Premio ‘Don Pietro Monti per i giovani’ Lacco Ameno ricorda lo studioso, l’archeologo, il sacerdote
Dalla Pro Loco Lacco, con il patrocinio del Comune, l’istituzione di borse di studio intitolate alla memoria di un gigante dell’archeologia campana e nazionale. Un esempio di come l’esplorazione del passato possa trasformarsi in punto di partenza per una nuova idea di paese e comunità.
Ricordare la figura e l’operato di Don Pietro Monti è un atto doveroso. Riconoscere, in un mondo di memorie volatili e amnesie diffuse, il suo apporto fondamentale alla storia dell’archeologia ischitana, spaziando dallo scavo allo studio, dall’allestimento museale ai problemi di conservazione e, infine, di valorizzazione e fruizione di un patrimonio (di prim’ordine, per valore e ampiezza), è il minimo che una comunità possa (e debba) fare. Senza peraltro tralasciare il suo ruolo, egualmente prezioso, di sacerdote e Rettore della Basilica di Santa Restituta a Lacco Ameno.
La prima edizione del Premio “Don Pietro Monti per i giovani”, istituito dalla Pro Loco Lacco con il patrocinio del Comune, è una di quelle occasioni in cui anche la retorica unanimistica gode di totale porto franco. Collaboratori, allievi, studiosi, fedeli, parenti, cronisti. Si vorrebbe frenare il motore dei ricordi, arginare il rimpianto di non averlo più tra noi. Perché Don Pietro Monti, scomparso nel 2008, resta una figura che ha segnato la vita sociale e culturale del nostro territorio. Un occhio puntato verso il cielo, attraverso una lunga vita di servizio sacerdotale, e l’altro diretto alla terra e a ciò che custodiva, alla ricerca di tracce del nostro passato e della nostra storia. Sempre immerso tra i suoi “cocci”, animato dalla passione (quasi) totalizzante per l’archeologia. Tenace contro ogni ostacolo, insidia, scetticismo, pur di esplorare, rischiare, illuminare, anche con solennità, ma senza pedanteria, ogni aspetto allora oscuro delle nostre antichissime radici. La miccia si accende nel 1951, quando durante la rimozione di un pavimento del ‘700, nella chiesetta della basilica, emerge un altro pavimento a piastrelle maiolicate del 1470. Più giù, ancora altro. Da quel momento, Don Pietro Monti non si è più fermato: anni di studio, sopralluoghi, ricerche, scavi, ricognizioni in molteplici aree dell’isola, affannoso reperimento delle risorse e poi – naturalmente – la conservazione, la tutela, l’interpretazione, la fruizione in spazi adeguati, le pubblicazioni. L’archeologia come strumento per comprendere il mondo moderno, non solo quello antico. Con slancio e spirito intuitivo fuori scala, senza perdere di grinta, d’agilità, di meticolosità nell’alternanza dei ruoli e nell’avanzare degli anni.
Una realtà, quella che il sacerdote-archeologo ha riportato alla luce, che non si esaurisce nella pur luminosissima esperienza degli insediamenti greco-ellenistici e romani sull’isola d’Ischia, ma che si spinge nel Tardo Antico e nell’Alto Medioevo. Grazie a una mole di reperti che permettono la lettura di un intero capitolo della storia isolana. Un dato quantitativo sorprendente, quello raccolto, che contribuisce in maniera significativa a ricostruire un panorama storico e non solo, con ampiezza di dettagli che in altri luoghi non è stato possibile raggiungere. Anche in questo Don Pietro Monti è stato un pioniere.
Per le ormai note (e intricate) vicende che hanno portato alla chiusura del Museo degli Scavi di Santa Restituta, buona parte di questo patrimonio oggi non è fruibile. Il suo amore per la storia e l’archeologia, essenza della sua eredità culturale, è invece ancora feconda. Meritevole di essere preservata, studiata, trasmessa alle nuove generazioni.
Lo ha ricordato anche Vincenzo Morgera, presidente della Pro Loco Lacco, domenica sera in occasione della presentazione e assegnazione del Premio, avvenuta nel sagrato della Basilica di Santa Restituta. «Nel commiato inserito nelle pagine finali del suo famosissimo libro “Ischia, archeologia e storia” – ha dichiarato Morgera – Don Pietro Monti si rivolge ai giovani con un appello accorato, quasi un presagio dell’epoca storica attuale, in cui appare sistematica la demolizione della memoria del passato. «Ricordate che di quest’isola, così carica di storia e di fascino, sconvolta da fenomeni tellurici, devastata da barbari invasori, avvolta in scenari estatici, va tutto salvato. Anche i “cocci”, ultime reliquie di distrutti monumenti, nella forma più insignificanti, pur essi parlano, si levano giganti, come l’Epomeo nel sereno incanto della natura, al pari dell’avvenimento storico e restano segni imperituri della civiltà a cui apparteniamo. Io la lascio a voi, giovani! Amatela, studiatela, custoditela, difendetela!». E’ questo il senso di un premio dedicato alla sua figura, ma rivolto soprattutto alle nuove generazioni. Un invito a non disperdere questa eredità culturale, a rinnovare il culto di Santa Restituta, a rispettare il delicatissimo (in parte già compromesso) equilibrio del territorio.
Il Premio Don Pietro Monti per i giovani è diviso in due sezioni: grafica e letteraria. Al primo classificato di ogni categoria una Borsa di studio del valore di € 250. La Giuria tecnica composta dagli architetti Roberta Piscopo e Roberto Lupa ha assegnato il 1° premio sezione grafica a “Kids’world” di Alissa Scandiuzzi, Giulia Catuogno, Giorgia Scumace, Karola Lupoli, Alessia Iacono e Laura Verde. Un bel team, tutto al femminile, della classe III B con un progetto della ludoteca comunale proposto come esercitazione in tutte le classi dell’Istituto dalle docenti di arte e immagine Medea Gagliardo e Giada Luiso. Vincitrice della borsa di studio per la sezione letteraria è invece la studentessa Asia Spignese con la composizione “Il paese che vorrei”. Gli architetti della Giuria tecnica sono rimasti colpiti da alcuni lavori fuori concorso che la Pro Loco e il Comune hanno voluto premiare in qualche modo con un libro e una penna. I piccoli autori sono Sara Cellammare della classe II B e Bruno Di Meglio della I B.
Le premiazioni sono state precedute da numerosi interventi che hanno ricordato la figura di Don Pietro Monti. A cominciare dal Prof. Sebastiano Monti, già Ordinario di Geografia presso l’Università di Salerno ed il Magistero “Suor Orsola Benincasa” di Napoli, nipote del sacerdote archeologo. Della vasta e nutrita aneddotica, alcuni cenni, quasi dei flash, che «consentono di trasmettere alle nuove generazioni, i lineamenti essenziali di Don Pietro Monti come studioso, archeologo, sacerdote». Self made man, tenacia e volontà rare che gli permettono di raggiungere gli obiettivi che si era prefissato. Avversato, quasi snobbato dalle Istituzioni regionali ufficiali, e forse pure dalle élite scientifiche, perché ritenuto sprovvisto dei titoli accademici specifici, «Don Pietro Monti ha saputo percorrere i complessi, talvolta imperscrutabili meandri dell’archeologia regionale nazionale andando sempre dritto, avanti, senza mai guardarsi indietro». Gli anni della formazione, delle scoperte, dello studio ventennale, incessante, quasi monacale, sui reperti rinvenuti, fino alla fase finale delle sue ricerche, quando si apre ai congressi e convegni nazionali. «Un approccio graduale, da spettatore silenzioso a presenza attiva e autorevole», sottolinea il Monti, «con scritti e interventi che lo hanno portato a compiere una scalata prodigiosa nell’ambito della gerarchia archeologica nazionale.» Fioccano gli inviti (anche come relatore ufficiale) a convegni, dove si fa notare non solo per i risultati sorprendenti delle sue ricerche e campagne di scavo, ma «anche grazie a una spiccata capacità espositiva innata, un’ars oratoria coltivata nel corso della sua giovinezza e nel solco di suo fratello Sebastiano, frate agostiniano a Napoli e tra i maggiori oratori della storia partenopea di quegli anni.»
Escalation che raggiunge lo zenith nel riconoscimento che, nella seconda metà degli anni ’80, gli tributa il Pergamonmuseum di Berlino Est, forse il museo archeologico più prestigioso al mondo. Prima con la copertina della rivista semestrale del Museo, poi con una foto, grande quanto un’intera parete, negli spazi espositivi. «L’onore più grande a cui ogni scienziato o studioso di archeologia potesse aspirare», chiosa il professore.
Gianpietro Calise, Dirigente scolastico del Liceo Statale Ischia, ne ha ricordato la figura di sacerdote e insegnante di religione, «la sua capacità di raccogliere tanti giovani attorno al culto di Santa Restituta. Un culto che seppe mantenere vivo anche tra le comunità di emigrati nelle Americhe. Un uomo geniale, di grandi intuizioni ed energia. Un esempio, non solo un maestro.»
Le archeologhe Maria Lauro e Mariangela Catuogno ne hanno raccontato soprattutto gli aspetti di studioso profondamente coinvolto nelle ricerche, la capacità umanissima di trasformare il suo “laboratorio” sotto la basilica in autentico magnete per tanti giovani archeologi che qui venivano a formarsi e imparare. «Dal suo epistolario, donato dalla famiglia alla Biblioteca Antoniana di Ischia – ha osservato la Lauro – siamo in riusciti a capire come si è rapportato con i suoi colleghi. Vedeva una netta connessione tra archeologia e geologia. Incontri con Rittman, Buchner, partivano quasi tutti i giorni per le loro ricerche sul campo. La sezione geologica aperta di recente al Museo Pithecusae di Villa Arbusto è frutto anche delle passeggiate di Don Pietro.» Non vi fu rivalità o conflittualità con Giorgio Buchner, il leggendario archeologo che portò alla luce la Coppa di Nestore e aprì uno squarcio decisivo per ricostruire la storia di Pithekoussai e dell’intero mondo antico. «C’era stima, amicizia. Amavano lo stesso mondo, storia e territorio», sottolinea la Catuogno. «Studiare il quartiere artigianale di Santa Restituita significa compiere un viaggio di 2000 anni dentro la nostra storia. E tuttavia, come si augurava Don Pietro, mai adorare le ceneri, non studiare il passato in modo cristallizzato, ma come punto di partenza per ripensare il paese.» Altri aneddoti, incontri, successi. Il convegno a Roma alla fine degli anni ’70, quando per la prima volta presentò gli Scavi di Santa Restituta al mondo scientifico ecclesiastico. O quando, in occasione della visita a Ischia di Giovanni Paolo II, bloccò la “papamobile” proprio in prossimità della Basilica perché, in fondo, è «da qui che è partito il cristianesimo sull’isola.» Hanno poi preso la parola Assunta Barbieri, dirigente dell’IC “V. Mennella” di Lacco Ameno, la giornalista Isabella Marino, la direttrice della Biblioteca Comunale Antoniana Lucia Annicelli, l’insegnante Annamaria Geladas. «Ricordare Don Pietro Monti è un obbligo morale di riconoscenza», ha affermato il sindaco Giacomo Pascale. «Con questa borsa di studio, il suo nome sarà legato per sempre alle nuove generazioni. Magari un giorno, qualcuno afferrerà la sua eredità storica e archeologica per tracciare nuovi e inediti cammini.» Fatale dichiarazione d’intenti: «E’ nell’intenzione di questa amministrazione consolidare una rete culturale che comprenda gli Scavi di Santa Restituta, Museo Pithecusae e il sito di Mazzola. Sento forte il dovere di riconoscere il lavoro di uomini come Don Pietro Monti e Giorgio Buchner. Sarà il mio impegno per il futuro.» Vedremo.