di Isabella Puca
Ischia – Non è trascorso neppure un mese da quando Adib, Feryal, Yaacoub, Rawaa e Marline Kababji sono approdati per la prima volta qui sulla nostra isola. Parliamo della famiglia siriana, padre, madre e tre figli che, in fuga dalle persecuzioni cristiane nella loro terra, sono stati accolti qui sull’isola d’Ischia grazie alla missione della Chiesa d’Ischia e al progetto corridoi umanitari, realizzato grazie a un accordo tra il ministero degli Esteri, la Comunità di Sant’Egidio, la Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia (Fcei) e Tavola Valdese. Ad accoglierli tutta la comunità della Chiesa d’Ischia che sta facendo di tutto per farli sentire a casa. «La popolazione ischitana sente la vocazione all’accoglienza e per questo motivo abbiamo, come chiesa di Ischia abbiamo voluto scommettere sull’accoglienza anche in questo momento di grande difficoltà che l’Europa vive per questo dramma dei tanti migranti che chiedono aiuto. L’invito di Papa Francesco ad essere chiesa in uscita ci ha trovati disponibili a metterci in gioco». È così che ha parlato il vescovo di Ischia Pietro Lagnese intervistato da Tg 2000 dove ha inoltre raccontato la precedente esperienza di isola che accoglie. Al centro di prima accoglienza Giovanni Paolo II da mesi vivono infatti 6 fratelli immigrati, 4 provenienti dal Mali e due dalla Costa D’Avorio. «Abbiamo aperto le porte a questa famiglia di cristiani siriani – ha continuato il vescovo – che venivano da un campo profughi libanese, abbiamo voluto accoglierlo per poter dire loro che noi non eravamo indifferenti al loro dramma e volevamo essere una chiesa che rende visibile il volto della misericordia del padre». La famiglia Kababji viene da Al Hasaka, una delle città siriane più martoriate dalla guerra civile a causa dell’opposizione al governo di Assad che lì, è molto forte. «Noi con la nostra famiglia siamo scappati in Libano, lì dove eravamo non è facile la situazione. Un sacerdote che viveva in Libano ci ha messo in contatto con questi gruppi che aiutavano a portare in Italia persone attraverso corridoi umanitari. Così, siamo arrivati Italia senza dover venire via mare e qui ci troviamo molto bene». A parlare è Marlene una delle ragazze che spiega come la loro vita, grazia anche all’aiuto degli ischitani, ormai sia completamente cambiata. In meglio, per fortuna. «Mio padre aveva un negozio – racconta ancora – io e mia sorella studiavamo, mio fratello lavorava. Poi è precipitato tutto e siamo scappati in Libano con i soli vestiti che avevamo addosso; lì solo mio fratello e mia sorella lavoravano perché in Libano non a tutti è permesso di lavorare. Vivevamo in povertà e sappiamo che lì in Siria la situazione non è affatto bella. Non c’è niente di positivo soprattutto per noi cristiani, i nostri parenti sono scappati tutti e non abbiamo più nessun legame con la nostra terra. A Ischia la gente è molto accogliente, religiosa, ci aiuta moltissimo, ci troviamo molto bene». Parole importanti che testimoniano azioni fondamentali per la comunità isolana e non solo. Testimone di questa staffetta di bene da parte degli ischitani è Gina Menegazzi che ha spiegato a Tg 2000 come si sia venuta a formare tra gli ischitani un’onda di bene che arriva fino ai nostri nuovi fratelli siriani. «La gente di Ischia – ha dichiarato Gina Menegazzi – li sta conoscendo, portano loro tante cose buone o vari oggetti, c’è molta generosità. Loro si stanno aprendo, sono persone molto gentili, delicate e riservate, non chiedono troppo e credo sia una cosa che possa arricchire molti noi ischitani».