Fin dall’antichità l’uomo si è sempre messo alla prova cercando di costruire case o edifici, anche nei luoghi di difficile accesso. Un esempio può essere l’architettura rupestre, ben rappresentata a Ischia grazie alle sue meravigliose case nella pietra, solitamente realizzate in tufo verde. Questi miracoli architettonici sono ancora lì a testimoniare un passato ricco di storia che aspetta solo di essere approfondito. È stato questo il filo conduttore del convegno“Le case nella pietra: paesaggio e antropizzazione ad Ischia”, ricco di spunti di riflessione e di sorprese.
Dopo i saluti istituzionali del Sindaco di Barano d’Ischia Dionigi Gaudioso ha preso la parola Daniela Di Costanzo, Assessore alla cultura del comune, dettasi entusiasta di ospitare questo incontro: «Il convegno di oggi è incentrato sulle case nella pietra che, come si sa, caratterizzano soprattutto la parte collinare della nostra isola. Come amministrazione comunale siamo molto sensibili a questi temi cheben si inseriscono nel recupero del territorio. Insieme al Sindaco Gaudioso e agli altri membri della giunta stiamo portando avanti una serie di misure atte alla valorizzazione e alla riscoperta della sentieristica. Penso, ad esempio, ai lavori già terminati nei sentieri del buceto nella parte alta di Buonopane e agli interventi fatti allo Schiappone. Attualmente stiamo procedendo al recupero del complesso Baldino a Fiaiano e ci stiamo adoperando per la messa in sicurezza dell’alveo in prossimità dell’Olmitello. Ci tengo a ringraziare Caterina Mazzella, Presidente dell’AiParc C.T. Isola d’Ischia e le Dottoresse Mariangela Catuogno e Vania Ferrandino per la loro professionalità e per l’interesse dimostrato verso il tema delle case nella pietra».
Caterina Mazzella, Presidente AiParc C.T. Isola d’Ischia, ha voluto testimoniare la bontà del convegno: «La nostra associazione ha come obiettivo la promozione socio-culturale del territorio e la sezione dell’isola d’Ischia è nata tre anni fa. Attraverso il concetto di parco, spazio metaforico di studio, ricerca e approfondimento, realizziamo eventi e convegni di carattere culturale in tutta l’isola con la speranza di avvicinare le persone alla storia dei nostri luoghi. Quello che caratterizza l’AiParc è la competenza degli associati e oggi, grazie al Sindaco Dionigi Gaudioso e all’Assessore alla cultura Daniela Di Costanzo, siamo nella sala consiliare di Barano insieme all’Archeologa Mariangela Catuogno e all’Architetta Vania Ferrandino, referente Pidaper parlare delle case nella pietra. Si tratta di modelli abitativi molto particolari di cui ci sono diverse testimonianze a Ischia, soprattutto nella zona collinare. Il convegno è stato realizzato in sinergia con il Pida ed è dedicato alla memoria dell’Architetto Gino Ziviello e della Dottoressa Nicoletta D’Arbitrio, due studiosi che in passato si sono occupati proprio delle case in pietra della nostra isola e che su questo tema nel 1982 hanno scritto un libro molto importante».La Dott.ssa Mariangela Catuogno, una delle due relatrice, nonché responsabile Commissione Archeologia dell’AiParc C.T. dell’Isola d’Ischia, ha ripercorso la storia di questo modello abitativo davanti a una sala gremita: «Parlare di case nella pietra significa riportare alla luce la storia del nostro territorio poiché la tradizione è antichissima. Abbiamo a nostra disposizione fonti preziose che ci descrivono molto bene questo modello architettonico ed è interessante notare l’evoluzione di queste case all’interno del paesaggio e come l’uomo, nel corso dei secoli, abbia interagito con la natura attraverso i massi di pietra, spesso di natura tufacea.
Questo tipo di edilizia in origine aveva più destinazioni d’uso perché accanto alle abitazioni vere e proprie, c’erano anche i ricoveri temporanei e i punti di avvistamento che servivano per la guardiania del territorio durante le incursioni dei pirati saraceni, basti pensare alle celebri torri foriane che sono state realizzate su grossi banchi di tufo.Ad ogni modo, le più importanti testimonianze dell’antica architettura rupestre tufacea si trovano lungo il versante occidentale del Monte Epomeo, in particolare nel Bosco della Falanga, in mezzo alla folta macchia mediterranea. Qui i contadini del posto adattavano i giganteschi blocchi di tufo verde in ricoveri e in cisterne per raccogliere l’acqua piovana».