CULTURA & SOCIETA'

Organizzò eroicamente la rischiosa fuga

L’altra Giorno della Memoria: sul camion nostro nonno segnalò ai deportati: “Giù !..”

di PASQUALE BALDINO e i Tralci

L’altra metà del coraggioso ed eroico sacrificio nel “Giorno della Memoria” ricorda le migliaia di militari italiani (ed europei) deportati nei campi di prigionia nazista in Germania a sostenere i lavori forzati per l’industria bellica tedesca. Tra essi è doveroso ricordare l’eroico nonno Giuseppe Baldino, che organizzò la precipitosa e rischiosa fuga di deportati dal camion nazista avviato da Castellammare di Stabia verso Caserta; nel contempo, invece, il fratello Antonio fu preso a Pola, ove svolgeva servizio militare nella Regia Marina, e sul treno deportato a Brema, in Germania, ove restò prigioniero per più di un anno, tornando a Ischia dopo tre giorni che Giuseppe (suo fratello) si era sposato il 12 agosto 1945, abbracciato (ritenuto ormai morto) a Cufa di Piedimonte dalla povera madre Assunta D’Acunto, vedova di Pasquale Raffaele Baldino che era morto il 18 aprile 1942 (avrebbe compiuto sessant’anni il 23 ottobre, essendo nato nel 1882: erano tre fratelli (Pasquale appunto, Luigi, Giuseppe) e quattro femmine nati dal padre Pietro -morto a 96 anni a Fiaiano presso figlia Assunta- e madre Maria Di Iorio.

Antonio a Piedimonte arrivò su un camion scoperto con altri ex prigionieri, come il fotografo Gaetano Di Scala. Il Parroco si chiamava don Vincenzo Iacono, zio dell’omonimo successore. Anche la fidanzata di Antonio, che era di Testaccio, Lucia Conte, non l’aspettava più, perché ritenuto morto. Ma dalla Germania un giorno arrivò una cartolina scritta col solo nome di Antonio per far capire che era vivo. Antonio poi si fidanzò con Immacolata Di Scala (che lasciò il promesso Mario “e cianfrone”), sorella di nostra nonna Teresa Jolanda. Il Giorno della Memoria è una ricorrenza internazionale celebrata il 27 gennaio di ogni anno come giornata per commemorare le vittime dell’Olocausto (Shoah), perché il 27 gennaio 1945 le truppe sovietiche del fronte ucraino impegnate sulla Vìstola-Oder in direzione della Germania, al comando del Maresciallo Ivan Konev, arrivarono per prime presso la città polacca di Auschwitz, scoprendone il campo di concentramento e liberandone i superstiti dall’orrore del genocidio nazista. Questo Giorno è stato così designato dalla risoluzione 60/7 dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite del 1° novembre 2005. La Repubblica italiana aveva riconosciuto il giorno 27 gennaio “Giorno della Memoria”, ma aveva ricordato, già prima, alla Memoria anche “gli italiani che hanno subito la deportazione nei campi nazisti, la prigionia, la morte, nonché coloro che, anche in campi e schieramenti diversi, si sono opposti al progetto di sterminio, ed a rischio della propria vita hanno salvato altre vite e protetto i perseguitati, in modo da conservare nel futuro dell’Italia la Memoria di un tragico ed oscuro periodo della storia del nostro Paese e in Europa, e affinché simili eventi non possano mai più accadere”(Articoli 1 e 2 della legge 20.07.2000).

Fu molto dura la prigionia (di fame) nel lager di Brema: una volta, ad esempio, solo per aver mangiato scorze di patate, Antonio venne colpito alle costole col calcio del mitra delle SS di guardie sulle garitte, che un bel giorno non videro più (pensavano a un tranello…), ma da lontano si udivano le esplosioni degli Alleati che si avvicinavano e li liberarono, spedendoli su un treno in Italia. Nonno Giuseppe, era pure militare nella Regia Marina a Castellammare di Stabia imbarcato come motorista sul Mas 243 in partenza per Tolone, in Francia: aveva conseguito il diploma nel corso a Pola e pratica alla “Isotta Fraschini Motori” di Milano. La Wermacht in ritirata da Salerno lo fece prigioniero con molti altri e stipati su 4 camions con rimorchi e un militare con mitra sulla cabina di guida diretti al centro di smistamento di Bologna per la deportazione. Ma prima di Caserta Giuseppe suggerì ai compagni di approfittare delle curve ed adiacenti alvei pluviali: al segnale “giù!..”in molti si buttarono dal camion per i campi e, cambiate le divise grazie alla bontà dei contadini, si avviarono alcuni verso Sorrento, dove erano giunti gli alleati; nottetempo, su un canotto a remi -poi restituito- verso la liberazione, all’alba a Capo Miseno e poi l’approdo alla “Scarrupata” in una grotta tufacea dei suoceri. Invano gli “Stuka” avevano sorvolato il Golfo…Ma Luigi Baldino, un altro fratello di Giuseppe e Antonio, soldato di terra in Sicilia, era, invece, preso prigioniero dagli Americani ! Micidiale caos della guerra.

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