un punto i magistrati della Terza sezione hanno ritenuto di annullare l’ordinanza del Gip, quello relativo alla vicenda di un tale Sorrentino: a febbraio uno degli indagati, Di Dio, aveva incontrato la signora Sorrentino che avrebbe chiesto al primo di intercedere presso qualcuno in grado di aiutare il fratello, detenuto in regime di semilibertà, perché egli avendo problemi di vista aveva difficoltà a tornare la sera al carcere di Secondigliano. Il Di Dio si vantò di conoscere “un Gip importantissimo” spiegando alla donna di poterla aiutare grazie a tale conoscenza.
Come i lettori ricorderanno, il dottor Capuano fu arrestato il 3 luglio nell’ambito dell’Operazione ribattezzata “San Gennaro” dagli inquirenti e di un’indagine anticorruzione della Procura capitolina, da cui sarebbero emersi anche dei collegamenti con la camorra (reato che, per inciso, non viene contestato a Capuano). Insieme a lui furono arrestati il consigliere circoscrizionale della Decima municipalità di Bagnoli, Antonio di Dio, l’imprenditore Valentino Cassini e il pregiudicato Giuseppe Liccardo, ritenuto da investigatori ed inquirenti vicino al clan Mallardo di Giugliano. Gli arresti domiciliari furono invece stati disposti nei confronti di Elio Bonaiuto, avvocato del foro di Napoli. Capuano era già stato indagato dalla Procura di Roma per presunte utilità o vantaggi incassati in cambio di una gestione morbida del patrimonio dei fratelli Ragosta, accuse dalle quali però uscì completamente prosciolto. La pubblica accusa riferisce anche che Capuano avrebbe ricevuto biglietti aerei, tessere gratis per stabilimenti balneari e perfino pastiere e bottiglie di vino, tra le presunte utilità che avrebbe ottenuto in cambio di favori. Accuse, queste, che però lo stesso Capuano, prima ancora del Riesame, aveva respinto con decisione al mittente già quando fu interrogato a Roma dal Gip, affermando la propria innocenza. Anche per gli altri indagati il Riesame non ha fatto sconti: al momento restano detenuti nella casa circondariale di Poggioreale.