La tradizione dello squisito sanguinaccio di Carnevale
Il sangue del maiale ingrediente base per la preparazione del sanguinaccio. Durante la macellazione del maiale, il sangue doveva essere continuamente mescolato per evitarne la coagulazione. Successivamente veniva filtrato prima di essere unito alla crema di cacao cotta in pentoloni di rame su fuochi a legna. Alla crema si aggiungevano, poi, caffè, cacao, cannella, chiodi di garofano, uva passa e altre spezie oltre ad una buona quantità di zucchero per addolcire il tutto.Nel 1992 fu vietata la vendita e l’uso del sangue di maiale perchè apportatore di malattie
Il sanguinaccio sembra cosa da niente, ma è quella squisitezza, quell’amato dolce cremoso al cacao ed al sangue vivo del maiale che proprio in questi giorni di Carnevale ed anche prima, ha deliziato in passato il nostro palato e di quanti qui sull’isola e non solo, l’hanno gustato. Poi, ce lomtolse da sotto gli occhi e dalla tavola nel 1992 allorquando l’ufficio sanitario della Regione vietò la vendita del sangue suino perchè si scoprì che era apportatore di malattie. La disposizione restrittiva colse di sorpresa macellai, dolcieri e massaie che per non incorrere nei rigori della legge dovettero rinunciare a farne uso e col passare del tempo dimenticare l’antica tradizione del sanguinaccio. Carnevale però, puntuale ogni anno ce lo ricorda e ce lo fa desiderare più di qualsiasi altro alimento particolare che ci soddisfi. Ma Carnevale non è solo sanguinaccio, è anche lasagne e polpette che da sole però non riescono ad oscurare il vecchio dolce dal gusto inconfondibile. Quando realizzare il sanguinaccio era alla portata di tutti, nel senso che era facile entrare in possesso del sangue vivo del maiale acquistato dal macellaio di fiducia o dal privato che in campagna aveva in proprio macellato il porco dopo averlo tenuto per il tempo sufficiente all’ingrasso, il desiderato sanguinaccio non mancava in nessuna famiglia, e chi non se lo preparava in casa poteva acquistarlo al bar e in pasticcerie. Tutto questo anche molto prima della ricorrenza del Carnevale, da quando cioè era disponibile l’ingrediente base del gustoso dolce cremoso di color cioccolato, ossia il sangue del maiale che veniva macellato con l’ingresso dell’autunno fino al termine della primavera, periodo in cui lo si poteva avere perché ricorrevano il mesi cosiddetti freddi in cui si mangia la carne di maiale e tutti i suoi derivati fra salcicce, traccchiolelle e costolette col grasso. D’estate con il caldo era proibito macellare maiali. Quindi il sanguinaccio col suo profumo nelle case ischitane lo si assaporava anche durante le feste natalizie, soprattutto nel dopo guerra quando era tempo di magra per chiunque. Il sanguinaccio a disposizione spesso sostituiva nella colazione mattutina ciò che in casa non c’era. Ma meglio parlare più approfonditamente del Carnevale (martedì 5 marzo è l’ultimo), del sanguinaccio con la sua storia e le chiacchiere che di recente l’accompagnano. Il carnevale è la festa delle maschere, dei colori, dei coriandoli ed anche del gusto. A Napoli come ormai ad Ischia, non può esistere Carnevale senza il goloso binomio composto da chiacchiere e sanguinaccio. Quest’ultimo è una squisitezza dalle origini partenopee molto antiche assimilate da tempo sull’isola nelle sue campagne dove il “campagnuolo” fra conigli e galline si cresce il suo maiale tenuto all’ingrasso fino al suo “sacrificio “ finale”. Di qui il ricavo del sangue del maiale ingrediente base per la preparazione del sanguinaccio. Durante la macellazione del maiale, il sangue doveva essere continuamente mescolato per evitarne la coagulazione. Successivamente veniva filtrato prima di essere unito alla crema di cacao cotta in pentoloni di rame su fuochi a legna. Alla crema si aggiungevano, poi, caffè, cacao, cannella, chiodi di garofano, uva passa e altre spezie oltre ad una buona quantità di zucchero per addolcire il tutto. Ma perché in passato veniva utilizzato proprio questo ingrediente? E perché proprio in questo periodo dell’anno? Il periodo carnevalesco in Italia inizia precisamenteil 17 gennaio, giorno in cui si celebra Sant’Antonio Abate (Sant’Antuono). Il Santo anacoreta, vissuto in Egitto tra il III e il IV secolo, è sempre stato invocato per la guarigione dell’herpes zoster, il cosiddetto “fuoco di San’Antonio”, che in origine si curava con il grasso di maiale; per questo motivo il Santo è sempre stato raffigurato tra le fiamme e con un maiale accanto. Ma l’uso del sangue di porco per il dolce carnevalesco, ossia il sanguinaccio, ha anche un’origine pagana: deriva, infatti, dalla tradizione medievale delle nostre campagne, dove l’uccisione dei maiali si è sempre collocata tra gennaio e febbraio, mesi in cui i contadini potevano finalmente godere di cibi prelibati frutto del loro lavoro. Il ciclo di preparazione del maiale iniziava con il suo ingrassamento, proseguiva con la sua brutale uccisione e infine terminava con il suo essiccamento. C’è un detto secondo il quale “del maiale non si butta via niente”, e in effetti i nostri contadini hanno saputo sfruttare in cucina ogni parte di questo animale… Ma una volta utilizzata la carne, le interiora e il grasso, restava il sangue, che a lungo è stato utilizzato per scopi terapeutici: nei casi di carenza di ferro veniva dato alle donne durante il periodo mestruale o a chi soffriva di forte anemia. Dal 1992, come ho detto sopra, per motivi igienici, in tutto il territorio nazionale e quindi anche nell’isola di Ischia, fu vietata la vendita e il suo utilizzo, per scongiurare il pericolo di infezioni. Il sangue di porco, infatti, era considerando veicolo di malattie trasmissibili. Questo però non impedì completamente il suo uso. In alcune zone di campagna, ancora oggi, viene utilizzato, anche se non venduto “ufficialmente” in negozi alimentari, è possibile trovarlo dai “campguoli”, dalle parti di Fontana e Succhivo ove si può entrare in possesso, volendo, anche di qualche rara bottiglia di vino cotto. Nonostante il sangue di maiale renda unico il sapore di questa golosissima crema al cioccolato, fortunatamente, l’arte dei pasticceri napoletani e ischitani è stata in grado di trovare una valida alternativa a questo ingrediente, conservando il suo inconfondibile gusto con la seguente ricetta: 1 l di latte, 500 g di zucchero, 150 g di cacao amaro, 50 g di farina, 2 bustine di vanillina, 1 pizzico di cannella macinata, 100 g di cioccolato fondente, 50 g di burro, 100 g di cedro. Il sanguinaccio autentico, quello originale è un’ altra cosa, ed è anche però il conseguente risultato di una pratica crudele, direi “criminale, ai danni dell’animale, ovvero l’ammazzamento manuale del maiale con un coltellaccio affondato nella sua gola. Nelle campagne dell’isola da gennaio a marzo è frequente questo tipo di “delitto” animale. Lo descrive in un suo scritto con molto realismo Bruno Macrì. Per rendere l’idea e per capire a cosa bisognava arrivare per poi avere quella dose di sanguinaccio ben spalmato su di una fetta di pane, riporto qualche passo che l’autore ha vissuto di persona: “Raffaele con il padre ed il fratello Vitantonio, sono già sui luoghi dalle 4.00 del mattino: bisognava preparare i ferri necessari per l’operazione e ‘a caurara con l’acqua bollente che servirà a pulire il maiale. ‘A caurara è ricavata da un vecchio scaldabagno sul quale è stata aperta una finestra, posto in orizzontale su una brace di “pennicilli” (fascine di legna sottile, potatura viti) e legna secca. Arrivo sull’altare sacrificale, dove, proprio davanti al casiello con i maiali, è allestito un patibolo permanente: una trave orizzontale sospesa circa 3 metri da terra, assicurata a pali verticali da cui pensolano delle corde ed una carrucola (paranco) con ganci. Allora capisco che questa esecuzione sarà diversa da quella in uso recentemente, ovvero l’uccisione con pistola da veterinario. È un’esecuzione più tradizionale che mi riporta alla mente quella vista da bambino e realisticamente riprodotta in alcune tele di mio padre. L’unico motivo di questa scelta è legato alla tradizione. Sicuramente più cruenta e decisamente più sonora, ma Raffaele dice “lascia che tutta Piellero senta le urla, così capiranno che in questa casa è entrata la grazia”. Omettendo, però, un dettaglio importante: giustiziare il maiale penzoloni a testa in giù favorisce la fuoriuscita del sangue che, diversamente, potrebbe guastare la carne facendola diventare scura”. Tutto è pronto per l’esecuzione…A questo punto, al maiale quasi immobile e a testa in giù, Raffaele sferra un preciso fendente alla gola con un coltello affilato, il sangue sgorga copioso ed il padre Giovanni lo raccoglie in una
bacinella. Pian piano il corpo del suino, che continua a dibattersi e a lanciare urla disperate, benché tenuto fermo con le corde, si svuota del sangue, si affievolisce, fino a diventare esangue. Nel frattempo Giovanni continua a rimestare il sangue con una canna per evitare che coaguli: il composto diventa spumoso, poi viene filtrato con un colapasta, messo in un recipiente e conservato in luogo fresco; servirà per il sanguinaccio, crema a base di cacao antesignana della più celebre Nutella”. Ma vorrei che tornasse il sanguinaccio.
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