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LO DICEVANO I NONNI: “CHI MANGIA FAVE CAMPA CENT’ANNI”

DI ANTONBIO LUBRANO

E’ tempo di fave fresche, che piacciono a tutti. Sono la primizia per eccellenza della primavera alle sue prime battute.  Solo in pochi non le gradiscono. Si tratta di chi non le digerisce e di chi ne è allergico con conseguenze purtroppo pericolose. Al riguardo va ricordato un episodio  accaduto ad Ischia qualche anno fa in via Casciaro dove svolgeva attività di vendita un fruttivendolo con un negozio di fronte  all’edificio delle scuole elementari Marconi. Fra i prodotti in vendita ben esposti al pubblico, c’erano le fave che rappresentavano un pericolo serio per un bambino della scuola di fronte, affetto da specifica allergia anti fave. Al negozio, finchè è rimasto in attività, fu  impedito di imperio, la vendita delle fave incriminate. Senza creare  allarmismi, ma solo per doverosa informazione, segnaliamo che le fave in pratica sono potenziali nemici del sistema immunitario: in soggetti sensibili e predisposti , il consumo di fave può scatenare una reazione allergica che, nei casi più gravi, può condurre al  coma. In genere, le allergie sono provocate dal consumo di fave crude: infatti, la cottura ne riduce il rischio. Le fave non dovrebbero essere consumate in concomitanza di farmaci inibitori delle monoaminossidasi (IMAO): la levodopa, contenuta nelle fave viene convertita in dopamina nell’organismo. L’associazione di fave con dopamina – un’amina vasoattiva – può provocare crisi ipotensive di varia entità, talvolta mortali. Nei soggetti sensibili e predisposti, il consumo di fave (e di altre particolari sostanze, quali farmaci analgesici, salicilati, alcuni chemioterapici ecc.), seppur minimo, scatena una cascata di reazioni nell’organismo che inevitabilmente conducono all’emolisi acuta con ittero. Il favismo è una patologia ereditaria in cui il soggetto affetto registra la mancanza dell’enzima G6PD, implicato nella via biogenetica dei pentoso-fosfati. Al di là dell’episodio che ha riguardato il ragazzino della scuola elementare di Porto d’Ischia, e che non ha avuto seguiti, le fave comunque, rimangono sempre quel prodotto della nostra terra atteso e gustoso che spesso è al centro di varie scampagnate di stagione. Si narra che – tra i legumi – le fave siano le meno caloriche in assoluto. Come per i piselli, le lenticchie ed i fagioli, anche le fave hanno acquisito un ruolo da protagonista nei tempi antichi come cibo dei poveri per eccellenza, considerato il loro scarso costo e la semplice reperibilità. Cibo per i poveri lo sono state anche nell’ante guerra  e nel dopo guerra fino a quando non sono diventate cibo fresco e gustoso per tutte le tavole da marzo a maggio. Poi il ritiro naturale della piante ed il suo insecchimento in tutte le campagne dell’isola con il detto contadino “psiell e’ fave se so arrennut ‘e l’estate è venut”. La pianta delle fave è originaria dell’Asia Minore e da secoli viene ampiamente coltivata per l’alimentazione umana ed animale (foraggio). Attualmente, le fave sono largamente consumate nelle tavole italiane, in particolare nelle regioni di Campania, Puglia, Sicilia e Sardegna. Le fave possono essere consumate cotte o crude, e sono vendute sia secche, sia fresche.  Dopo aver tolto la buccia lunga che avvolge le fave, queste possono essere essiccate, dunque conservate per tempi più lunghi rispetto a quelle fresche. Le fave secche private della buccia non richiedono tempi di ammollo preventivo, tipico di fagioli o lenticchie secche: vangono infatti tuffate nell’acqua bollente direttamente, oppure cucinate a vapore. Il risultato finale è una sorta di purè, ottimo accompagnamento per verdure dal retrogusto amarognolo (es. cicoria). Le fave secche con  la buccia , a differenza delle precedenti, richiedono alcune ore di ammollo prima della cottura. Le fave fresche possono essere consumate al naturale o utilizzate insieme a pane, salumi o formaggi. In commercio sono molto vendute le fave in scatola e quelle surgelate, chiaramente molto più pratiche rispetto a quelle secche. Rispetto ai fagioli, le fave sono qualitativamente superiori in termini proteici (anche se quantitativamente inferiori): questi legumi contengono, all’incirca, il 5% di proteine, il 5% di fibre, il 4,5% di carboidrati e pochissimi grassi (0,4%); il restante 84 % è costituito da acqua. Le fave sono ricche di ferro, potassio, magnesio, rame, selenio e moltissime vitamine, soprattutto acido ascorbico: è doveroso ricordare che con la cottura delle fave, come peraltro per tutti i legumi, la maggior parte delle vitamine e dei sali minerali viene perduta. Anche il processo dell’essiccazione altera la componente vitaminica e minerale. Per la ricchezza in ferro, sembra che il consumo di fave sia utile per contrastare l’anemia. Le foglie essiccate di fave sono sfruttate in erboristeria come rimedio naturale per stimolare la diuresi. Soprattutto in questi ultimi anni, le fave sono sempre più richieste perché è divulgata e propagandata una notizia apparentemente miracolosa: le fave sono una fonte di levodopa, farmaco d’elezione nella lotta contro il morbo di Parkinson. Effettivamente, è  stato dimostrato che l’intera pianta di fave (foglie, fusto, baccello, semi) contiene levodopa: ciò che si deve tenere in considerazione, è che la quantità di sostanza varia moltissimo da specie a specie, dalle caratteristiche del terreno, dai fattori ambientali, ecc. Ad ogni modo, non ci sono studi attendibili né dimostrazioni inconfutabili sull’effetto della levodopa contenuta nelle fave nel trattamento del Parkinson. Tuttavia, sta di fatto che alcuni pazienti malati di questa grave malattia neurodegenerativa hanno ottenuto buoni risultati in seguito al consumo frequente e regolare di fave. Altri autori sono fiduciosi e speranzosi: essi ritengono, infatti, che i semi non contengano solamente levodopa, ma anche altre sostanze in grado di potenziarne l’effetto. Ciò che la Scienza non riesce a capire è il motivo per cui solo alcuni pazienti rispondano in modo positivo alla “cura” con le fave; per altri, infatti, l’effetto è pressoché vano. [informazioni tratte dagli scritti di Kathrynne Holden, dietista] Ad ogni modo, in caso di morbo di Parkinson, è sempre indispensabile il parere del medico prima di intraprendere una dieta ricca in fave. In conclusione, le fave, nonostante siano tipiche della stagione tiepida, se lasciate essiccare e conservate, esse sono un ottimo ingrediente per gustare appetitose zuppe invernali, come ad esempio la Zuppa di Fave Secche preparata con cipolla, aglio, pancetta, pecorino grattugiato (se preferite anche il parmigiano) e pane tostato: un eccezionale trionfo di sapori capace di scaldare il palato e non solo.

                    antoniolubra1941@gmail.com

 

 

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