Quei platani centenari da curare e amare
Terremoti, alluvioni, bombardamenti aerei, malattie endemiche, inquinamento atmosferico e la…mamo distruttiva dell’uomo non sono riusciti a cancellare dal ricco patrimonio naturalistico dell’isola d’Ischia alcuni alberi di alto fusto, sopravvissuti per centinaia di anni a quella mattanza arborea abbattutasi sul territorio isolano nel corso dei secoli.
La Comunità Europea ha lanciato un appello ai Paesi membri affinchè si attivino in favore di questi veri e propri “monumenti naturali” che raccontano la storia botanica e civile delle nostre contrade, in relazione ad avvenimenti che hanno contrassegnato lo sviluppo economico e sociale dell’Isola Verde e il progresso dei sei Comuni nel corso degli ultimi due secoli.
Per merito dello storico e letterato, mons. Onofrio Buonocore, appassionato ricercatore delle cose isolane e “cronista” attento e infaticabile degli accadimenti ischitani, siamo venuti a conoscenza che il maestoso Platano che fa da…spartitraffico nei paraggi della chiesa di santa Maria di Portosalvo, sul porto di Ischia, è l’ultimo avanzo dell’esteso filare arboreo messo a dimora dal botanico della Corte borbonica Giovanni Gussone, su ordine di re Ferdinando II nell’Anno di Grazia 1855, dopo pochi mesi dall’apertura del Porto.
Un centinaio di piantine di Platano, piantato fra l’ingresso della Reggia del protomedico delle Due Sicilie, Francesco Buonocore, e il cosiddetto “Giardino delle Delizie” della Pagoda, ornavano, a semicerchio, il cratere vulcanico di Villa dei Bagni creando una meravigliosa cornice di verde sopravvissuta fino agli inizi del Novecento, quando l’insana attività di alcuni ischitani –per far posto alla costruzione dei caseggiati della Foce- si abbandonarono al taglio indiscriminato di sì ingente patrimonio botanico!
Fu risparmiato –per fatto straordinario- soltanto il Platano di Portosalvo, ad onta della colata di asfalto che quasi soffocò le radici del colosso arboreo e dei miasmi fetidi delle auto che, impietose, bombardano la bella creatura da mattina a sera, affrettandone una prossima…dipartita!
Mons. Buonocore ,nella sua bellissima prosa classicheggiante, riporta l’episodio del poeta e scrittore Alphonse de Lamartine, che trovandosi a Ischia dopo aver visitato l’Isola di…Graziella, aveva l’abitudine di sostare sotto la fresca chioma del Platano prima di proseguire nelle sue lunghe e sudate perlustrazioni isolane. Quell’albero maestoso e tanto attaccato alla vita, fu indicato come il “Platano di Lamartine”: delicato quadretto che mons. Buonocore volle tratteggiare nel suo Libro “Leggende Isclane”.
A Casamicciola le cose sono andate decisamente meglio, perché ventisei Platani degli oltre cento piantati per ordine di re Ferdinando nel 1859 su di un percorso viario di circa due chilometri, vivono egregiamente la loro secolare esistenza in via Cumana, al Corso Vittorio Emanuele e al Corso Garibaldi, malgrado i feroci attacchi degli insetti e quello ancora più terribile del terremoto del 1883!
La piantumazione dei Platani è legata ad una eccezionale realizzazione urbanistica voluta dall’onnipresente Ferdinando II, che nel periodo compreso fra il 1857 e il 1860 portò a compimento la costruzione della chiesa di santa Maria di Portosalvo, l’ampliamento della via Quercia, la realizzazione della via Cretaio, della Borbonica e delle strade Ferdinandea e Maria Teresa d’Austria. (L’Acquedotto di Buceto e la Chiesa dell’Assunta, a Casamicciola, meritano un discorso a parte).
Bisogna ricordare che la Città d’Ischia e l’Università di Casamicciola erano collegate, fino agli inizi del Novecento, da una stradicciola meschina e ripidissima – la via Quercia – che era stata tagliata nel maschione vulcanico del Montagnone e serviva per i carretti, le carrozze e le cavalcature. Lo stesso re Ferdinando, fu costretto a servirsi di questo tratturo in terra battuta per visitare Casamicciola con la carrozza reale nel 1857, anno della inaugurazione della chiesa di Portosalvo. Era veramente una pena per la regina Maria Teresa “ballare” nella vettura trainata da focosi destrieri che, poveretti, ansimavano lungo l’erta della Quercia, disseminata di buche e con le “parracine” sbrindellate e cadenti!
Peggio nelle campagne di Perrone (via Cumana) e sulla salita di san Pasquale che menava alla località dei Bagni di Casamicciola. Una stradina tutta in salita, disseminata di ciottoli, che sbucava all’improvviso nella gola del Gurgitello invasa di acque palustri, fumiganti di vapori sulfurei, che scorrevano all’aperto fra valloncelli e piccoli crepacci alluvionali.
Il re voleva proseguire per il Maio, ma il cocchiere lo sconsigliò, giudicando “pericoloso” quel sentiero selvatico non certamente adatto alle ruote dorate della carrozza reale. Preso dallo sconforto per quel percorso disastroso e amareggiato per le proteste della regina consorte, Ferdinando promise a se stesso di provvedere “ca capa soia”! E infatti messo piede nella “reggia isclana” fece chiamare un “tecnico” del suo seguito ordinandogli un…progettone da far rizzare i capelli in testa all’ing. Quaranta, all’ingegnere Francescon e a tutti quelli che dirigevano i Canteri borbonici!
Nacquero così la Grande Strada Ferdinandea, quella intitolata a Maria Teresa d’Austria, la Borbonica per Forio, la Cretaio per Barano e l’ampliamento della Quercia, compreso il viottolo che da Mezzocammino conduceva al Castiglione e a via Cumana.
Il megaprogetto segnava le linee maestre per il futuro sviluppo dei traffici fra i Comuni costieri e facilitava le frequentazioni fra gli isolani che se ne stavano tappati nelle masserie proprio per la difficoltà della…deambulazione!
Ad opere ultimate (ne dava notizia il “Giornale dell’Intendenza della Provincia di Napoli”) il re disponeva la piantumazione di Platani lungo tutto il percorso delle strade reali, conferendo un tocco di eleganza a quelle arterie che saranno destinate ad accogliere un Turismo internazionale nei secoli XIX e XX secolo.
Gli alberi maestosi furono così testimoni di “riguardo” dello sviluppo economico-sociale dell’Isola e scansarono in più di un’occasione la generale distruzione per eventi calamitosi come il terremoto del 1883, l’alluvione del 1910, i bombardamenti aerei dell’ultima guerra e la diffusione di diverse malattie delle piante originate dai coleotteri.
La presenza massiccia degli alberi reali è segnalata fino agli anni Cinquanta, quando funzionava a pieno regime l’Hotel dei Platani nella località dei Bagni. Poi vi fu un lento ma inesorabile declino di questi alberi giganteschi abbandonati ad un triste destino dalla incuria e insensibilità degli amministratori comunali e degli stessi abitanti della fu strada Ferdinandea e Maria Teresa d’Austria.
Cambiarono i…”regnanti” e anche le targhe marmoree delle strade cittadine. Ferdinando fu sostituito dal re Vittorio Emanuele e la regine Maria Teresa d’Austria da Giuseppe Garibaldi e Principessa Margherita! Oggi 27 Platani (compreso quello di Lamartine) vivono i nuovi tempi, ringraziando il Creatore per la lunga vetustà. Nell’isola d’Ischia c’è ancora qualche Pino centenario, qualche Bongazzone rimbambito e, naturalmente, la Quercia di Matusalemme a Buonopane, la più vecchia di tutti. Vedranno il Giudizio Universale? Glielo auguriamo di cuore!