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Percepisce la pensione del nonno morto, assolto

Il caso di un ischitano che si era visto accreditare la somma di 25.000 euro dall’INPS anche dopo il decesso del congiunto pur non avendone diritto: in primo grado era stato condannato alla pena di quattro mesi di reclusione e alla confisca di un immobile fino alla concorrenza dell’importo ricevuto. Ma in Appello il risultato è stato completamente ribaltato

Poteva sembra un processo di secondo grado dall’esito scontato. Poteva, appunto, perché invece un ischitano è uscito “immacolato” da una vicenda giudiziaria che pure non pareva promettere nulla di buono. Parliamo di un soggetto che ha continuato a percepire la pensione del nonno nonostante questi fosse deceduto tre anni prima. Un illecito che aveva portata anche al sequestro preventivo di un immobile fino alla concorrenza di 25mila euro (ovvero il valore ingiustamente percepito) oltre che alla celebrazione di un processo per truffa aggravata. Processo che in primo grado lo aveva visto condannato alla pena di quattro mesi di reclusione oltre che alla confisca dell’immobile sotto sequestro, con i giudici di primo grado che avevano riconosciuto l’imputato colpevole della diversa ipotesi delittuosa di indebita percezione di erogazioni pubbliche. L’uomo in ogni caso aveva cambiato difensore rivolgendosi all’avvocato Gianluca Maria Migliaccio che ha curato il ricorso per conto del suo assistito.

Ebbene, la Corte d’Appello, accogliendo il motivo proposto dal legale, ha derubricato ulteriormente il reato in appropriazione indebita, riformando la condanna e prosciogliendo l’imputato per mancanza di querela. Un passaggio, questo, da spiegare con particolare attenzione: in sostanza, non avendo l’INPS proposto querela contro chi aveva indebitamente continuato a incassare la pensione, il rito giudiziario non avrebbe potuto cominciare perché il reato di appropriazione indebita è perseguibile su querela di parte. Oltre all’assoluzione, ovviamente, è stata revocata anche la confisca dell’immobile con la conseguente restituzione dello stesso al legittimo proprietario. E infatti, anche nella sentenza, si legge che “l’imputato, a mezzo del suo difensore., proponeva formale appello chiedendo: in via principale, l’assoluzione perché il fatto non è previsto dalla legge come reato; in subordine, previa riqualificazione dei fatti come appropriazione indebita p. e p. cx art. 646 c.p., la declaratoria di non doversi procedere per mancanza di querela; la revoca della confisca, perché non consentita, ed il dissequestro dei beni sottoposti a vincolo”.

E.V. è stato assolto per mancanza di querela: l’INPS non l’aveva sporta ed il reato di appropriazione indebita è perseguibile solo su denuncia di parte

I giudici poi maturavano così la loro decisione: “In sostanza, per quanto sia indiscutibile il dato clic il decesso di E. V. non sia stato sottaciuto e sia, invece, stato correttamente comunicato al competente ufficio anagrafe, tuttavia l’imputato, consapevole di essere cointestatario del conto su cui confluivano i ratei pensionistici destinati al nonno, unico beneficiario, e sicuramente al corrente della morte dcl congiunto, ha continuato a trattenere sul conto gli emolumenti versali dall’ente erogatore, appropriandosene e disponendone anche dopo la morte dell’unico titolare del beneficio previdenziale, prelevando dal medesimo conto, così come emerge dalle risultanze istruttorie in atti, così agendo indebitamente, essendo i predetti emolumenti pervenuti sul conto dopo il decesso non più legittimamente posseduti dall’ormai unico correntista, odierno appellante, cd essendo detto denaro nella condizione di rientrare legittimamente nelle casse dell’INPS. Si ritiene, pertanto, clic ricorrano gli elementi costitutivi, oggettivi e soggettivi, del reato di cui all’ari. 646 c.p., considerazione che rende doveroso accogliere la subordinata richiesta difensiva e riqualificare i fatti ascritti all’imputato nella fattispecie di appropriazione indebita, così come disciplinata dalla predetta norma incriminatrice.

L’avvocato Gianluca Maria Migliaccio

Ne consegue clic, trattandosi di reato perseguibile a querela di parte, e mancando delta condizione di procedibilità, si impone una pronuncia di non doversi procedere perché l’azione penale per il reato di cui all’art. 646 c.p., così diversamente qualificato il reato ascritto, non doveva essere esercitata per 1112111GUlZa di querela, con conseguente revoca della confisca disposta in primo grado. Per questi motivi Letti gli arti. 605 e 129 c.p.p., in riforma della semenza emessa in data 2 febbraio 2023 dal Tribunale (li Napoli, in composizione monocratica, nei confronti di E. S., appellante, dichiara non doversi procedere perché l’azione penale per il reato di cui all’art. 646 c.p., così diversamente qualificato il reato ascritto, non doveva essere esercitata per mancanza di querela. Revoca la confisca disposta con la sentenza impugnata”. Una sentenza che dunque accoglie in tutto e per tutto i motivi di appello dell’avvocato Gianluca Migliaccio che non a caso scriveva: “In punto di avvenuta affermazione di responsabilità, di omessa qualificazione del fatto in ipotesi giuridica diversa nonché di applicazione della misura di sicurezza patrimoniale si deduce: l’erronea valutazione del contenuto degli atti di indagine acquisiti quali prove documentali in luogo delle testimonianze di P.G. su consenso delle parti all’udienza dibattimentale del 2 febbraio 2023; l’omessa valutazione dei recentissimi (ed, in ogni caso, ben più recenti di quelli riportati in motivazione) arresti della giurisprudenza di legittimità in tema di configurabilità, in casi speculari a quello che ci occupa, dell’ipotesi non penalmente rilevante di cui al 2°comma dell’art. 316 ter c.p.; l’omessa valutazione dei recentissimi (ed, in ogni caso, ben più recenti di quelli riportati in motivazione) arresti della giurisprudenza di legittimità in tema di configurabilità, in casi speculari a quello che ci occupa, della diversa ipotesi di appropriazione indebita ex art. 646 c.p. Al riguardo si chiede: 1) l’assoluzione dell’imputato in ordine al reato così come diversamente qualificato in sentenza perché il fatto non è previsto dalla legge come reato, ricorrendo la fattispecie di cui al 2° comma dell’art. 316 ter c.p.; 2) la diversa qualificazione giuridica del fatto nell’ipotesi di appropriazione indebita e, conseguentemente: 2/a) la declaratoria di non doversi procedere per mancanza della condizione di procedibilità; 3) la revoca della confisca”.

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