L’omaggio oggi a San Giovan Giuseppe dellaCroce: dalla mostra in episcopio alle artistiche illustrazioni dell’artista-pittrice Angela Impagliazzo
I MIRACOLI DEL SANTO - Nella vita del Santo piena di miracoli, c’è un episodio di una spiccata morale che lascia riflettere, che riguarda una nobildonna napoletana, la Marchesa Spada di cui Frate Giovan Giuseppe era il confessore. La marchesa Spada aveva perso un figlio di 4 anni a causa del vaiolo. Lo amava tanto che pregò il Santo di restituirglielo. Vivo - E il miracolo delle tre pesche che qui di seguito raccontiamo, danno un’idea migliore per accogliere il senso del miracolo in se stesso e la sua attendibilità. Il miracolo del bastoncino che volò nel Duomo di Napoli: San Gennaro mio, io non voglio andare in carrozza, non voglio andare in calesse, non voglio andare in sedia all’ospizio di Ghiaia, ma senza la mazza come farò ?”. Non aveva ancora terminato l’orazione che vide il bastone venire verso di sé volando sulle teste della folla trasecolata
La Chesa di Ischia ha spostato a oggi lunedì 6 marzo 2023 la festa liturgica in omaggio al Santo Concittadino, Protettore e Patrono dell’antico Borgo di Ischia Ponte e dell’isola tutta, regalando così ai devoti un giorno in più di festa di fede e di fevozione verso il “Piu’ Bel Fiore d’Anaria” come lo ha definito il suo cantore Mons. Onofrio Buonocore. Ieri 5 marzo storica data dell’anniversario (289esimo) della morte del Santo, seconda domenica di Quaresima, nel Santuario del Borgo davanti alla Sacra Urna delle spoglie mortali e della settecentesca statua del Santo, la comunità parrocchiale, i canonici della collegiata, Padre Mario Lauro Superiore del Convento di Sant’ Antonio alla Mandra, il Vicario Don Gaetano Pugliese ed il Vescovo di Ischia e di Pozzuoli Sua Ecc. Mons. Gennaro Pascarella hanno reso lo stesso omaggio a San Giovan Giuseppe della Croce nel giorno della ricorrenza con una solenne concelebrazione eucaristica a cui tutti hanno partecipato con filiale devozione. L’ maggio che invece noi oggi rendiamo a San Giovan Giusppe è la riproposizione e il ricordo dei suoi miracoli, la sua storia e la pubblicazione di artistiche illustrazioni della sua vita di quando era ancora giovinetto nella sua Ischia e della vita monastica realizzate dall’artista pittrice ischitana Angela Impagliazzo.
Nella vita del Santo piena di miracoli, c’è un episodio di una spiccata morale che lascia riflettere, che riguarda una nobildonna napoletana, la Marchesa Spada di cui Frate Giovan Giuseppe era il confessore. La marchesa Spada aveva perso un figlio di 4 anni a causa del vaiolo. Lo amava tanto che pregò il Santo di restituirglielo vivo,benché le avesse predetto che, crescendo, sarebbe diventato la vergogna della famiglia. Fra Giovan Giuseppe ordinò ai domestici si somministrargli un cucchiaino di manna di San Nicola. Ma essi non riuscirono ad aprirgli la bocca. Il Santo allora pregò e poi disse al defunto; “Gennarino, per santa obbedienza, apri la bocca e prendi la manna”. Il morticino risuscitò, crebbe, divenne un impenitente giocatore, finì in prigione e in esilio. Morì mendico, dando tuttavia segni di pentimento, come era stato predetto. Fra Giovan Giuseppe dal benefico influsso della sua protesta taumaturgica non escluse se stesso. Un giorno incontrò per Napoli una salmeria di muli. Nell’atto di scansarli, il corpo non gli ubbidì con agilità, ed egli cadde sotto lo zoccolo di uno di quegli animali. Furono subito avvertiti i suoi confratelli dell’incidente che gli era occorso e pregati di mandare una barca al Molo Piccolo, dove si pensava di trasportarlo. Il Santo, non volendo essere preso in braccio, ai segnò il piede contuso e, come se nulla fosse stato, riprese il cammino. Un’altra volta era andato in Duomo a baciare l’ampolla contenente il sangue liquefatti di San Gennaro. Per la grande folla che lo urtava, da ogni parte, gli cadde di mano il bastone e non gli fu più possibile riprenderlo.
Trasportato dalla ressa sotto il pulpito, mormorò: “ San Gennaro mio, io non voglio andare in carrozza, non voglio andare in calesse, non voglio andare in sedia all’ospizio di Ghiaia, ma senza la mazza come farò ?”. Non aveva ancora terminato l’orazione che vide il bastone venire verso di sé volando sulle teste della folla trasecolata. Snocciolare quindi i miracoli del Santo, fra Napoli e Piedimonte D’Alife, non basterebbe l’intero giornale per renderli di pubblico apprendimento. Quelli più significativi, hanno incuriosito normali studiosi e raffinati teologi per meglio capire il fenomeno e dare una spiegazione logica. Ma i miracoli sono miracoli. Di fronte ad essi, le spiegazioni più o meno logiche per dimostrare il contrario, spesso si perdono in interpretazioni del nulla. I miracoli di San Giovan Giuseppe erano semplici, per così dire “domestici” e autentici. Come quello appunto del bastoncino che volava sulle teste della gente che affollava il Duomo di Napoli e raggiunse per…”miracolo” il povero vecchietto che l’aveva smarrito, seduto sul sagrato della chiesa con difficoltà a muoversi. E il miracolo delle tre pesche che qui di seguito raccontiamo, danno un’idea migliore per accogliere il senso del miracolo in se stesso e la sua attendibilità. Sia che l’abbia fatto San Giovan Giuseppe della Croce, sia che l’abbia fatto un altro Santo della lunga schiera che vanta la religione cattolica.
Il miracolo delle tre pesche fatto da San Giovan Giuseppe, ci indica la bellezza del miracolo stesso quando colpisce ed affascina. Quindi, vale la pena seguirlo nella sua esposizione. Verso sera, nel febbraio del 1726, il nostro Santo era atteso a S. Lucia al Monte da un mercante napoletano, che stava narrando al Duca di Lauriano come la sua consorte, prossima a diventare madre, corresse grave pericolo, per un desiderio – inappagabile in quella stagione – di pesche duracine. Giunto il Servo di Dio, il povero signore gli espose la disperazione del suo caso, pregando con lacrime di venirgli in soccorso. Con l’anima sempre facile a intenerirsi alle sventure altrui, il Santo levati gli occhi al cielo, pieno di speranza in Dio: -Via- gli rispose- pazienti un pò sua moglie, da qui a domani il Signore, S. Pietro d’Alcantara e S. Pasquale… provvederanno.
Il negoziante partì con questa fiducia e il Santo nel salir le scale insieme al Duca, veduto un mucchio di fascine, rivolto al terziario che lo accompagnava: – Fratello Michele, – gli disse – prendi questi steli, perchè li vogliamo piantare. Chi sa che Dio, S.Pietro e S. Pasquale non facciano nascere qualche pesca, cosi da salvare quella povera donna e l’anima della sua creatura. Volete piantarli, Padre? – gli rispose – e come possono fare delle pesche questi rami di castagno? Ma il Duca, non visto dal Santo, fece cenno di obbedire e i tre steli furono portati nella cella del Santo e, in nome della SS.ma Trinità, piantati. L’indomani i tre rami erano coronati di foglie e da ciascuno pendeva una pesca. Perfino il Vicerè Cardinale d’Althann seppe del prodigio. Nel pomeriggio stesso, il Duca rivide i tre ramoscelli cresciuti maggiormente, ancora a testimoniare come Dio è mirabile nei suoi Santi.
Elaborazione foto di Giovan Giuseppe Lubrano
Illustrazioni: Artista-Pittrice Angela Impagliazzo
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