Riecco nella Torre del Molino la nuova edizione di “‘Pe terre assai luntane”
QUANDO L’ISOLA SI SVUOTAVA PER LA FORTE EMIGRAZIONE VERSO TERRE ASSAI LONTANE L’emigrazione degli ischitani verso le Americhe ha avuto varie fasi a partire dai primi anni del ‘900 toccando punte massime negli anni ’20 e ’30 per concludersi sul finir degli anni ’50. I secoli precedenti, ossia il ‘700 e l’800 ed anche prima fino al ‘500, vedono l’isola registrare forme di emigrazione verso alcuni paesi come Algeria e Tunisia, alcune davvero particolari verificatesi nell’ultimo ‘700 e fra il 1860 ed il 1897 con episodi di espatrio a dir poco singolari. Ma è il ‘900 fino alla sua metà che per lo più scrive la storia dell’emigrazione isolana intensa oltre oceano. Da Barano d’Ischia partì la gran parte degli ischitani. La frazione di Testaccio conserva il record in Mar del Plata in Argentina.
Torna l’appuntsmnento con“Pe’ terre assaje luntane e lo fa anche in un monento difficile del Covid dove è necessario più di prima mantenere le distanze sosciali e indossare la mascheria con senso di resposnsabilità. L’evento come per le passate edizioni, tratta l’emgrazione ischitana verso le Americhe”. L’apertura della manifestazione è vvenuta ieri era e si conclderà questa sera 13 settembre. presso la Torre del Mulino ad Ischia Ponte. La mostra documentaria, giunta alla sua XVI edizione, propone un percorso illustrativo che racconta l’emigrazione ischitana nei suoi aspetti più peculiari: dal viaggio a bordo dei grandi transatlantici che, sulle rotte verso le Americhe, conquistano l’immaginario collettivo diventando ambasciatori di modernità e di stili di vita, ai tanti approdi che, soprattutto in California e in Argentina, vedono impegnate le comunità is programma si snoda così: ARRIVI/PARTENZE Storia, letteratura, cinema e musica
Incontri in collaborazione con Istituto Italiano per gli Studi Filosofici – Circolo Georges Sadoul –
Scuola di Cinema Luchino Visconti- ARRIVI – ieri sabato 12 settembre ore 21:00
Giuliana Muscio, Università di Padova, Autrice del libro Napoli/New York/ Hollywood
La storia dell’emigrazione artistica italiana che ha cambiato il cinema americano e l’immagine degli italiani negli USA Maddalena Tirabassi, Centro Altreitalie, Curatrice dell’edizione italiana del libro Storia degli italoamericani di William J. Connel e Stanislao G. Pugliese Presiede – Arturo Martorelli Istituto Italiano per gli Studi Filosofici – PARTENZE Oggi – Domenica 13 settembre ore 21:00 – SITTIN’ ON THE DOCK Parole e musica in attesa dell’imbarco – Concerto spettacolo
Valerio Sgarra, voce e chitarra Alessandro Cervo, violino- Emozioni a ritroso nel tempo e ondate di ricordi impressi nella memoria collettiva. «La tavola imbandita, una tovaglia ricamata, sorrisi e brindisi di un’occasione speciale, l’interno di una casa argentina degli anni Cinquanta, dove sulla parete di fondo campeggia un dipinto che raffigura il Castello Aragonese di Ischia. La foto in bianco e nero ritrae la famiglia Lauro, emigrata a Mar del Plata, e racchiude, forse più di tante parole, il senso del legame profondo che gli ischitani partiti in cerca di fortuna hanno conservato con la propria terra di origine».
Gli organizzatori della sedicesima edizione di un’iniziativa ormai diventata un riferimento culturale di notevole rilievo, «Pe’ terre assaje luntane, l’emigrazione ischitana verso le Americhe», puntano non a caso, su questo ritratto di famiglia, tra i tanti, per illustrare la copertina del catalogo «Noi emigravamo». Il volume è a corredo della mostra documentaria che, curata dall’associazione Ischitani nel Mondo, è uno dei motivi di interesse della manifestazione dedicata per due giorni all’emigrazione ischitana, in programma domani e domenica, presso la Torre del Mulino a Ischia.
Suddivisa in sezioni, la mostra propone un percorso che racconta il fenomeno dell’emigrazione ischitana, dalle origini, intorno alla metà dell’Ottocento, fino agli Anni Sessanta del secolo scorso. Biglietti di imbarco, pubblicità dei più celebri transatlantici e fotografie di bordo costituiscono il materiale originale che completa l’esposizione. La mostra torna a Ischia dopo essere stata ospitata nelle sale del Mann, Museo archeologico nazionale di Napoli, nell’ambito dell’evento «Thalassa, meraviglie sommerse dal Mediterraneo».
Il programma, organizzato in collaborazione con il Circolo Georges Sadoul e l’Istituto italiano per gli studi filosofici, prevede alle ore 21 di domani un incontro tra storia, letteratura e cinema con la presentazione del libro «Napoli/New York/Hollywood» di Giuliana Muscio, in cui si focalizza l’attenzione sul contributo che gli artisti italiani, e napoletani in particolare, hanno dato al mondo del cinema americano: un’emigrazione artistica che ha trapiantato oltreoceano una ricca e antica tradizione teatrale e culturale, determinate per la costruzione dell’immagine dell’Italia presso i media americani. E di connazionali in terra di America si parla anche nel volume «Storia degli Italoamericani» di William J. Connel e Stanislao G. Pugliese, la cui edizione italiana è stata curata da Maddalena Tirabassi del Centro Altreitalie, un vero e proprio affresco delle relazioni secolari tra America e Italia, a partire dai primi esploratori del Nuovo Mondo, ripercorrendo l’epopea degli emigranti italiani, fino alle ultime generazioni che, non dimentiche delle proprie origini, sono testimoni vivaci della cultura globale contemporanea.
L’incontro è presieduto da Arturo Martorelli, dell’Istituto italiano per gli studi filosofici.
Tema dell’incontro di oggi domenica, sempre alle ore 21, è la musica. Il concerto spettacolo «Sittin’ on the dock» è un viaggio musicale che vede protagonista Valerio Sgarra, accompagnato al violino da Alessandro Cervo. Scrittore, cantautore e raffinato chansonnier, Sgarra rievoca i temi del mare, dell’imbarco e dell’attesa attraverso le suggestioni della canzone d’autore, da Paolo Conte a Fabrizio De André, da Jacques Brel a Francesco De Gregori, con felici incursioni nel repertorio classico napoletano. A segnare la rotta, un arguto racconto di Leonardo Sciascia, «Il Lungo Viaggio», di cui il regista e autore Salvatore Ronga leggerà alcune pagine. Ecco una storia di emigrazione in tema tutta ischitana. L’isola d’Ischia ricorda e celebra L’ultracentenario da quando, nei primi anni del 1900, nacque e si sviluppò il primo massiccio esodo di cittadini ischitani da ogni parte dell’isola, verso “Terre assai luntane…”, abbastanza distanti da esempi di emigrazione isolana che si verifico sul finire del ‘700, ed anche qualche secolo primo per arrivare addirittura al ‘500. Fu un’emigrazione in grande stile quella del primo ‘900 in avanti, allorquando si abbandonò la propria terra di origine, i propri cari, gli amici per inseguire fortune a lungo sognate, condizioni di vita migliori e speranze più concrete per un avvenire più certo.
Tutto ciò al costo di grandi sacrifici patiti alla partenza, all’arrivo e durante la permanenza nella nuova terra di residenza. Una delle prime emigrazioni risalenti all’800 per un gruppo di ischitani in cerca di nuovo e più redditizio lavoro fu quella che si materializzò in direzione di paesi non troppo lontani come l’Algeria e la Tunisia dove nei secoli ancora precedenti diversi ischitani vi arrivano per dedicarsi a ogni tipo di lavoro e spesso finivano in stato di schiavitù fino alla morte. Per tanti isolani del primo ‘900, fu un partire dall’isola sofferto, fra lacrime e promesse di ritorno. L’obiettivo principale erano le Americhe. Si accodarono ai trentini, napoletani, salernitani, toscani, siciliani, pugliesi e calabresi, facendo registrare la più grande emigrazione (14 milioni) di italiani del secolo appena iniziato. Si emigrò principalmente in Nord America per stabilirsi in Canada a New York, nel New Jersey, A Philadelfia, Boston, Baltimora, nel Connecticut, in San Pedro di California, poi a Cicago, Ditroit.
Gli Stati Uniti d’America furono la prima meta per migliaia di ischitani emigranti. Altri preferirono l’Argentina, sistemandosi in gran parte a Buenos Aires e Mar Del Plata. Altri ancora in Uruguay a Montevideo. Infine il resto raggiunse il Brasile, Venezuela e l’Australia. L’emigrazione degli ischitani verso le Americhe ha avuto varie fasi a partire dai primi anni del 1900 toccando punte massime negli anni ’20 e ’30 per concludersi sul finir degli anni ’50. Il secolo precedente, ossia l’800, vede l’isola registrare forme di emigrazione verso alcuni paesi come Algeria e Tunisia verificatesi fra il 1860 ed il 1897. Ma è il ‘900 fino alla sua metà che per lo più scrive la storia dell’emigrazione isolana oltre oceano. Da Barano d’Ischia partì la gran parte degli ischitani. La frazione di Testaccio conserva il record. Seguono a ruota Ischia, Forio, Serrara Fontana, Casamicciola e Lacco Ameno. Non tutti si imbarcarono a Napoli. Una buona parte fu costretta a raggiungere i porti di Genova, Ancona, Livorno, Trieste, Palermo ove erano ormeggiati i grandi Transatlantici italiani dell’epoca appartenenti alle quattro maggiori compagnia nazionali, la “Navigazione Generale Italiana”, “Lloyd Sabaudo”, “Transatlantica Italiana” e Società “Italia” E a quelle minori La Veloce, i fratelli Grimaldi, Achille Lauro, Costa ecc.
L’emigrazione ischitana dell’800 e ‘900 da tutte le località dell’isola è ricca di episodi interessanti che hanno riguardato nuclei famigliari sul loro nascere, provenienti essenzialmente da mestieri come la pesca e l’agricoltura. Fra le tante storie ci piace riportare quella raccontata da Maria D’Acunto che vede protagonista nello scenario dell’Algeria due giovani freschi sposi dello Schiappone, Maria Di Iorio e Francesco D’Acunto suo antenato, i quali nel 1865 decisero di lasciare la loro terra per emigrare in Nord Africa. Maria D’Acunto sintetizza così il suo racconto.” Era intorno al 1865, poco dopo l’Unità. E dall’Italia partivano per terre più o meno lontane. Non solo per l’America del Sud (Argentina), ma anche per il Nord Africa, allora colonizzato dai Francesi. C’era lavoro e gli Europei convivevano abbastanza pacificamente con gli Arabi. E loro due, Maria Di Iorio e Francesco D’Acunto, si unirono a un gruppo in partenza per l’Algeria.
Erano giovani, appena sposati, e cercavano anche loro fortuna. Scesero dallo Schiappone, un misero centro agricolo, e su una carretta giunsero al Porto d’Ischia, diventato tale da poco più diun ann.. Da lì, con un traballante battello, partirono per Napoli. Erano già stremati, ma sempre fiduciosi nell’avvenire. Rimasero in attesa per qualche giorno sul molo, e poi finalmente salirono su un nuovo battello diretto a Marsiglia. Ancora tanti giorni di attesa, affamati e stanchi, in quel porto in cui si parlava una lingua sconosciuta. E infine la sospirata partenza. Il battello solcava placide acque, ma all’improvviso venne una furiosa tempesta. I poveri passeggeri credettero che fosse giunta la loro ultima ora. Pregavano e si raccomandavano a Dio. O alla Madre di Dio, come facevano i due sposi, memori della beata Vergine dello Schiappone. La tempesta alla fine cessò e il battello riprese la sua corsa verso l’ignoto. Passarono ancora tanti giorni e poi finalmente si profilò la terra. con le sue case e il suo porto. Era Annaba, oggi Bona, che apriva le sue porte agli emigrati.
Li accolse benevolmente e diede loro lavoro e dignità. Francesco cominciò a lavorare come operaio; la giovane Maria entrò in una casa di signori e fece la cameriera. Imparò non solo a pulire e cucinare, ma anche a cantare e a ballare. E a parlare francese (il marito, un po’ tonto, non lo imparò mai). E intento mise al mondo due figli: Emilio e Carmela. I bambini andarono a scuola e il maschio si diplomò maestro, però di francese, e conosceva anche l’italiano e l’arabo. Ma, quando tornarono in Italia, queste conoscenze non gli servirono a nulla. Tornarono perchè Francesco aveva troppa nostalgia della sua terra. Maria, invece, sarebbe rimasta per sempre in quella bella città in cui aveva trascorso i più begli anni della sua vita. Quando Francesco rifece la salita che portava allo Schiappone, forse i suoi occhi erano pieni di lacrime. Che ne sarebbe stato del figlio Emilio ? lui che non aveva mai fatto il contadino? Dove avrebbe trovato lavoro? Negli stati uniti d’America vi trovò il lavoro, ma anche la morte. A poco più di trent’anni
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