«Mio padre è morto da solo, basta con le norme anti covid»
La drammatica testimonianza del medico e consigliere comunale di Forio Mimmo Loffredo che dopo aver vissuto la terribile esperienza di non aver potuto salutare per l’ultima volta il genitore in ospedale, chiede a De Luca e Speranza che sia consentito agli ammalati degli ospedali di ricevere le visite dei familiari
Parte da Ischia la proposta al presidente della giunta regionale della Campania Vincenzo De Luca ed al Ministro per la Salute Roberto Speranza per consentire agli ammalati degli ospedali di poter ricevere le visite dei familiari. A lanciarla è Mimmo Loffredo, medico dell’ospedale Rizzoli e consigliere comunale di Forio, che ha scritto nelle scorse settimane una lettera al governatore per sollecitare l’emanazione di una procedura che permetta, attraverso la certificazione sanitaria, l’accesso dei parenti alle visite in ospedale: «Ho vissuto l’esperienza straziante della perdita di mio padre a fine agosto – racconta il medico ischitano – quando è stato ricoverato per una caduta al Cto di Napoli ed è spirato meno 48 ore: non abbiamo avuto la possibilità di salutarlo, di confortarlo, di stringergli la mano per l’ultima volta a causa delle attuali normative anti contagio».
«Con tanta amarezza sono costretto ad affermare che il Covid è diventata una “scusa” per evitare la presenza dei familiari nei reparti. Posso affermare, come cittadino che ha vissuto questa esperienza in prima persona, che i degenti – allo stato attuale – non vengono assistiti come dovrebbero»
Per questo Loffredo ha scritto a De Luca, al ministro della Salute Speranza ed al direttore del Cto chiedendo che venga elaborato un protocollo basato sul green pass o su tamponi con il quale ammettere le visite in ospedale, sino alla cessazione dell’emergenza Covid. «Non è possibile che un proprio caro – incalza il dottor Loffredo – che viene affidato alle cure ospedaliere, venga lasciato morire da solo, senza il minimo conforto di un familiare». «Ho inoltrato una nota precisa e chiara al Presidente della Regione Campania, dott. De Luca, al Direttore Generale CTO Napoli, dott. Di Mauro (alcuni giorni dopo), e al Ministro della Salute, dott. Speranza denunciando in modo netto alcune problematiche emerse, purtroppo, a seguito della scomparsa di mio padre e legate al divieto, tutt’ora vigente, per i familiari di essere presenti in reparto di fianco ai propri cari ricoverati presso strutture ospedaliere». «Lettera cui – ammette con dispiacere il medico isolano – non sono seguite comunicazioni».
La necessità della richiesta nasce in seguito al ricovero, avvenuto lo scorso 20 luglio, del padre del dottore Loffredo, neo 80enne, presso il CTO di Napoli, per una caduta che gli aveva provocato la frattura di una spalla. «Non ho avuto notizie di lui – racconta con rammarico il medico – se non quando è stato dichiarato morto alle 6.10 del 22 luglio 2021. Dalla cartella clinica risulta che è stata dichiarata morte per asistolia non databile, cosa che fa presupporre che, purtroppo, mio padre, nel momento in cui un medico lo ha visitato, era morto già da tempo e non voglio nemmeno immaginare lo stato d’animo di mio padre e quali minuti terribili di agonia ha attraversato in piena solitudine, abbandonato da tutti. Lo stesso rianimatore, che ha constatato il decesso, non ha effettuato nessuna manovra di rianimazione e non è stato in grado di stabilire l’orario del decesso, come si evince dalla stessa cartella clinica. Infatti, dalle 21.45, orario in cui gli è stata somministrata una fiala di Talofen, alle 6.10, orario in cui è stata registrata la sua dipartita, in cartella non risultano controlli effettuati da infermieri».
«Il mio rimorso più grande resta quello di non aver potuto stringere forte a me papà mentre moriva, non riesco a farmene una ragione e non oso pensare come abbia sofferto e come si sia spaventato in quei momenti terribili»
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Ed ancora: «Inoltre, noi familiari siamo stati avvisati solo alle ore 08.00 del 22 luglio per cui il decesso è potuto avvenire, sicuramente, molte ore prima delle 6.10. Una vera e propria tragedia in quanto, stando lui da solo non è riuscito ad allertare i soccorsi e ha perso la vita». E continua la denuncia di Loffredo: «Tutto è accaduto in modo più che veloce e senza l’opportunità per noi familiari di poter assistere nostro padre. Un tragico episodio che non è isolato, ma che viene vissuto da tante famiglie da quando la pandemia da Covid19 ha rivoluzionato la nostra vita». Da qui la richiesta inoltrata ai vertici regionali e ministeriali improntata sulla realizzazione di un protocollo, basato su tamponi e/o Green Pass, che permetta ai familiari di essere presenti presso la struttura ospedaliera di fianco ai propri cari che vivono, in quel momento, una condizione difficile e delicata. «Con tanta amarezza – continua Loffredo – sono costretto ad affermare che il Covid è diventata una “scusa” per evitare la presenza dei familiari nei reparti. Posso affermare, come cittadino che ha vissuto questa esperienza in prima persona, che i degenti – allo stato attuale – non vengono assistiti come dovrebbero. Spesso i familiari sopperiscono alle carenze degli infermieri e degli OSS in quanto, gli stessi operatori sanitari, da soli non riescono a far fronte alle richieste dei pazienti.
«Papà mi manca terribilmente e sono davvero sconcertato da quello che è successo. Di certo, io continuerò a fare bene il mio lavoro, come ho sempre fatto, anche per amore della memoria di mio padre. Ma prego le Istituzioni di porre fine a questo scempio perché molte altre persone hanno vissuto questa tragedia e non hanno i mezzi per gridare la propria disperazione»
Non è possibile che un proprio caro, che viene affidato alle cure ospedaliere, viene lasciato morire da solo, senza il minimo conforto di un familiare. Questo non è un aspetto da paese civile. Non siamo un Paese civile, altro che “eccellenza campana”.
Io e i miei familiari abbiamo affidato nostro padre alla struttura sanitaria rispettando tutte le regole imposte dal Governo; non ho mai detto agli operatori del Pronto Soccorso di essere un medico, non ho mai chiesto agevolazioni… ho semplicemente rispettato la Legge». Continua con amarezza: «Il risultato quale è stato? Ci hanno restituito nostro padre morto. Non è giusto che mio padre, dopo una vita di sacrifici e dopo averci dato una educazione incentrata sul rispetto della Legge, sia dovuto morire da solo, in circostanze sospette e in pieno abbandono… come si suol dire: solo come un cane». Loffredo è un fiume in piena: «Forse, in quei frangenti, è stato considerato solo come “un vecchio” di 80 anni, senza tener conto della sua storia, della sua vita. Abbiamo provato più volte, durante il ricovero, a contattare il reparto ma senza mai ricevere risposte. Mi chiedo se fossimo stati figli di camorristi sicuramente saremmo entrati nonostante tutte le conseguenze giudiziarie. Ma purtroppo siamo persone per bene rispettose della Legge». E poi il rammarico: «Il mio rimorso più grande resta quello di non aver potuto stringere forte a me papà mentre moriva, non riesco a farmene una ragione e non oso pensare come abbia sofferto e come si sia spaventato in quei momenti terribili.
Papà mi manca terribilmente e sono davvero sconcertato da quello che è successo. Di certo, io continuerò a fare bene il mio lavoro, come ho sempre fatto, anche per amore della memoria di mio padre. Ma prego le Istituzioni di porre fine a questo scempio perché molte altre persone hanno vissuto questa tragedia e non hanno i mezzi per gridare la propria disperazione». «Spero – conclude Mimmo Loffredo – che finalmente un giorno si possa parlare, sul serio, di Sanità eccellente».
Lei un mese fa a Nuvola Tv ha dichiarato “ ai non vaccinati, io gli farei pagare la degenza”. Benissimo io sono pienamente d’accordo, a patto che la sanità si privatizzi e diventi a pagamento. Ovviamente i medici della sanità pubblica devono trovarsi un nuovo impiego perché chi paga e ha la disponibilità economica cerca Professori di un certo livello. Le norme anti Covid vanno rispettate, se ne faccia una ragione.