LE OPINIONI

Perché tu sì e io no? Parliamo di invidia, la più “inconfessabile” delle emozioni

Honore de Balzac sosteneva che “L’invidia è il più stupido dei vizi, perché non esiste un solo vantaggio che si guadagni da esso”. Quanto siete d’accordo con questa citazione? Davvero è un’emozione stupida e inutile?

Che succede se l’erba del vicino è più verde?

Lo scrittore e poeta spagnolo Francisco de Quevedo scriveva “L’invidioso piange più del bene altrui che del proprio male”. Un giorno prendiamo consapevolezza che qualcuno ha qualcosa che noi non abbiamo. Conosciamo una persona sembra avere tutto ciò che si può desiderare nella vita. Osserviamo che altri raggiungono quei traguardi che noi ci eravamo prefissati, ma senza risultato. A quel punto siamo pervasi da un’emozione spiacevole. La sentiamo chiaramente nel corpo: sentiamo la muscolatura tesa, i denti stretti, una stretta allo stomaco. L’impulso (non per forza agito, per fortuna) è quello di sminuire l’altra persona, svalutare le sue qualità, fino addirittura a desiderare che perda ciò che ha ottenuto. Nell’eventualità che quella persona  fallisca o abbia un colpo di sfortuna, potremmo provare qualcosa di simile al sollievo.

Tutto ciò sembra davvero ignobile, da vigliacchi. Siamo davvero così crudeli?

Perché la volpe dice che l’uva non è matura

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La semplice osservazione del fatto che qualcuno ha ciò che noi non possediamo, può determinare una cascata di pensieri. Potremmo pensare che di essere dei falliti, dei mediocri, degli incapaci. Potremmo pensare che non meritiamo quella felicità che gli altri hanno, perché noi, al contrario, siamo privi di valore. Oppure, potremmo pensare che la vita si è accanita contro di noi, che la fortuna bacia solo gli altri, e questo ci dà una sensazione di totale mancanza di controllo sugli eventi. Insomma, tutti questi pensieri non possono certamente farci sentire bene. Al contrario, determinano vissuti di profonda tristezza, vergogna, senso di colpa e rabbia che saranno tanto più intensi quanto più la nostra autostima è bassa. Non c’è da stupirsi che ognuno di noi desideri uscire da questo stato doloroso. Difficilmente, poi, ammetteremmo di essere invidiosi, perché questo equivale ad un’ammissione di frustrazione e fallimento. La reazione di svalutazione nei confronti dell’altra persona, invece, ci permette di ripristinare una sorta di equilibrio. Convincendoci che ciò che possiedono non è poi così desiderabile, potremmo alleviare quel dolore connesso al sentirci dei falliti. Se poi, ancora, ci convinciamo che in realtà gli invidiosi sono loro, è ancora meglio: il pensiero che siamo loro ad invidiare noi e a desiderare il nostro male ci aiuta a risollevarci e a reagire all’umiliazione, alla vergogna e al senso di colpa.

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L’invidia è funzionale e difensiva: ci protegge quando il dolore è troppo forte. Come tutte le emozioni, per quanto utile, comporta dei rischi nel momento in cui prende il sopravvento e, soprattutto, quando non ne siamo consapevoli. L’invidia potrebbe travolgerci, renderci frustrati e carichi di risentimento. Non solo: può danneggiare le nostre relazioni nel momento in cui innesca un “pilota automatico” che, senza consapevolezza, ci porta a prendere le distanze dagli altri, criticarli, disprezzarli, per poi ritirarci nella nostra torre d’avorio, carichi di arroganza e rancore.

Quando l’invidia è una risorsa?

Esiste anche un’altra fondamentale funzione dell’invidia. Questa emozione, infatti, ci segnala la presenza di un distanza tra ciò che abbiamo e ciò che vorremmo. Abbiamo dei desideri, ma la loro realizzazione è ancora lontana. L’invidia non determina sempre (o, comunque, non solo) un impulso a sminuire e svalutare gli altri e la loro felicità. Spesso riusciamo ad essere consapevoli di questa emozione, ricollegarla ad un desiderio (ad esempio, “La mia vita così com’è non mi va bene. Io desidero un lavoro migliore\un aspetto diverso\vivere in un’altra città”) e trasformarla in un piano d’azione (“Cercherò una nuova occupazione\farò una dieta\valuterò un trasferimento”). L’invidia è anche quel “vorrei ciò che hai tu, grazie per avermelo fatto notare, ora  mi rimboccherò le maniche e cercherò di ottenerlo”. Se possediamo una sufficiente capacità introspettiva, una buona autostima e tanta determinazione, il desiderio di veder fallire gli altri potrebbe anche essere molto debole o inesistente. In questi casi, l’invidia si trasforma in risorsa, come un motore che ci motiva a fare del nostro meglio.

Cosa fare allora quando proviamo invidia?

Prenderne consapevolezza, accettarla, ascoltarla e non sentirci crudeli se ci capita di invidiare qualcuno. Si tratta di una reazione naturale, spesso involontaria e passeggera, e soprattutto difensiva. Piuttosto, facciamo un bel respiro e lasciamola andare. Focalizziamoci su di noi e su ciò che ci manca. Trasformiamola in una spinta positiva e costruttiva per fare di meglio. In questo modo riusciremo a non sentirci inferiori e insoddisfatti, a gioire dei successi e delle gioie altrui con autenticità e ad avere relazioni più sane.

Articolo della dottoressa Tiziana Di Scala (tel. 3208531292)

“Liberamente” è curata da Ilaria Castagna, psicologa, laureata presso l’Università degli Studi de L’Aquila, specializzanda presso la Scuola di Psicoterapia Cognitiva Comportamentale di Caserta A.T. Beck

Tel: 3456260689

Email: castagna.ilaria@yahoo.com

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