Polverino, è l’armonia il segreto di una buona architettura
Gianluca Castagna | Lacco Ameno
– Con tenacia, concretezza e volontà è riuscito a organizzare un workshop di progettazione urbanistica in tempi brevissimi. Un’iniziativa che pone le basi per una futura collaborazione tra il comune di Lacco Ameno e l’Università “Federico II” di Napoli. Il professor Francesco Polverino, coordinatore CdS in Ingegneria Edile-Architettura, lancia la sfida ai suoi allievi per rileggere e reinterpretare una delle aree più significative del territorio lacchese. Ristabilire rapporti fra edifici e spazi aperti, fra pubblico e privato, fra architettura e natura, fra singoli cittadini e collettività. Al professor Polverino, origini familiari tra Lacco e Casamicciola, abbiamo chiesto di spiegarci cosa avviene, oggi, in un settore importante come l’architettura progettuale.
Luogo, storia, funzione, contestualizzazione. Hanno ancora un valore nella progettazione o vengono percepiti come un limite alla creatività?
«La creatività progettuale va da sé, non c’è necessità di vincoli. Possiamo metterne quanti ne vogliano, di limiti, ma gli studenti e i progettisti in generale hanno la forze e le competenze per superarli, per esprimere comunque la loro creatività. Il limite è sempre un barriera se lo viviamo come dato fisico, ma è anche il punto oltre il quale si va verso l’ignoto. Verso la ricerca, la sperimentazione, la creatività».
Qual è la situazione oggi? E’ vero che si preferisce costruire ex novo piuttosto che concentrarsi sull’esistente? .
«Dipende dalla mentalità e dalle cognizioni che si possiedono. Un costruito consolidato non dovrebbe mai essere toccato nelle radici, ma può essere valutato nel suo evolversi. Riesce quindi ad avere un momento di ripartenza. L’ex novo non si fa quasi più. Lo si fa se e quando si abbatte il vecchio per fare il nuovo».
Ragionando di progettualità urbanistica si pensa sempre ad aggiungere. Non bisognerebbe pensare a togliere, ogni tanto? Lasciare spazi aperti?
«Andiamo nello specifico, prendiamo Piazza Santa Restituta a Lacco Ameno. Una piazza dove alcune cose sono state aggiunte nel corso del tempo, con estrema confusione. Secondo lei vanno tolte o aggiunte? Il rischio maggiore è quello della discontinuità, della confusione. Nel momento in cui c’è necessità di dare qualcosa, perché magari vogliamo che la piazza venga di nuovo abitata, allora aggiungiamo. Il problema è un altro: lì c’è un quartiere, il rione Ortola, che ignora la piazza. Qual è la piazza dei lacchesi, quella dell’estate, dove c’è di tutto e di più, o quella d’inverno dove ci sono solo loro? Gli studenti impegnati nel workshop dovranno tenere conto anche di questa considerazione: esistono due piazze, quella invernale e quella estiva. Qual è quella autentica?».
A Ischia scontiamo i danni di un’ingegneria che ha trascurato l’urbanistica e forse il buon gusto. Ma il buon gusto esiste? Come trovare una sintesi armonica tra linguaggi in conflitto tra loro?
«Il buon gusto è un dato soggettivo. Quello che esiste, ed è universalmente riconosciuto, è l’armonia dei componenti messi assieme. Cultura e sensibilità sono gli strumenti privilegiati per ricercare l’armonia».
A Ischia è forte il timore che il paesaggio venga manipolato. Lei che idea si è fatto?
«Il paesaggio è già stato un po’ distrutto da tempo. Noi abbiamo una data importante nella storia dell’isola d’Ischia che è il 1883. Nel momento in cui si è verificato il grande terremoto di Casamicciola, l’isola non ha mantenuto più la sua tradizione. E’ iniziata una lenta decadenza verso dei modelli che non esistono. Non esiste più il modello dell’architettura mediterranea, al di fuori di Ischia Ponte, forse, e di Sant’Angelo, anche qui però molto compromesso. Si sono persi elementi della cultura contadina, rintracciabili nelle zone più interne dell’isola».
Quali sono oggi gli strumenti che permettono di riconoscere in un progetto un buon progetto?
«Sono gli elementi che danno un’immediata risposta alle esigenze della popolazione. Date a vari livelli, perché esiste una stratificazione della popolazione e dell’utenza. Nulla è più difficile di un progetto urbano. In questo caso, da elaborare in tempi strettissimi. Ma è bene che i ragazzi si abituino a farlo in tempi debiti, il rispetto dei tempi è importante. L’architettura è un’arte che, a differenza delle altre, può essere percepita attraverso tutti i cinque sensi. Li allerta tutti. Se l’armonia è percepita da tutti i cinque sensi, sarà stata fatta una buona architettura».