«Le ruspe? I cittadini “condannati” dalla politica»

Inammissibili nel “Salva Milano” gli emendamenti che avrebbero potuto evitare o posticipare diverse demolizioni in Campania e sulla nostra isola. L’avvocato Gino Di Meglio pone l’indice accusatorio sui governanti incapaci di varare una norma ad hoc ma non risparmia una frecciata agli amministratori locali: ecco cosa potrebbero fare per salvare il salvabile

Si fa sempre più intricata la matassa relativa alla questione edilizia sul territorio campano e sull’isola d’Ischia che poi è il nostro ambito di riferimento. In tal senso è chiaro che la bocciatura degli emendamenti proposti da alcuni deputati nel decreto “Salva Milano” rappresentano la punta dell’iceberg e l’ultimo anello di una lunga catena. Troppi i segnali che vanno in controtendenza rispetto a quanto auspicato, c’è da preoccuparsi?

«Sì, bisogna prendere amaramente atto del fatto che ancora una volta la politica dimostra di essere assolutamente distante dai veri problemi di questo paese, in particolare lontana anni luce dalle difficoltà dei cittadini che in questo periodo vivono in uno stato di profonda angoscia temendo per il futuro e la sorte della propria abitazione. In Campania, è noto, sono migliaia le R.E.S.A. che andrebbero eseguite dalla Procura della Repubblica: molte di queste sono già state portate a compimento, altre lo saranno nei giorni e nelle settimane a venire. Ma il nocciolo della questione rimane sempre lo stesso».

Quale?

«Ripeto, la politica non si rende conto che siamo davanti a un fenomeno grave, ad una vera e propria emergenza sociale che rischia di acuirsi ancor più. Poi relativamente al “Salva Milano” non posso che esternare il mio stupore: ho letto l’emendamento che era stato proposto dal deputato Zinzi e da altri e mi sembrava nella forma e nella sostanza decisamente ragionevole. Insomma, c’erano tutti i presupposti affinché trovasse accoglimento, ma il presidente della Commissione è stato invece di parere diverso dichiarandolo inammissibile e facendo passare solo le norme relative alla cittadina lombarda. E in questo, tra l’altro, ritengo che si possano ravvisare anche profili di incostituzionalità, perché siamo davanti ad una norma prevista solo per un determinato territorio e per giunta dove non si è verificata nessuna emergenza tipo terremoto o altra calamità naturale. Ecco, in questi casi norme ad hoc sarebbero anche comprensibili, ma diversamente la cosa è quantomeno paradossale. Perché il “Salva Milano”, inutile girarci intorno, è una norma che tende a salvare le costruzioni e gli immobili realizzati in quella determinata area metropolitana, ma non in tutta Italia. E’ questa è una chiara ed evidente disparità di trattamento, che dunque ha tutto per essere etichettata come anticostituzionale».

A tal proposito vorrei sottoporle una mia personalissima e dunque opinabile considerazione. Quando è stato presentato il “Salva Milano”, lo stesso è stato motivato dal ministro Salvini e non solo come uno strumento necessario per evitare l’intervento della Procura in tante, troppe situazioni. Allora qualcuno dovrebbe spiegare perché se si vuole evitare l’intervento a gamba tesa dell’autorità giudiziaria a Milano, non si intenda fare lo stesso anche a Napoli, non trova?

«Guarda, c’è poco da sindacare: il fine ultimo di quel decreto, come certificato anche dalle dichiarazioni del sindaco di Milano, è proprio quello. Dato che loro hanno settanta dirigenti attualmente inquisiti dalla magistratura e devono fare i conti con un mare di pratiche bloccate perché i dirigenti non vogliono più firmare nulla per timore di ritorsioni giudiziarie, allora a questo punto si è pensato di confezionare un decreto in grado di superare questo stato di empasse. Va bene, anzi benissimo, ma mi domando ancora una volta: perché solo per Milano? Rimarco con ancora maggior forza che il vero fine di questa norma emerge dalle dichiarazioni dei vari politici, partendo da Salvini e proseguendo con Sala che ha espresso in maniera inequivocabile il suo pensiero alla stampa. Ecco, se aggiungiamo anche questo al ragionamento fatto finora, la discriminazione mi sembra ancora più lapalissiana».

Intanto Ischia continua ad avere questo marchio addosso, come se tutto quello che non fosse abusivo nel resto d’Italia lo sia soltanto sulla nostra isola.

«Io penso che questo aspetto abbia inciso e pure in maniera rilevante nelle valutazioni che sono state fatte. Ormai ci portiamo dietro un pregiudizio che è quello di essere un’isola di abusivi. Questo naturalmente ci danneggia e non rende giustizia effettiva, reale, sostanziale, al territorio».

Anche il recente, chiamiamolo così, “sodalizio” sull’asse De Luca-Gratteri, fondamentalmente non promette nulla di buono tanto per Ischia quanto per la Campania. Posso chiederle un commento e anche se magari si aspettava un atteggiamento diverso da parte dei sindaci isolani?

«Voglio partire da una doverosa premessa: il problema non è di facile soluzione. Diciamo che la magistratura fa il proprio dovere e con l’arrivo di Gratteri sta dimostrando anche di saperlo fare molto bene. Ma i magistrati come dicevo fanno quello che devono, stanno applicando la legge: e se le norme dispongono che una sentenza di condanna con patteggiamento prevede la demolizione, il pubblico ministero la deve eseguire, c’è da poco da discutere. Il problema, torno a ribadirlo, è un altro e va individuato nella politica perché le leggi le fanno i politici e non certo i magistrati che si limitano ad applicare le norme. Ora, se il politico non ha la voglia, il coraggio, la forza di fare le leggi che tutelino un patrimonio edilizio che spesso è risalente a oltre 30 anni fa, c’è poco da fare».

Quindi non se ne esce?

«Senza un intervento legislativo no, mi pare chiaro. Qui spesso si dimentica che parliamo di R.E.S.A. che sono state notificati sulla base di sentenze di condanna che risalgono a 25, anche 30 anni orsono. Ora, immagina una famiglia che per 30 anni ha vissuto in una casa, ci ha cresciuto i figli, li ha visti diventare uomini e poi ci ha pagato le utenze, le tasse come IMU e TARI oltre naturalmente alle oblazioni e agli oneri per presentare la domanda di condono. Ebbene, a distanza di oltre un quarto di secolo magari gli viene comunicato che gli sarà demolita la casa. Questo è un problema politico ed è la politica che dovrebbe risolverlo. Per quanto riguarda invece gli amministratori locali, è chiaro che ci sono responsabilità gravissima nella gestione della politica sul territorio. I sindaci potrebbero risolvere gran parte del problema legato alle demolizioni con i PUC, redigere i piani significherebbe prevedere una diversa possibilità di edificare in base all’urbanizzazione che è ormai presente sul territorio. Guarda, se posso faccio un esempio emblematico».

Prego.

«Il piano regolatore del Comune d’Ischia è stato approvato da mio padre quando era sindaco, parliamo di circa mezzo secolo fa. Da allora quello strumento urbanistico non è mai mutato, è però mutato il territorio trasformandosi, urbanizzandosi, evolvendosi eppure il piano è rimasto quello. Ora se i sindaci congiuntamente si rendono conto che il problema può essere superato facendo i Piani Urbanistici Comunali, allora una soluzione si può trovare. Qualcuno potrà obiettare che si rischia di ingessare il territorio ma io a quel qualcuno rispondo che già lo è ingessato con tutte le normative vincolistiche vigenti. Per lo meno con i PUC – che tengano conto dell’attuale livello di urbanizzazione – qualcosa si può sanare: certo, non tutto, ma almeno si eviterebbe l’indiscriminata azione demolitoria».

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