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Pensieri in libertà

DI GAETANO FERRANDINO

Con la stagione turistica che ha virtualmente chiuso i battenti, è ormai tempo di bilanci sulla nostra isola. E’ noto che siamo una popolazione di “piagnoni”, per dirla alla romana, e il fatto stesso che in giro diversi addetti ai lavori parlino di bilancio positivo dovrebbe essere un dato confortante. Dovrebbe. appunto, perché spesso il numero più o meno elevato di presenze non deve trarre in inganno giacché la sostanza, quel che conta, è il fatturato. Anche un supermercato, infatti, aumenterà il numero dei suoi clienti se i prezzi dei prodotti alimentari dovessero calare di un “X” da un anno all’altro, quindi per capire se fu o meno vera gloria è su quello che andrebbero fatti i calcoli in primis ed i raffronti col recente passato in secondo luogo. E sappiamo tutti che non è cosa agevole, anzi dalle nostre parti diventa spesso una mission impossible.

E’ però indubbio che il dibattito, soprattutto in prospettiva, impazzi e che ovviamente tesi, teoremi e postulati siano dei più disparati. Nello specifico, naturalmente senza citare personaggi e interpreti, mi piace soffermarmi su un paio di chiacchierate avute in settimana: c’è poco da fare, la strada ed il faccia a faccia anche davanti ad un involontario caffè restano uno strumento insostituibile anche dai social network, dove molto spesso siamo tutti fenomeni, c’è chi vuol prendersi il quarto d’ora di gloria e chi più che disparati i commenti li spara “disperati”. Un professionista non originario dell’isola mi spiega come il nostro problema sia quello di una ricettività elevatissima, che non ha assolutamente bisogno di esistere. E non certo perché il rapporto tra domanda ed offerta non lo richieda, quanto piuttosto perché ormai la gestione di certe aziende è diventata non più remunerativa ma addirittura a perdere. Inevitabilmente a perdere, senza che alcuna alchimia possa frenare l’ascesa negli inferi. Il ragionamento – che ovviamente mi limito a sintetizzare – si sposta sulla matematica e sul fatto che una struttura di 60 camere, vendute anche per quattro mesi l’anno a 200 euro al giorno, frutterebbero nette all’imprenditore – tolti tutti i costi di gestione, di personale, di imposte e di annuale ristrutturazione – al massimo 300.000 euro l’anno di utile. Il mio interlocutore mi guarda in faccia e spara senza pietà: «Ora, secondo te, quanti alberghi di queste dimensioni pensi che vendano una camera a quel prezzo per quattro mesi l’anno?». Resto basito, ma lui capisce che non rispondo perché da rispondere (ahimè) c’è ben poco.

La morale del ragionamento vuole essere una e sola. Molti alberghi piccoli e medi che insistono sull’isola, a suo avviso, dovrebbero alzare bandiera bianca e gettare la spugna, perché con la rivoluzione che ha imposto il mercato sono destinate ad avere bilanci in rosso e prima o poi a fallire (come peraltro già sta accadendo). Sarà una teoria più o meno opinabile, e certamente non ero io la persona in grado di rispondere per le rime, ma in fondo ci può stare. Una riflessione, questa, che fa più o meno il paio con un altro casuale incontro avvenuto in settimana, stavolta col titolare di una serie di attività commerciali. Il quale sostiene che le strutture ricettive isolane dovrebbero smettere di offrire anche la mezza pensione e la pensione completa, limitandosi a vendere camera e colazione. In questo modo, tanto per dirne una, sarebbero tutti felici e contenti: gli alberghi che vedrebbero diminuire in maniera esponenziale i costi di gestione, ed il terziario (ristorazione più o meno di lusso e take away) che finalmente non ricaverebbe soltanto le briciole dall’indotto turistico. Il tutto condito da un pensiero in libertà, manco a farlo apposta: «Qui ci sono albergatori che vendono la camera a trenta euro al giorno tutto compreso, ed hanno anche il coraggio di camminare a petto in fuori per la strada vantandosi che loro sono dei benefattori, perché portano la gente ad Ischia. Ma la verità è che il turismo in una determinata località lo porta la bellezza del posto, qui siamo stati capaci di sfatare anche un luogo comune consolidato in ogni altro angolo del pianeta». Pensieri, si dirà, e certo opinabili quanto si vuole: ma anche questi, in fondo, per quanto raccolti “al volo”, sintomatici di un sistema che è più vicino all’inferno che non al ritorno in paradiso.

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gaetanoferrandino@gmail.com

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