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LETTERE A UNO PSICOANALISTA – DIFFICOLTÀ DI CONCENTRAZIONE, ANSIA E CONFLITTO

Gentile Professore, sono ischitana e, da tre anni, studio architettura a Napoli. In questo momento mi riposo per le vacanze estive, a casa, anche se a breve dovrò riprendere a preparare esami piuttosto impegnativi per la sessione autunnale. Sono sempre stata una brava studentessa, capace di prendere voti alti a scuola, come all’università. Ho trascorso una vita serena e, fino a qualche tempo fa, all’orizzonte non vedevo nubi, se non quelle delle faticose prospettive lavorative, con cui qualunque futuro professionista del mio ramo deve, purtroppo, oggigiorno confrontarsi. Da qualche mese, però, il mio “paesaggio” interiore è totalmente cambiato: il lungo fidanzamento con un ragazzo di poco più grande di me, cominciato sin da quando avevo sedici anni, è entrato in crisi. Lui, che dopo le superiori non ha continuato gli studi, ma lavora con successo, vorrebbe sposarsi: io, invece, non mi sento pronta a compiere questo passo. Capisco perfettamente la sua posizione, dato che lui si sente realizzato per quel che lo riguarda; però, per me la prospettiva di formare una famiglia adesso, che ancora non ho terminato l’università e non so né dove né quando comincerò a lavorare, è prematura e mi soffoca. Il risultato di questa tensione è che, ultimamente, non riesco più a concentrarmi sui libri e ho dovuto rinviare in più occasioni gli esami. Infatti, quando  mi applico vengo distratta da una spirale di pensieri ricorrenti o da idee fantasiose, malgrado i miei sforzi di stare attenta a quello che leggo. Per di più, varie volte, mentre ero a Napoli e cercavo di alleggerire questa situazione, accogliendo gli inviti di amiche e amici a uscire e divertirmi, sono stata bloccata in casa da “attacchi di panico”, o almeno credo che di questi si tratti. Ecco, le ho confidato il mio tormento: secondo lei, cosa mi sta succedendo? Si tratta di un problema grave? E come devo affrontarlo?

 

DIFFICOLTÀ DI CONCENTRAZIONE, ANSIA E CONFLITTO

Tančící dům (“La Casa Danzante di Praga”), progettata dal canadese Frank Gehry e dal croato Vlado Milunić

Gentile lettrice,

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comprendo a pieno il suo disagio, anche se confido che, se adeguatamente affrontato, la introdurrà a una dimensione di sé nuova e rispondente alle sue aspirazioni più autentiche.

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Desumo dalla sua lettera che, nella vita, lei sia andata di rado incontro a situazioni conflittuali: immagino che sarà stata una bambina buona e obbediente e una ragazza affettuosa in famiglia, benvoluta dagli amici e dal fidanzato. Ha mantenuto, sino a qualche tempo or sono, una relazione sentimentale sorta in giovanissima età, ma ha anche fatto una scelta di studio che la conduce potenzialmente a orizzonti ampi e ignoti. Anche se lei non lo ha mai praticato esplicitamente, il conflitto germinava già in quella scelta. E per sua buona sorte, aggiungerei.

È plausibile, infatti, che la sua personalità tenda a essere, per propria natura, molto più indipendente di quanto lei abbia sospettato fino a oggi, e che, contemporaneamente, alberghi in sé il timore di consegnarsi al proprio destino.

Grandi “fantasmi abbandonici” – ovvero l’inconscia convinzione di restare sola al mondo e priva di sostegno affettivo, qualora si distacchi eccessivamente  dal suo mondo di origine, così caldo e accogliente, ma anche così soffocante e divorante – adesso la travagliano. Ora, soprattutto, che da quel sistema apparentemente saldo e immutabile proviene una richiesta che suggelli il legame – attraverso il matrimonio –, lei è costretta a interrogarsi se è veramente questo è quello che desidera.

Messa alle strette, ha deciso di rompere la continuità col passato e prendere in mano la propria vita, spingendosi oltre.

Purtroppo, però, sotto la sottile pavimentazione della Coscienza, si è scontrata anche con il terrore di perdere la sua “base sicura” (John Bowlby, 1969) – risalente alla cultura affettiva che ha assorbito nell’ambito familiare, sociale e culturale di origine -, il che l’ha messa di fronte a un temporaneo “smottamento”. Si trova, così, in contatto con una dimensione psichica diversa, più ruvida e intensa, nella quale s’infrangono emozioni talmente forti da risultare dirompenti.

In questo “sottosuolo”, per adoperare il termine di Dostoevskij, la libertà della sua Coscienza è ostacolata, poiché l’Io che la serve viene quotidianamente  dilaniato da i due corni di un conflitto all’apparenza insolubile.

Le correnti immaginative inconsce affioranti da questo conflitto  sgretolano la sottile continuità della superficie, in cui vige il disorientamento. Eppure, se esse le forze dell’immaginazione profonda fossero adeguatamente canalizzate imprimerebbero di certo impulso al suo processo individuativo (Jung, 1921). Diverrebbero come un maestoso fiume navigabile protetto da argini, una comunicazione tra mondi prossimi e lontani.

A questo situazione si accompagnano manifestazioni di ansia e sintomi fobici: in particolare, agorafobici, volti cioè a impedirle di uscire e incontrare le persone e le realtà nuove alle quali profondamente ambisce.

In un frangente così delicato è necessario che lei consideri oltre alle determinanti “esterne” (“gli altri”, “i fatti della realtà”), anche e soprattutto gli eventi del “mondo interno”.

Cosa significa ciò? Significa che lei deve offrire a quelle emozioni, sensazioni, fantasie e pensieri che adesso giungono caoticamente alla Coscienza uno spazio di espressione e un contenitore simbolico che ne argini la fuoriuscita incontrollata e distruttiva. In tal modo, il suo Io, assediato e sofferente, potrà riprendere a operare con vigore e libertà.

Dare ampiezza e spessore a questo “spazio psichico” richiede  probabilmente l’aiuto di una psicoterapia, ma potrebbe comunque già molto giovarle trascrivere dettagliatamente i propri sogni, le fantasie e gli stati di animo che oggi le sembrano presentarsi come un guazzabuglio incomprensibile e fastidioso: in realtà, tutto ciò rappresenta il “materiale grezzo” della sua creatività psichica e professionale.

Forse per lei esiste già un riferimento operante nell’architettura contemporanea: Frank Gehry (Toronto, Canada, 1929), il decostruttivista che concepisce incredibili edifici, nei quali mai si placa la tensione tra vecchio e attuale, tra residuale e ipertecnologico – vuoi per gli stili costruttivi che trasformano le tensioni in deformazioni, vuoi per i differenti materiali che impiega. Eppure, proprio a partire da queste contraddizioni, egli risolve il conflitto arrivando a “scolpire” geniali ossimori architettonici.

 

Francesco Frigione è psicologo e psicodrammatista analitico, psicoterapeuta individuale e di gruppo, docente di psicodramma in una scuola di specializzazione per psicoterapeuti, formatore di educatori e studenti, autore di progetti psico-socio-culturali in Italia e all’estero. Nato a Napoli, vive e lavora a Roma e a Ischia. Ha fondato e dirige il webzine e il quadrimestrale internazionali “Animamediatica”.

Contatti

E-mail: francescofrigione62@gmail.it

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