Si muove ancora lo scacchiere della controversia che oppone il Comune di Lacco Ameno alla società concessionaria del molo turistico. Stavolta la decisione dell’autorità giudiziaria, nello specifico del Tribunale civile, è favorevole all’ente di Piazza Santa Restituta, in quanto il giudice ha revocato il decreto emesso “inaudita altera parte” lo scorso 31 luglio, che a sua volta aveva sospeso la provvisoria esecutività del decreto ingiuntivo con cui il Comune chiedeva il versamento del canone annuale della stagione 2019 da parte della società Marina di Capitello Scarl. Una decisione che potrebbe avere un peso molto rilevante quando le parti si ritroveranno davanti al Tar per l’udienza di merito. Alcuni forse ricorderanno la serrata questione: constatato il mancato pagamento del canone, il Comune aveva sollecitato il concessionario, che lo scorso luglio aveva avviato la procedura di definizione bonaria della controversia. Soluzione respinta dal Comune, che richiese il pagamento integrale dell’intero canone annuale di 170mila euro, facendo poi seguire nuova richiesta tramite Decreto ingiuntivo. L’esecutività di quest’ultimo era stata appunto sospesa dal Tribunale lo scorso 31 luglio. Intanto, il 23 luglio l’amministrazione aveva avviato la procedura preordinata alla revoca dell’affidamento, che si è poi conclusa il 14 agosto con la revoca, disposta con provvedimento del dirigente del settore lavori pubblici, proprio in piena stagione turistica. Successivamente il Tar accolse il ricorso cautelare proposto dalla società, “congelando” la revoca, per poi fissare a gennaio la trattazione di merito della controversia, quando si deciderà il destino di questa contrastata concessione. Adesso, tuttavia, la decisione del Tribunale, giudice Guglielmo Manera, segna un punto “pesante” a favore del Comune, in quanto smonta le argomentazioni poste alla base della richiesta di sospensione dell’esecutività del decreto ingiuntivo, di fatto rendendolo nuovamente esecutivo. In sostanza, il Comune da oggi potrebbe anche procedere a pignoramento, anche se è probabile che ogni nuova determinazione sarà subordinata all’esito della controversia davanti al Tar tra un mese.
Innanzitutto, la società Marina di Capitello contestava la competenza dell’autorità giudiziaria ordinaria a favore della devoluzione a un collegio arbitrale di tutte le controversie insorte fra le parti in ordine all’interpretazione e all’applicazione del contratto, ma il tribunale ha appurato che nel caso specifico è assente una specifica autorizzazione alla devoluzione ad arbitri delle controversie in questione, quindi “la clausola contrattuale che la dispone sembra affetta da nullità e, di conseguenza, appare sussistente la cognizione dell’Autorità Giudiziaria Ordinaria – non già del collegio arbitrale – sulla materia del contendere”.
Poi il giudice scende nel merito e afferma che “il credito di € 170.000,00, pari al canone dell’anno 2019, è documentato dall’art. 5, lett. j), del contratto”, per poi rigettare gli altri motivi di contestazione avanzati dalla società che fa capo a Giuseppe Perrella, la quale aveva innanzitutto eccepito “la mancata liberazione di aeree oggetto dell’affidamento in concessione illegittimamente occupate da terzi ignoti”, e poi “la mancata consegna del locale già adibito a sede della Capitaneria di Porto e, quindi, l’impossibilità per la società opponente di eseguire le opere previste dal progetto approvato dall’Amministrazione […] (danni documentati e quantificati in € 497.388,89)”.Tuttavia entrambe le circostanze secondo il Tribunale “non implicano, neanche in punto di prospettazione, la totale indisponibilità dell’immobile concesso all’opponente, in presenza della quale soltanto è consentita ex art. 1460 c.c. la sospensione del pagamento del canone, secondo un principio di diritto dettato in materia di locazione, da ritenersi analogicamente applicabile [..] anche alla presente fattispecie negoziale”.
Inoltre la società aveva lamentato “l’inutilizzazione dei beni assentiti (dal 21.11.2018 alla seconda metà del mese di luglio del 2019 e dal 23.12.2019 ad oggi) per circostanze assolutamente non imputabili all’opponente società ma a provvedimento dell’Autorità e/o ad altri soggetti (affidatario dei lavori) […]”. Ma il giudice scrive che “non si comprende a quali fatti la concessionaria intenda riferirsi come causa di indisponibilità dell’immobile da essa goduto, né, in ogni caso ciò è allo stato corroborato da prova scritta”.
Un ulteriore motivo di contestazione della Scarl era “l’omesso rimborso e/o compensazione di € 172.841,80, oltre IVA, corrispondenti alla somma effettivamente sborsata dalla Società Marina del Capitello al fine del ripristino e della sostituzione dei pontili e delle strutture galleggianti danneggiate per effetto della mareggiata del 23.02.2018, in conseguenza del comportamento colpevole dell’Amministrazione Comunale e della sua Ditta affidataria […]”, però secondo il giudice non è stato chiarito il titolo in forza del quale il Comune dovrebbe rimborsare il presunto credito portato in compensazione degli importi oggetto di causa.
Infine la Marina di Capitello lamentava un “danno da concreta ed effettiva perdita di chance, quantificabile in Euro 300.000,00, per l’impossibilità, in danno della società istante, di ormeggio e previsioni per la stagione 2019 in conseguenza dell’impossibilità di utilizzare le aree e gli specchi acquei oggetto dell’affidamento fino alla metà del mese di Luglio 2019, per effetto del ritardo nell’esecuzione dei lavori di rifazione e consolidamento della scogliera (I lotto)”. Tuttavia – spiega il Tribunale – si tratta di un controcredito all’evidenza non liquido, non sostenuto da prova scritta e generico quanto ai ritardi imputati all’ente e al termine che esso avrebbe lasciato scadere invano. In definitiva, dunque, dal momento che è provato il credito vantato dal Comune, secondo il Giudice la società non ha avanzato motivi di opposizione sostenuti da prova scritta o di pronta soluzione e “pertanto, non si ravvisano i gravi motivi richiesti dall’art. 649 c.p.c. per la sospensione dell’efficacia esecutiva del provvedimento monitorio”. È stato così revocato il decreto emesso “inaudita altera parte” il 31 luglio, e rigettata l’istanza di sospensione della provvisoria esecutività del decreto ingiuntivo. Il giudice ha inoltre rimesso la decisione sulle spese di lite al verdetto definitivo. La partita si deciderà davanti alla magistratura amministrativa.