La regista Alice Rohrwacher dietro la macchina da presa

Tre soli film (“Corpo celeste”, “Le meraviglie”, “Lazzaro felice”) per uno dei nomi più interessanti (e importanti) del cinema italiano più recente. Alice Rohrwacher, sorella minore di Alba (nota e premiata attrice) e regista degli episodi ischitani della seconda stagione de “L’amica geniale”, è un’autrice già apprezzata a livello internazionale (arriva sul set dopo l’esperienza di giurata al Festival di Cannes) e il cui unico imperativo sembra restare saldamente fedele alla propria visione e urgenza espressiva. Né cinema femminile, né cinema borghese, né realismo spinto, né nouvelle vague. Inclassificabile, tanto si muove su un doppio binario: realtà e dimensione fantastica. La Rohrwacher, ottima direttrice d’attori (da cui ottiene spesso prove sorprendenti), spinge i suoi personaggi al contatto con la materia, ma poi lascia emergere la polvere dei sogni. Film in cerca di astrazione. Evocativi e, perché no, spiritualmente politici. “Corpo celeste” (l’esordio, con titolo preso a prestito dalla Ortese) è un racconto di formazione, in cui l’apprendistato di una bambina procede di pari passo con la scoperta delle ciniche sovrastrutture che regolano la società dove si muove. Bussola sensibile in un paesaggio di geografia marginale. “Le meraviglie” (premiato a Cannes con il Gran Premio della Giuria) è soprattutto un film sulla famiglia, organismo generatore e mutilante, caldo rifugio e mostro crudele. Ma è con “Lazzaro felice” che la Rohrwacher raggiunge il vertice espressivo: fiaba allegorica per una critica feroce verso un’epoca e un Paese che ormai si reggono sull’inganno e la sopraffazione. Un racconto morale sulla coscienza dell’umanità in grado di incantare perfino il pubblico Usa.

Exit mobile version