CULTURA & SOCIETA'

LE SORBE LISCE E PELOSE ANTICO E TIPICO FRUTTO DI NATALE CHE NASCE NEI NOSTRI BOSCHI: STANNO  MATURANDO PER ESSERE  PRONTE PER LE CESTA IN VISTA DELLE FESTE 

CON L’AUTUNNO ORMAI VERSO LA FINE UN ALTRO FRUTTO DI STAGIONE CHE SEMBRAVA DIMENTICATO ATTIRA L’ATTENZIONE DEGLI ISCHTANI CHE NON RINUNCIANO ALLE TRADIZIONI – E’ possibile trovalo su piante rigogliose dal fogliame verde vario nell’ex pineta Villari, al Cretaio, nel Bosco della Maddalena nel boschetto di Santa Maria al Monte ed in altre zone boschive dell’isola - I nobili ischitani nel loro tempo dalle sorbe ricavavano un gustoso liquore presente spesso nei banchetti organizzati da Lucrezia d’Alagno e dai d’Avalos sul Castello d’Ischia – Fra poche settimane risplenderanno sui loro alberi come rosse lampadine accese nel bel verde delle nostre pinete e dei nostri boschi - Sull’isola, le sorbe ai primi del ‘900, hanno fatto parte dell’alimentazione quotidiana ed hanno rappresentato una fonte di sopravvivenza di donne, di bambini e di anziani in tempo di guerra e di carestia. La polpa delle sorbe essiccate veniva mescolata alla farina di grano che scarseggiava per ottenere un pane davvero morbido e gustoso oppure, macinate e unite alla farina di mais, venivano impiegate per preparare la polenta. A questa pratica domestica di cucina da vecchio casolare, si dedicavano le donne di Piedimonte a Barano d’Ischia, di Panza a Forio, di Fontana e di Ischia città

Altro frutto regale d’autunno avanzato, che per il primo freddo che arriva sta passando la mano all’inverno, sono le sorbe pelose e lisce, colorate e gustose,  le cui piante rigogliose possono essere ammirate nei nostri boschi e lasciano pregustare, al pari del mirto o mortella, specie col loro fogliame, il profumo e l’atmosfera prenatalizia in  cui già sembra essere entrati. Quindi l’ autunno  in corso e le festività natalizie che si avvicinano sempre più, ci riportano col pensiero e l’attenzione alle sorbe pelose e lisce, il frutto di stagione pare  dimenticato per eccellenza, che fra gli antichi rappresentava delizia per il palato e decorazione per l’aspetto festoso delle fanciulle in fiore. Ischia è stata terra di sorbe per molte epoche, a seconda del mutamento del suo territorio da agricolo a fortemente boschivo, specie dopo i fenomeni lavici a seguito di periodici sconvolgimenti tellurici.

Le pinete e le larghe fasce di bosco disseminate in tutta l’isola, sono il risultato evidente dei sussulti storici di madre natura, che disegna e traccia le linee a suo piacimento, lasciando nel tempo segni indelebili della sua forza rigeneratrice  – Il nostro patrimonio arboreo con piante patriarcali, che riescono  a resistere ad attacchi di ogni tipo, ci assicura svariate specie di piante di media, lunga ed eterna durata. Il botanico di professione, farebbe quì la lista di tutte quante. Noi invece, ci limitiamo a ricordare  solo quelle di comune conoscenza, come i pini giunti sull’isola nell’800 ad opera  del Gussone,  le viti portate sull’isola dai greci duemila anni prima, i platani che ombreggiano strade e piazze, le quercie, i castagni, il carrubo, i gelsi, la sempreverde  pianta di aranci della famiglia degli agrumi (cedro, limone, mandarino,lima), il ciliegio, fichi e fichidindia, albicocche e pesche, prugne e pere, e per finire, le nespole e dulcis in fundo, le sorbe. Sull’isola, le sorbe  ai primi del ‘900, hanno fatto parte dell’alimentazione quotidiana ed hanno rappresentato una fonte di sopravvivenza di donne, di bambini e di anziani in tempo di guerra e di carestia. La polpa delle sorbe essiccate veniva mescolata alla farina di grano che scarseggiava per ottenere un pane davvero morbido e gustoso oppure, macinate e unite alla farina di mais, venivano impiegate per preparare la polenta. A questa pratica domestica di cucina da vecchio casolare, si dedicavano le donne di Piedimonte  a Barano d’Ischia, di Panza a Forio, di Fontana e di Ischia città. A quel tempo i nostri contadini  raccoglievano le rosse sorbe in autunno, ancora non commestibili, e con  l’attenta stratificazione su paglia per circa due mesi, in un ambiente fresco e ventilato, esse divenivano straordinariamente dolci e profumate, garantendo peraltro, scorte di frutta energetica e ricca di vitamine, quando gli altri frutti scarseggiavano.

E sopratutto erano pronte per mangiarle a Natale.  Le località dove era ed è ancora possibile riempire il canestro di sorbe, sono la ex pineta Villari, oggi parco comunale, il Bosco della  Maddalena  a Casamicciola, l’intera zona boschiva del Cretaio, il boschetto di Santa Maria al Monte sopra Forio e alla Falanga. L’albero di sorbe, per l’esperto di bosco, è riconoscibile a prima vista. Nella pineta di Ischia, alligna più che nelle altre zone citate dell’isola. L’albero è alto fino a 13 metri, ed è molto longevo. E inondato di foglie alterne imparipennate, composte, lunghe fino a 20 cm. con 6-10 paia di foglioline ovali o lancellate, dentate ai margini, acute all’apice. Porta numerosi fiori ermafroditi.  Il frutto è un pomo subgloboso o piriforme lungo da 2 a 4 centimetri, di colore rosso forte, giallo-rossastro e punteggiato, quindi bruno a maturità, la polpa è verdognola dolce, con endocarpo membranaceo e semi angolosi bruni. I frutti maturano in autunno e sono molto ricercati dagli uccelli, specie quelli selvatici. I frutti sono commestibili, di sapore acidulo, ricchi di acido malico e vitamina C, se ammezziti diventano dolci, con polpa farinosa molle. Le sorbe di colore giallo-rossastro e punteggiato, diventano marrone dopo aver completato il processo di maturazione. I Galli e Celti furono tra i primi a usare le sorbe dalle quali, in seguito alla fermentazione con il grano, ottenevano una bevanda simile al sidro detta Cerevisia, citata da Virgilio nelle Georgiche. Il popolo celtico considerava inoltre questi piccoli frutti come un dono degli dei e li utilizzava come amuleto portafortuna contro fulmini e sortilegi. Possedere un albero di sorbe nel giardino di casa per gli antichi popoli italici, era garanzia di fortuna e di protezione per la famiglia dagli spiriti e dalle forze negative. Fino alla seconda guerra mondiale anche nell’Appennino Romagnolo veniva prodotta, con le sorbe, una bevanda simile alla Cerevisia, ma solo di recente sono state riscoperte vecchie ricette di confetture, di condimenti tra cui un aceto dal gusto inusuale e raffinato, di salse, di liquori e di grappe. Tra i liquori, famoso è il sorbolino, liquore “nobile” di sorbe che ben accompagna dolci e macedonie e prodotto fin dal 1600 a Sorbolo in provincia di Parma, dove il Sorbus domestica L. era una pianta da frutto diffusissima.

Si narra che il marchese Gonzaga a Mantova fece preparare in onore della regina Cristina di Svezia questa preziosa bevanda e da allora si diffuse presso altre Corti e fu offerta agli ospiti di riguardo nei Castelli e nei Palazzi delle famiglie nobiliari. Lo stesso avveniva sul Castello d’Ischia dove ad offrire  il suo “sorbolino” tratto dalle sorbe tritate del Bosco del Cremato (ex pineta Villari) era Lucrezia d’Alagno la favorita sull’antico maniero ischitano di Re Alfonso D’Aragona. Il gustoso liquore insieme al frutto di origine, faceva parte anche della ricca dispensa dei d’Avalos  che nei loro banchetti organizzati per ospiti di riguardo nei propri alloggi fra, il Castello e la dirimpettaia Torre di Michelangelo, non mancavano mai di inserirlo fra le regali bevande e frutta del loro menu. Insomma le sorbe ischitane hanno avuto la loro “bella vita” riconosciute com’erano, frutto di tutto rispetto. La tradizione non è interrotta. Le nostre sorbe rosso forte, rosso-giallastre e marroncine,  non hanno mai smesso di esistere nella loro selvatica bellezza. Fra poche settimane lo dimostreranno ancora, quando, in vista del Natale  risplenderanno alla luce come lampadine accese nel bel verde dei nostri boschi e delle nostre pinete e fra gli addobbi in casa e nei negozi in festa.

Fotoricerca di Giovan Giuseppe Lubrano Fotoreporter 

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