Quando il “pifferaio” Cristoforo Arcamone detto “barbone” dal Cretaio negli anni ’40 scendeva a Ischia Ponte attirando col suo piffero di canna i bambini del Borgo che lo seguivano facendo festa
Il simpatico personaggio della nostra infanzia per buona parte dell’anno viveva nelle varie grotte dell’entroterra isolana, prima al Cretaio, poi tra le pendici dell’ Epomeo, la Falanga e la Pietra dell’Acqua. Lo chiamavano anche il “Dio dell’Isola”
Lo chiamavano Barbone al secolo Cristoforo Arcamone, per la lunga barba, prima grigia e poi bianca, che gli inondava il volto e gli alterava l’aspetto di persona normale, tanto da trasformarlo in “personaggio” unico e caratteristico di un’ isola viva, fra folklore e vita spensierata paesana. Veniva dal Cretaio dove abitava con la famiglia, sulle alture della boscaglia di Fondoferraio, in linea d’aria dirimpetto all’antica chiesetta del crocifisso del Rotaro. Barbone amava vivere allo stato quasi primitivo, al limite della demenza, ma non era pazzo. Però gli faceva piacere quando lo chiamavano “Dio dell’isola”: Per buona parte dell’anno viveva nelle varie grotte dell’entroterra isolana , tra le pendici dell’ Epomeo, la Falanga e la Pietra dell’Acqua. Scendeva in paese poche volte, solo in giornate particolari, come il giorno della primavera che gli risvegliava fanciulleschi sentimenti. In questo giorno, assumeva le vesti di pifferaio bardato a festa con un cappello in testa a larga falda, colorato, addobbato di foglie di mirto e campanelli veri che emettevano suoni vari ad ogni suo movimento. Portava altresì una sacca e una corda con altri campanelli a tracollo e un flauto di canna costruito da lui stesso fra le mani, che lo portava alla bocca quando decideva di suonarlo con l’abilità di chi conosceva il particolare strumento.
Con quell’armamentario da addobbo, raggiungeva Ischia Ponte, la mattina del giorno di primavera , sfilando per le vie del Borgo al suono del suo flauto e dei campanelli che aveva attaccato addosso. Barbone rendeva omaggio così all’arrivo della Primavera, seguito dai tanti ragazzi del luogo divertiti e pronti a marinare anche la scuola pur di partecipare al clima di festa inscenato dal loro improvvisato e simpatico amico. Lo seguivano per strade che percorreva fino a Punta Molino e al Porto attirando nuovi bambini lungo il percorso tanto da formare un piccolo corteo come accadde con il Pifferaio di Hamelin. Il quale è il soggetto di una leggenda tedesca ambientata nella città di Hameln o Hamelin, in Bassa Sassonia. È anche nota come Il pifferaio magico. Nella sua versione base, che fu oggetto di trascrizione dei fratelli Grimm e messa in poesia da Wolfgang Goethe e dall’inglese Robert Browning, narra di un suonatore di piffero magico che, su richiesta del borgomastro, allontana da Hamelin i ratti al suono del suo strumento; quando la cittadinanza rifiuta di pagarlo per l’opera, questi si vendica irretendo i bambini del borgo al suono del piffero e portandoli via con sé per sempre. A Ischia Ponte invece , erano gli anni’ 50, Barbone era considerato si il “flauto magico” di Primavera, ma con tutt’altre finalità, sicuramente diverse di quelle della leggenda di Hamelin. La storia del flauto di canna, dei campanelli e della deliziosa musichetta di Cristoforo Arcamone in arte Barbone, durò per diverse primavere, facendo felici quei ragazzi di tanti anni fa, compresi noi, e rimarrà scolpita nel libro dei ricordi di un’epoca di poche emozioni, ma buone che l’isola mai più potrà rivivere. Oggi le emozioni sono fatte di un’altra pasta. michelelubrano@yahoo.it