E’ un vero e proprio grido di allarme quello lanciato dall’Associazione Culturale “Cristofaro Mennella” su di un tema del tutto trascurato dalla Cultura e dalla Politica isolana per negligenza, insensibilità e scarsa attenzione ai segni distintivi di un’architettura rurale locale che rischia seriamente di scomparire per sempre dal tessuto urbano dei Comuni ischitani. L’invadente e per certi versi anonima urbanizzazione della nostra Isola, a partire dagli anni Cinquanta, non ha fatto altro che sfigurare l’intero territorio (fatta eccezione per alcune belle residenze “firmate” dall’arch. Ugo Cacciapuoti, Sandro Petti, Zollinger) e facendo rimpiangere quell’architettura spontanea, essenziale e dagli aspetti inconfondibili che ancora sopravvive in decine di case rurali, spesso abbandonate a un iniquo degrado.
Il pericolo di inopportune trasformazioni, o peggio, di demolizioni di edifici realizzati soprattutto nei secoli XVIII e XIX, non riguarda, fortunatamente, i palazzi nobiliari e le Torri difensive dell’abitato, che risultano abitate e tenute decorosamente dai proprietari, bensì da quelle case “contadine” e della piccola borghesia sopravvissute a lave vulcaniche, terremoti e alluvioni che hanno distrutto nel corso dei secoli interi contesti urbani e preziose testimonianze architettoniche come nel caso di Casamicciola e Laco Ameno.
Da un primo sommario censimento è emerso che molte case rurali possono essere ancora “salvate” attraverso l’apposizione dei vincoli monumentali che escludono tassativamente le trasformazioni edilizie e il cambio di destinazione impropria degli edifici tutelati dalla Legge n. 1089 del 1° giugno 1939. Ma va anche ricordato che la manutenzione ordinaria e straordinaria di questi immobili, spesso abbandonati per incuria o mancanza di disponibilità economiche dei proprietari, dovrebbe avvalersi di contributi dello Stato così come è stato fatto di recente con la “Legge sulle Facciate”.
Inutile ricordare che l’architettura rurale nel contesto ambientale di un’isola turistica, gioca un ruolo importantissimo nell’offrire ai visitatori non frettolosi, né “giornalieri” un itinerario di grande valenza culturale (vedi anche le Case di Pietra) e un arricchimento della conoscenza umana assai significativi.
Filomena Sardella, Ilia Delizia, Roberto Pane, Saverio Salvati hanno dedicato decenni di studio e di “osservazioni sul campo” a questo mondo contadino (villaggi, vicus, casali sparsi nei campi, masserie, cantine e perfino chiesette rupestri), ma anche a contesti urbani di artigiani, piccoli commercianti, pescatori, marittimi, quasi del tutto scomparsi dalla topografia isolana, ma che riescono a offrire una lettura storica e antropologica proprio attraverso la presenza delle ultime vestigia architettoniche ancora indenni da interventi atti a sfigurare le linee originarie di una edilizia di grande effetto decorativo.
L’osservazione dei manufatti riprodotti in questo servizio giornalistico, ci parla visivamente della continuità di una tradizione costruttiva espressa dalla capacità tecnica e figurativa di plasmare il proprio ambiente in ragione della necessità, come si può evincere dagli spazi domestici e dagli spazi collettivi affidati a sistemi di archi, di volte, di scale, di mensole, di loggiati, di cortili, spesso risolti con grande ingegno e maestrìa dai progettisti e dai “mastri” muratori di eccezionali capacità costruttive.
La casa rurale è sempre realizzata con materiali ricavati sul posto: pietre d’arso vulcaniche, lapilli, calce e terra ferruginosa, oltre al pavimento di graniglia o di pietra calcarea. In generale l’edificio è composto di due piani con scala esterna a collo d’oca e cantina-cellaio al piano terra, completa di cisterna, palmenti e forno a legna. Le masserie più “importanti” comprendono anche un fienile, una legnaia e un ricovero per mucche, asini e caprette. Il tetto il più delle volte è ricoperto da una cupola a scodella dalle reminiscenze arabe, il cui andamento concavo contraddistingue i soffitti delle camere soprane dipinte a calce viva.
Esempi di questi bellissimi contesti urbani si trovano ai Pilastri e a via Luigi Mazzella, a Fiaiano, a Matarace, a Chiummano, alla Chiena di Forio, a Monte Cotto di Barano, a Serrara Fontana e alle Madonnelle di Sant’Angelo.
Con l’insediamento a Napoli del nuovo Soprintendente, arch. Mariano Nuzzo, è auspicabile un interessamento concreto e tempestivo in favore delle Case Rurali di Ischia insieme all’assessorato ai Beni Culturali della Regione Campania per ciò che concerne il finanziamento dei lavori di restauro conservativo degli immobili più a rischio estinzione.