CULTURA & SOCIETA'

MOLTO FRESCO, MOLTO SECCO CON LIME

Prima di dare consigli di vita agli altri assicurati che la tua sia da esempio

di Lisa Divina

Non di rado una tra le categorie più efficaci e meravigliosamente popolari a Ischia è quella rappresentata dagli ammonitori seriali, tra maschi e femmine a volte non c’è alcuna differenza, sempre pronti a mostrare la debolezza delle altrui scelte: la decisione ad esempio di non sposarsi o non avere figli, l’inconcludenza di chi ha deciso di non seguire la mandria selvatica del gruppo, i limiti delle proprie decisioni specie se cozzano con la religione del ricevimento dopo aver fatto una puntatina in chiesa o con la setta dei fotografi seriali che postano immagini di pancioni, di neonati intenti a succhiare il cibo o fotografie dei dentini del pargolo. La scelta di seguire se stessi per questa tipologia di pulpito ambulante è quasi sempre sbagliata. Insomma non funziona se esce fuori dal seminato imposto dalla tribù locale o dalle indicazioni sociali o, peggio, da quelle familiari. Il libero pensiero come la scelta di accudire sé stessi e il proprio cervello non possono essere accettati se si distaccano da quella che ha tutta l’aria di essere una grande maniacale miopia collettiva che costruisce dietro di se una lunga galleria di sbagli certi di non esserlo su cui appendere il quadro della disperazione incorniciato nell’apparenza di aver raggiunto finalmente l’ambito traguardo. 

A domande tipo “che cosa fai per vivere?”, rispondo cortesemente, ricevendo in cambio sguardi lessi e vacui solo perché quel lavoro non rientra nelle categorie accettate e si allontana dallo stereotipo della segretaria impegnata con casa e famiglia o della commessa. L’altra “Quando ti sposi?” si posiziona al secondo posto nella classifica di questa curiosità pruriginosa che fluttua innocente tra le domande di uomini e donne. Quella che preferisco in assoluto è “guarda che il tempo passa, perché non fai un figlio?”, un primo posto da Oscar. Sembra di camminare in un acquario gigante in cui fluttuano pesci che però snobbano il visitatore che li osserva solo perché loro sono pesci e tu invece no. Magari perché sei diversa da chi brandisce fatti veri e sacrosanti che hai scelto di non seguire e, perciò, fai parte di quella galleria di immagini sfortunate sulle quali si struttura nel tempo la mancanza di un ruolo sociale vero o presunto e l’invisibilità nella società isolana che adora le apparenze quando, al contrario, soffoca ogni slancio e sgonfia ogni pretesa. “Sei una donna, se non metti su famiglia che cosa penserà la gente?”, me lo sento dire spesso. La gente, poi, chi sarebbe? Che cosa rappresenterebbe questa entità incorporea che si fa portatrice di indicazioni non richieste circa l’adozione spontanea di comportamenti orientati alla massima sobrietà, ad accusare chiunque si trovi ad esercitare anche per un breve tratto l’auto affermazione? È attraverso immagini di questo tipo che la maggior parte della società isolana, ancora figlia che non ha finito di crescere se stessa e si eleva a genitore, ha costruito una narrazione tossica e medievale, alimentata dalla sopravvivenza inerziale di categorie e ruoli che non possono contemplare di essere sostituiti dall’auto affermazione di sé o con altre categorie forse più aggiornate ed evidentemente molto più rischiose.

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