Il quartiere del Cierco a Forio è una di quelle zone del comune turrito che fortunatamente ha mantenuto inalterato il proprio fascino. E non è un particolare visto che l’isola intera, ormai da decenni, è sottoposta a una feroce e selvaggia edilizia che sempre più va a vituperare i luoghi storici e naturali. In via Gaetano Morgera, immergendoci tra i dedali e le viuzze del Cierco, troviamo la chiesa di San Carlo che risulta essere una delle più apprezzate per la propria storia. Sulle origini della chiesa, detta anche della Libera, infatti, c’è un racconto davvero suggestivo che ci viene raccontato dallo storico D’Ascia, profondo conoscitore dell’isola e delle sue chiese. Secondo D’Ascia la chiesa di San Carlo fu costruita nel 1620 da Sebastiano Sportiello per espiare la colpa di un omicidio commesso a Sorrento, dove, per l’appunto, viveva con i suoi parenti.
Per sfuggire alla vendetta della potente famiglia locale a cui era stato ucciso il vescovo, gli Sportiello decisero di venire a Forio dove per espiare la colpa fecero erigere non solo la chiesa di San Carlo in questione, ma anche la speculare chiesa di Santa Maria al Monte. Sempre secondo D’Ascia i due edifici, seppur lontanissimi tra loro, sembrano guardarsi l’uno con l’altro. Dal punto di vista architettonico la chiesa di San Carlo presenta una facciata piuttosto modesta, con un portale in pietra di tufo verde, sormontato da un timpano di gusto rinascimentale. Nel fregio del portale c’è un’iscrizione che ricorda la fondazione della chiesa da parte di Sebastiano Sportiello. L’iscrizione recita: «Templum hoc Divo Carolo Dicatum Iure Patronatus Votoque Munitum Sibi Suisque Posteris Sumptibus Proprius Sebastianus Sportiellus a Fundamentis Curavit anno Domini MDCXX». All’edificio si accede attraverso una scalinata di pietra che serve a sopraelevarlo in maniera decisa dal manto stradale. La facciata laterale è assai interessante per gli elementi architettonici che vediamo. Infatti, si apprezzano tre contrafforti che caricano i tre arconi della volta. Il terremoto del 1883 ha purtroppo provocato il crollo sia della cupola che della volta a botte che ricopriva la navata. Della cupola, però, abbiamo alcune testimonianze, come un disegno di Pasquale Mattei del 1847. Da questo schizzo desumiamo che la cupola era posta all’incrocio del transetto con la navata e che era di notevoli dimensioni. L’interno della chiesa è a navata unica, a croce latina, e termina con un abside e un transetto. Nelle pareti laterali si aprono tre archi e la copertura della chiesa è caratterizzata da supporti lignei rinforzati da travi di ferro. I bracci del transetto, invece, da volte a botte. Lungo la controfacciata, la parete di sinistra e la parete di destra troviamo in alto il Crocifisso e santi. I dipinti, più propriamente tempere su intonaco, sono attribuiti ad un collaboratore di Cesare Calise e vennero realizzati tra il 1635 e il 1640. Nella parete di sinistra della navata troviamo come prima opera un Compianto sul Cristo morto di Cesare Calise degli anni Trenta del XVII secolo.
Si tratta di una tempera su intonaco che mette in scena il corpo esanime di Cristo che viene sorretto per le spalle da un vecchio, mentre la Maddalena è ai suoi piedi. La Vergine e San Giovanni sono al centro della scena e non nascondono il proprio dolore. Proseguendo per la parete di sinistra ammiriamo un olio su tela di Cesare Calise raffigurante la Madonna della Libera. La Vergine è seduta sulle nubi e regge il Bambino, mentre due angeli in volo la incoronano. Più in basso si vede una città fortificata con una torre che sembra essere il Torrione di Forio e ai due lati del quadro sono rappresentati due santi. Sempre costeggiando la parte sinistra dell’edificio arriviamo al transetto dove osserviamo le Storie di San Francesco, realizzate nella metà del XVII secolo da un ignoto pittore campano. Nel braccio sinistro del transetto abbiamo, invece, una tavola di Cesare Calise del 1635 che raffigura Il perdono di Assisi e San Francesco riceve le stimmate. La tavola è singolare perché la rappresentazione di San Francesco che riceve il Bambino dalla Vergine è un tema iconografico molto raro ed inusuale. Nella lunetta in alto, infine, viene raffigurato San Francesco in ginocchio che riceve le stimmate. L’opera, posta sull’altare maggiore, è attribuibile a Cesare Calise ed è un San Carlo Borromeo. Il lato destro del transetto è decorato con scene di santi che sono attribuiti a un ignoto pittore campano della prima metà del XVII secolo, così come il notevole Angelo Custode incastonato in un una nicchia di tufo. Nel braccio destro del transetto abbiamo un piccolo altare al di sopra del quale è visibile l’ennesima opera di Cesare Calise che è del 1633 come possiamo capire dall’iscrizione in basso: C. CALENSIS P./ 1633. Vediamo San Giacinto inginocchiato in atteggiamento orante davanti alla Madonna. In basso a sinistra c’è la figura di un uomo, che assiste in disparte, con le mani congiunte. Trattasi probabilmente del committente della chiesa che, come abbiamo visto, risulta essere Sebastiano Sportiello. Passando alla parete di destra vediamo una meravigliosa scultura della metà del XVIII secolo. Trattasi della Madonna della Libera, particolarmente venerata dalla comunità. La Vergine ha un sublime manto azzurro che le ricade sulle spalle, mentre il vestito rosa è aderente al corpo. Le mani della Madonna sono aperte, leggermente alzate. Il volto, assai pacato e tranquillo, è caratterizzato da un sorriso davvero suggestivo. L’ultima opera, continuando sul lato destro, è una Crocifissione di San Pietro di Cesare Calise come si evince dalla firma: Cesare Cali ping[ebat] anno D[omini] 1635. Al centro della scena viene raffigurato San Pietro inchiodato alla croce a testa in giù. In primo piano sono riversi a terra diversi oggetti come una vanga, un martello e un maglio. Degli uomini sono intenti a fissare la croce, mentre sullo sfondo abbiamo dei soldati con delle lance in mano. La scena è molto dinamica con torsioni dei personaggi e i colori che il Calise ha usato risultano essere vivi e predominanti rispetto ai contorni, appena abbozzati. Possiamo senza ombra di dubbio affermare che la chiesa di San Carlo è una vero gioiello nel centro storico di Forio, o meglio nell’abitato storico del Cierco, dove il tempo sembra essersi fermato e dove, ancora oggi, è possibile toccare con mano la tradizione del comune turrito.