La rivolta delle commesse, scattano dimissioni e messa in mora

Il personale di una nota attività commerciale isolana ha deciso di incrociare le braccia, licenziarsi e chiede il risarcimento delle indennità loro spettanti. Diverse le violazioni contestate dai legali, dal mancato riconoscimento del livello passando per mansioni decisamente diverse dal CCNL

E’ forse, la cronaca di un film già visto. E in tempi di crisi, purtroppo, rappresenta una scena alla quale potrebbe capitare di assistere sempre più spesso, anche se ci auguriamo di essere ovviamente smentiti. La vicenda in questione, che a questo punto sarà inevitabilmente oggetto di un contenzioso giudiziario, riguarda una nota attività commerciale dell’isola che sarebbe stata oggetto di una fuga di massa delle commesse impiegate presso la stessa. Le dimissioni, inoltrate tramite PEC da uno studio legale della terraferma, sono state trasmesse al legale rappresentante dell’azienda ed avrebbero creato anche non poche difficoltà, in primo luogo legate ad una vendita al pubblico decisamente rallentata nei primi giorni in attesa che si reclutasse nuovo personale. Sembra che i dipendenti si siano rifiutati di prestare l’attività lavorativa per otto ore al giorno invece dalle quattro previste dai contratti individuali che erano stati sottoscritti. Un caso, insomma, decisamente imbarazzante ma che purtroppo non è certo l’unico che si verifica sul nostro territorio.

L’atto che riportiamo per riassumere la vicenda è quello trasmesso dall’avvocato Daniele Pulcrano ed ha come oggetto “dimissioni per giusta causa e richiesta pagamenti insoluti” . Nel testo al destinatario viene specificato quanto segue: “La nostra assistita è dipendente di questa ditta con un contratto di lavoro subordinato part time con mansione di commessa di negozio ed inquadramento nel quarto livello del CCNL di riferimento. La retribuzione seguiva, ovviamente, quanto statuito dal CCNL, di categoria per le mansioni e l’orario indicato nel contratto di assunzione. Purtroppo in realtà è del tutto differente. Infatti, la signora (omissis) oltre a svolgere le mansioni per le quali era stata assunta, era deputata anche alle pulizie nei locali commerciali oltre allo scarico dei prodotti consegnati da corrieri e spedizionieri, però sempre con un salario rapportato al part time.

Inoltre alla stessa non venivano riconosciute la tredicesima e la quattordicesima mensilità oltre a ferie, permessi e festività previste dal CCNL di categoria”. Il legale ricorda come “la signora (omissis) ha chiesto più volte un adeguamento delle condizioni economiche percepite a quanto effettivamente prestato alle vostre dipendenze e puntualmente le suindicate richieste venivano negate” e poi aggiungeva: “Purtroppo nonostante l’impegno e la passione profusi dalla nostra assistita nel suo lavoro, la stessa, a causa delle condizioni sopra indicate, è costretta a presentare le dimissioni per giusta causa con effetto immediato”.

Una decisione, quello della dipendente in questione, che come abbiamo avuto modo di spiegare, ha avuto un effetto domino con tutte le conseguenze già descritte. La parte conclusiva della missiva è quasi rituale e scontata: “Pertanto vi diffidiamo – si legge – a inviare a questo studio legale anche in formato digitale la copia del contratto di assunzione, dei cedolini paga, delle certificazioni uniche e di ogni documento relativo alla collaborazione lavorativa in oggetto, oltre a provvedere all’immediato pagamento delle spettanze tutte dovute alla nostra assistita per il lavoro prestato alle vostre dipendenze e nel vostro interesse oltre alle competenze legali relative alla presente attività, costituendovi allo scopo formalmente in mora per il pagamento di qualsiasi eventuale e conseguente corrispettivo e per conseguenti danni subiti ed a subire in relazione al rapporto di lavoro intercorso”. C’è poi anche la postilla finale: “La presente vale pertanto a interrompere ogni prescrizione in corso relativa a retribuzioni maturate, qualifica e danni derivanti dal rapporto di lavoro nonché ad impugnare ogni eventuale rinuncia a transazione. Vi invitamo dunque a prendere contatto con il nostro studio entro dieci giorni dal ricevimento della presente al fine di definire le modalità di riscontro delle richieste formulate, con l’avvertenza che trascorso infruttuoso lo stesso termine, ci vedremo costretti ad attivare il mandato ricevuto dalla signora (omissis) in tutte le sedi competenti con ulteriore aggravio di spese a suo esclusivo carico”. Non è il primo episodio del genere che si verifica sulla nostra isola, e non crediamo certo sarà l’ultimo, ma quello che fa notizia è l’ammutinamento congiunto delle commesse, che non hanno agito singolarmente ma hanno deciso di dire “basta” in maniera congiunta creando non soltanto imbarazzo nel proprio datore di lavoro ma anche un vero e proprio problema riuscendo di fatto a paralizzare l’attività commerciale che ha dovuto correre in fretta e furia ai ripari per cercare personale sostitutivo. La domanda, perdonateci, viene spontanea: stavolta lo avrà assunto rispettando tutti i crismi delle regole?

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