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«Perché si muore? Le strade sono un far west»

L’incidente mortale che è costato la vita a Maurizio Di Massa è l’ennesimo sulla nostra isola, dove l’asfalto è sempre più rosso sangue. Con Anna Di Scala, presidente del comitato “La strada del buonsenso” abbiamo provato a capire cosa succede: non mancano spunti polemici ma anche un senso di profonda rassegnazione e incredulità

L’ultima tragedia in ordine di tempo è stata quella che ha portato alla morte di Maurizio Di Massa: nell’attesa di capire cosa l’abbia determinata, resta un dato di fatto: questa drammatica scia di incidenti stradali che perseguita Ischia si è andata allungando.

«Sì, purtroppo è così. Prima ancora della perdita di Maurizio avevamo avuto quella di Gaetano Sportiello nel mese di dicembre, fatto che mi ha toccato molto da vicino dal momento che si trattava del mio compagno. Ma nonostante questa scia di sangue non si arresti, non si riesce a capire perché accadano tutti questi incidenti. Succede ormai sempre, anche in condizioni di visibilità ottima e con strade asciutte e via discorrendo. Alle volte ci si sente impotenti, non comprendiamo quello che succede e perché: in determinate circostanze verrebbe quasi da pensare che qualcuno è così incivile da causare un sinistro e poi andare via ma ovviamente se questo scenario dovesse essere verosimile è chiaro che ci troveremmo dinanzi a un qualcosa di assurdo, non resterebbe che gettare la spugna. Vengono momenti, credimi, in cui si pensa che non ci sia più la possibilità di sperare in un miglioramento della nostra sicurezza stradale. Però…».

Però?

«A volte però gli scenari che si parano davanti ai nostri occhi sono davvero avvilenti. Ci guardiamo intorno ed assistiamo ad un autentico far west sulle nostre strade, dal pedone che si lancia negli attraversamenti più arditi e pericolosi, alle precedenze non rispettate agli incroci, finendo con coloro che vogliono passare a tutti i costi o che magari parcheggiano dove gli fa più comodo solo perché non vogliono percorrere nemmeno i pochi metri a piedi fermando l’auto in un parcheggio consentito. Un malcostume sempre più diffuso e generalizzato, al quale poi si è aggiunta un’altra beffa».

A cosa fa riferimento?

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«Al problema sorto con gli autovelox. Avevano rappresentato un eccellente deterrente, perché sicuramente la maggior parte degli incidenti, e in particolare quelli che hanno conseguenze più gravi, è dettato dall’alta velocità. Va da se dunque che il contenimento della stessa (per quanto non esista una velocità sicura) di certo riduce i danni».

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Quanto siete rimasti delusi da quanto successo e da quanto verosimilmente succederà ancora con gli autovelox?

«Inutile nasconderlo, la delusione è tanta perché al di là di quello che la legge stabilisce, nel senso che può anche dare ragione in sede giudiziaria all’avvocato che ha impugnato la contravvenzione per conto del proprio cliente, esistono valutazioni e riflessioni di ordine morale, di senso civico. Mi spiego meglio: cavalcare l’onda del cavillo giuridico semplicemente per motivi – mi spiace dirlo – di natura pecuniaria è molto triste. Qui parliamo di vite umane, di esistenze spezzate, o anche di persone che riportano danni permanenti che non torneranno più ad essere quelle che erano prima. Quindi a mio avviso andavano rispettare in primis norme di senso civico. Un vero peccato perché sugli autovelox era stata portata avanti una battaglia lunga ed estenuante ed eravamo riusciti a vincerla: poi la gente aveva pure imparato a rispettarli. Insomma, davvero fa male disperdere così una tale conquista. Lo devo ribadire, sono rimasta profondamente delusa soprattutto dal comportamento di alcuni professionisti locali».

Posso chiederle dal punto di vista pratico e umano, quanto si resta delusi dal fatto che nonostante tante campagne di sensibilizzazione portate avanti dal comitato, l’esposizione di due totem e quant’altro, la gente sembra continui a rimanere sorda a tutto quanto attiene alla sicurezza stradale?

«Penso che tra i giovani ci sia un problema legato al sentirsi un po’ onnipotenti, supereroi, perché chiaramente non conoscono né pensano all’evento morte o disgrazia. Ritengono sempre che una cosa del genere non possa succedere loro, questo è anche il motivo per il quale lavoriamo tanto nelle scuole, cercando di sensibilizzarli sulla tematica attraverso proiezioni di film, documentari, anche mostrando loro immagini forti e raccapriccianti. Ma i peggiori non sono i ragazzi, quanto piuttosto i miei coetanei. Chi ha superato i 50 anni a Ischia ha una ostinata determinazione a non voler rispettare le regole e il codice della strada: quando assisti a certe scene ti avvilisci, perché rifletti sul fatto che se non sei un buon esempio per i tuoi figli, per le persone che porti in auto, per i tuoi colleghi di lavoro, come si può sperare di migliorare e invertire la tendenza. Essere da buon esempio è fondamentale, ma bisogna anche ragionare su altro».

Ad esempio?

«Dobbiamo iniziare a prendere coscienza del fatto che sull’isola c’è stato un incredibile aumento dei veicoli, ma qui purtroppo andremmo ad aprire un altro capitolo. Non è possibile che continuino a spuntare come funghi autonoleggi e moto noleggi, che di fatto contrastano col divieto di sbarco e ne vanno ad annullare quelli che dovrebbero esserne gli effetti benefici. A volte succede che ci ritroviamo sulle strade più veicoli di quelli che sbarcherebbero e circolerebbero senza alcuna limitazione. Ecco perché poi non c’è da stupirsi dell’elevato numero di incidenti».

Volevo chiudere da dove siamo partiti, non c’è una spiegazione e forse questo è il dato più sconfortante e più allarmante perché di solito anche in medicina se non c’è una diagnosi non può esserci una terapia.

«C’è una componente legata al fato che fa il suo, perché certo non possiamo pensare di controllare il destino. Però se parcheggiamo in curva, guidiamo ancora col cellulare in mano (mi chiedo come faccia a farlo chi è alla guida di una bici elettrica o a pedali, a volte pare abbia il pilota automatico) e commettiamo altre infrazioni è ovvio che la situazione si aggrava. Certo, non possiamo pensare di controllare tutto, quindi non eviteremo mai gli incidenti stradali, ma se nei paesi del Nord Europa la mortalità è praticamente pari a zero un motivo ci sarà. E da quelle parti, manco a dirlo, circolano meno veicoli. Qualcosa si può fare, ma basta parlare: adesso è davvero arrivata l’ora di passare ai fatti».

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Fabio

Sono pienamente d’accordo con la Dottoressa Di Scala sul fatto che sul isola sono sorti tanti di quelli auto e moto noleggi da vanificare totalmente i benefici del divieto di sbarco. In molti casi e più conveniente noleggiare un auto che pagare il biglietto per l’imbarco!

Rossy

Ci si chiede, perché si muore? Forse la domanda è un’altra, perché vuoi morire? Ischia è così, salite e discese strette. Purtroppo non la si può allargare. Anche con limiti di velocità e rotatorie messe anche a poca distanza fra di loro non si rispettano le regole. Quindi alla domanda, perché si muore la risposta è semplice, perché non rispetti le regole.

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