Il periodo di Carnevale è il momento perfetto per parlare di maschere. Non mi riferisco a quelle indossate dai bambini, ma a quelle che alcune persone sentono di indossare quotidianamente, vivendo nel terrore di poterle perdere da un momento all’altro. E quando la maschera cade, si rivela agli occhi di tutti un terribile inganno. Oggi vi parlo della Sindrome dell’Impostore.
Un po’ di storia
Negli anni 70 due psicologhe cliniche, Pauline Clance e Suzanne Imes, condussero una serie di interviste su un gruppo di 150 donne di successo. Queste ultime, nonostante gli straordinari risultati professionali ottenuti, ritenevano di essere arrivate a quei livelli per sbaglio o per una serie di circostanze fortunate. Clance e Imes portarono avanti il loro studio per cinque anni, includendo anche studentesse meritevoli, donne che ricoprivano ruoli da leader nel proprio ambito e dottoresse in possesso di prestigiose lauree. Al termine dello studio, coniarono l’espressione “sindrome dell’impostore” per riferirsi proprio a quelle persone che hanno una percezione errata e distorta delle proprie competenze e una tendenza a sottostimare i propri meriti e le proprie qualità. Nel 1985 gli studi sono stati estesi anche agli uomini: oggi sappiamo che il fenomeno riguarda entrambi i sessi, sebbene uomini e donne tendano a reagirvi in modo diverso. Numerosi studi hanno evidenziato come questo problema riguardi maggiormente coloro che hanno un livello di istruzione superiore, come studenti universitari, docenti, contabili, avvocati, esperti di marketing e finanza. In sintesi, chi è più capace, più si sottovaluta e si sente incompetente.
Giù la maschera!
Chi soffre di questa “sindrome” vive il timore di essere smascherato da un momento all’altro. Sentendosi un incompetente, ha il terrore che la maschera di finta competenza e bravura possa cadere e rivelare al mondo ciò che c’è sotto, e cioè un bluff. Peccato che la bravura, le capacità e il talento ci siano davvero, anche se non riescono a riconoscerlo. Se interrogati a proposito del proprio successo, risponderanno che si è trattata di fortuna (“Fu un mio amico, per caso, a dirmi di mandare il curriculum lì”) o della presenza di una serie di fattori facilitanti (“Stavano cercando proprio una persona con le mie qualifiche, quindi hanno scelto me”), minimizzando gli obiettivi raggiunti. Chi si sente un impostore non riesce a sentirsi degno del successo faticosamente conquistato, dei soldi guadagnati, del proprio tenore di vita, della posizione di prestigio ricoperta, dei riconoscimenti ottenuti. A causa del senso di colpa e del senso di indegnità, preferiscono autoconvincersi di essere degli impostori. Spesso queste persone sono molto autoironiche, scherzano sulle proprie capacità, soprattutto in risposta ai complimenti o ai riconoscimenti.
L’ironia sta nel fatto che chi soffre di questa sindrome è molto spesso estremamente severo con se stesso, autocritico e perfezionista. Controlla in maniera maniacale il proprio lavoro, evita accuratamente l’errore, andando incontro ad un elevati livelli di stress e, spesso, ad un vero e proprio burn-out. Alzando continuamente i propri standard e ponendosi obiettivi irrealistici, in pratica, finirà per sentirsi frustrato e incapace, confermando la credenza erronea di essere in incompetente e un impostore.
La sindrome dell’impostore può essere considerata, per certi versi, speculare al cosiddetto “effetto Dunning-Kruger”, ovvero quel fenomeno per cui le persone meno esperte in un determinato campo si ritengono erroneamente competenti, sovrastimando le proprie conoscenze. Questi ultimi sarebbero vittime di una distorsione cognitiva opposta: non riuscirebbero a riconoscere la propria incompetenza proprio perché incompetenti, percependosi come più intelligenti e preparati rispetto a chi ne sa di più.
Le origini della sindrome dell’impostore
Alcuni autori hanno riscontrato una frequenza più elevata della sindrome dell’impostore tra quelle persone che hanno raggiunto per prime dei traguardi nella propria famiglia: il primo ad andare all’università, il primo a trasferirsi in un’altra città, il primo ad ottenere un incarico prestigioso, e così via. Secondo alcuni autori, vi sarebbe una correlazione molto forte con la presenza nell’infanzia di genitori molto controllanti ed emotivamente freddi. Queste persone presenterebbero una bassa autostima, livelli elevati di ansia e depressione, aspettative elevate, standard severi e paura del successo.
Basta sensi di colpa!
Se vi riconoscete in questa descrizione molto probabilmente vivrete intensi sensi di colpa quando si complimentano con voi, vi premiano con una promozione, oppure semplicemente vi pagano per il vostro lavoro. Sarete tentati di abbassare la vostra parcella, offrire di più in cambio della stessa cifra, lavorare fino a tardi perché sia tutto perfetto. Ora sapete che, se lo fate, è perché una vocina interna vi ripete che siete solo un bluff e che manca poco al momento in cui sarete smascherati. Sapete che la vocina mente: lasciate che parli.
Articolo della dooressa Tiziana Di Scala (tel. 3208531292)
“Liberamente” è curata da Ilaria Castagna, psicologa, laureata presso l’Università degli Studi de L’Aquila, specializzanda presso la Scuola di Psicoterapia Cogniva Comportamentale di Caserta A.T. BeckTel: 3456260689Email: castagna.ilaria@yahoo.com