Pubblicazione postuma dell’ultima narrazione del presepe in casa Lubrano dello scomparso prof. Michele D’Arco
DI MICHELE D’ARCO
Una storia familiare che si svolge tre le due sponde del Mediterraneo in un momento storico particolare che precede i pochi anni la tragedia della seconda guerra mondiale. Nel 1933 un dirigente della Compagnia Universale del Canale di Suez in Egitto, di origine procidane, viene ad Ischia in vacanza. Prende alloggio presso l’hotel Floridiana, allora l’unica struttura alberghiera di prestigio. Conosce una sartina , Antonietta Ungaro, che frequentava un atelier sul Porto.
E’ amore a prima vista. Lui ritorna in Egitto: lettere, cartoline, messaggi continui si incrociano tra il Largo Convento ad Ischia Ponte e Port Said. Si sposano e vanno a vivere sulle sponde del Nilo da dove inizia il Canale che aveva aperto le vie dell’oriente alla navigazione evitando il periplo del Capo di Buona Speranza. Un’opera ciclopica alla quale diedero un largo contributo i nostri connazionali, in special modo tecnici e ingegneri di livello mondiale. Giovanni LUBRANO, uomo serio, gran lavoratore, scrupolosissimo si era distinto, prima come pilota marittimo nel Canale di Suez e successivamente nella sua mansione di dirigente amministrativo della Compagnia. Aveva conservato intatti tutti i buoni insegnamenti che la famiglia gli aveva trasmesso assieme ad una cultura di matrice cattolica che mai smise di perseguire. In essa rilucevano particolarmente le belle tradizioni delle nostre contrade che egli continuava a rispettare con puntualità. Il presepe costituiva il suo hobby preferito e, lontano da casa, un’ancora cui era legato per non smarrire i legami con la Ismailia e Port Fuad), e tre maschi (nati a Ischia) Antonio, Michele e Giovan Giuseppe, vennero ad allietare la famiglia che presto avrebbe dovuto lasciare l’Egitto con l’inizio del conflitto mondiale.
Negli anni che precedettero quei terribili eventi Giovanni iniziò a collezionare pezzi rari di statuine che riusciva a trovare in quei luoghi. Il Bambino, la Madonna, San Giuseppe ed altri pastori erano stati modellati con la creta del Nilo. Continua questa ricerca per anni cogliendo ogni occasione per arricchire le sue ideazioni presepiali. Nasce così, sulle sponde del grande fiume, una piccola isola procidana-ischitana costruita intorno all’arte presepiale e ricca di genuina fantasia, mutuata dalle origini della coppia. Ritornati ad Ischia, dove prendono stabile dimora, anno dopo anno, il presepe cresce per ricchezza di motivi ornamentali, ma più ancora per la varietà dei pastori che arricchiscono le nuove realizzazioni. Ogni anno, già verso la fine di ottobre, in casa Lubrano allora, in Vico Marina, nel palazzo del notaio Mazzella ad Ischia Ponte, si cominciava ad armeggiare intorno alla costruzione in legno che avrebbe dovuto supportare il presepe. Erano quelli, i due mesi che precedevano il Natale, i più struggenti dell’anno. L’atmosfera, come in quasi tutte le famiglie del tempo, si tingeva di attesa, di mistero, di qualcosa che annunziava l’Evento straordinario. Assi di legno, chiodi, attrezzi di ogni genere, colori, muschi, verde e tutto ciò che la fantasia e l’estro mettevano in campo, riempivano quelle case animate da sana partecipazione familiare e da tanta allegria. Casa Lubrano si distingueva per la ricchezza dei materiali adoperati, per la varietà dei pastori e per l’impegno che il papà profondeva a piene mani. A chi, ancora oggi, è aduso a queste operazioni presepiali pre natalizie può sembrare una cosa quasi normale, dal momento che in grandi dimensioni o solo in scala ridotta, l’allestimento del presepe, dalle nostre parti continua a giocare un ruolo da protagonista. Ma quello dei Lubrano aveva e continua ad avere una sua particolarità che lo rendeva e lo rende più unico che raro: la continuazione lungo il corso di quasi un secolo dai suoi inizi delle stesse operazioni iniziate in Egitto e via via migliorate fino all’attuale presepe.
Con i pastori del Nilo e con quelli collezionati nel corso di svariati decenni dal degno erede Antonio, il risultato è fantasmagorico. Dai numerosi viaggi attraverso l’Europa e le Americhe, Antonio Lubrano non ha mai mancato di incrementare la già notevole collezione di preziose statuine. Pur nel rigoroso rispetto della tradizione dell’arte presepiale napoletana, il discorso si è andato allargando fino a diventare un motivo di natura globale per la varietà degli acquisti fatti nelle tante località visitate. Un presepe cosmopolita nel rispetto della tradizione nostrana, dove si possono individuare pastori acquistati nel Nord e Sud America, alle Haway, in Inghilterra, Svizzera, Austria, Germania, Francia. Ogni anno il medesimo impegno, ogni anno rimette mano ad un’opera, sempre nuova, sempre rifatta da capo. Due ore di lavoro quotidiano per oltre un mese, con la pazienza che solo chi ha dentro il fuoco della passione, sono necessarie per completare l’opera.
“Se ti manca questa formidabile spinta è meglio che non ci provi”, asserisce con fermezza Antonio Lubrano, il continuatore dell’opera. Il numero dei pezzi è andato crescendo sempre più – sono oltre 700 – con l’intento di dare al presepe una caratura globale; ad oggi mancano…solo quelli che arriveranno da qualche altro pianeta. Ma la storia non finisce qui, perché nel rispetto delle formalità canoniche, alla mezzanotte della vigilia si rinnova la cerimonia della deposizione del Bambino Gesù sul fieno della mangiatoia in un toccante momento di generale commozione. Luci, canti natalizi e piccole batterie di fuochi pirotecnici annunziano il Mistero della Natività. E come in tutte le storie a lieto fine vi è la conclusione del lungo periodo che si dipana attorno al Natale con una festa familiare, la “Festa del Bambino”, alla quale quasi sempre, è presente il Vescovo diocesano. Negli ultimi anni il compianto Mons. Filippo Strofaldi è stato sempre presente portando il suo illuminato messaggio e la sua conclusiva benedizione. Tale tradizione ebbe inizio alla fine degli anni ’40 con la partecipazione del Santo Vescovo Ernesto de Laurentiis, del parroco Vincenzo Cenatiempo e dal Canonico Michele Cortese. L’ultimo Vescovo che ha benedetto il presepe in Csa Lubrano fino allo scorso anno è stato il Vescovo Pietro Lagnese.
Natale senza il presepe non è Natale. In casa Lubrano, ancora di più. Una tradizione familiare che dura da oltre cento anni (1905), ereditata dai fratelli Antonio, Michele e Giovan Giuseppe, non solo macina record su record, ma si abbellisce, anno dopo anno, di nuovi motivi decorativi che vanno ad arricchire lo straordinario complesso presepistico. La storia inizia in Egitto dove il capo famiglia Giovanni Lubrano, è dirigente presso la Compagnia Universale del Canale di Suez. Di origine procidana, porta con sé tutti i valori della fede tramandatigli dai suoi genitori e dall’ambiente religioso nel quale si è formato. E’ lì che per Natale, insieme alla sua consorte ischitana Antonietta Ungaro trasforma la sua bella casa in un angolo dove la tradizione del presepe si sposa all’ambiente locale, l’Egitto ed assembla materiali provenienti anche dalle rive del Nilo. La fuga in Egitto della famigliola di Nazareth, di cui parlano i Vangeli, diventa un motivo di struggente riflessione per la comunità italiana che per Natale si riunisce attorno al simbolo della Natività.
Tornati ad Ischia, i Lubrano vanno ad abitare in una casa nel centro del Borgo Antico di Ischia Ponte dove la tradizione del presepe, da secoli, è motivo di impegno e di ricerca di novità da esporre a familiari ed amici. Le chiese, gli angoli caratteristici di Ischia Ponte e la plurisecolare dedizione dei suoi abitanti alle attività legate alla religione, diventano incentivo e stimolo a fare sempre più belli i vari presepi. Già dagli inizi di novembre parte il via vai che prelude alla realizzazione del presepe che deve essere pronto per le attese novene. Il papà Giovanni, aiutato dai figlioli che crescevano, iniziava i preparativi per la consueta realizzazione che doveva presentare sempre novità che lo rendevano felice. Questi i motivi fondanti intorno ai quali Antonio principalmente e fratelli, raccolto il testimone del padre prematuramente scomparso (1955), iniziarono quella che sarebbe diventata, non solo una tradizione, ma anche esempio di arte presepiale, chenegli ultimi decenni, ha visto cimentarsi nell’isola, una nutrita schiera di appassionati che hanno conquistato posizioni di vertice a livello nazionale. La caratteristica che più salta all’occhio del visitatore è la policroma moltitudine dei pastori che arricchisce la scena. Sono statuine collezionate, non solo secondo la tradizionale del settecento napoletano, ma provenienti dalle più disparate località dei vari paesi visitati dai Lubrano.
Vi sono pastori del periodo egiziano, altri raccolti in California, Messico, Argentina e dalle tante altre località visitate. Il tutto, pur nella diversità stilistica, diventa un unicum armonioso che colpisce il visitatore. Il colpo d’occhio, specialmente per chi viene in visita per la prima volta, è abbagliante. Ogni angolo ha il suo rigoroso significato che si innesta nella tradizione dell’arte presepiale. Le scene sono quelle tipiche del presepe napoletano che diventa spettacolare quando abbraccia, inserendoli nel contesto, anche ambienti e personaggi provenienti da lidi lontani. Dal particolare all’universale, riassumendo il concetto dell’universalità del messaggio del Redentore che si fa bambino. Ed è festa, non solo per i bambini, perchè davanti al presepe anche gli animi più scettici vengono coinvolti nell’atmosfera che da esso promana. E’ il mistero del Natale che continua e conquista. Ma Antonio Lubrano non si ferma qui. Seguendo le antiche tradizioni familiari persegue un programma che prevede momenti significativi delle varie fasi in cui si articola la rievocazione del mistero del Natale. Allo scoccare della mezzanotte della vigilia, presente l’intera famiglia, tra suoni ed incensi, viene deposto il Bambino nella mangiatoia. Passata, poi, l’Epifania, con la partecipazione di S. E. il Vescovo e di un nutrito gruppo di amici, viene riposto,il Bambino che attenderà l’anno successivo per la nuova edizione. Auguri ai Lubrano ed a quanti portano avanti con impegno questa bella tradizione che, pur nella sua candida semplicità, diventa il simbolo del mistero del Natale.
Foto di Giovan Giuseppe Lubrano Fotoreporter