La crisi di governo e il dissesto idrogeologico di Ischia
DI LUIGI DELLA MONICA
Nella giornata di ieri, a dispetto di una stabilità politico istituzionale di cui il Paese aveva spasmodicamente bisogno, si è votato per l’eventuale caduta del Governo dopo neanche tre anni dalle elezioni del 4 marzo 2018. Tutti ricorderanno il clima di quelle elezioni che spazzarono via i partiti tradizionali con buona pace di tante persone animate dalla fiducia che il voto potesse cambiare le sorti della comunità, le vite magre e grigie di molti italiani che non riuscivano più ad arrivare a fine mese. Così nell’estate di quello stesso anno arrivarono il reddito di cittadinanza per i meno abbienti ed il ripristino del regime forfettario per le partite iva: riforme per aumentare la forbice di potere di acquisto di larga parte del popolo e ridare liquidità alle imprese ed incrementare i consumi, oltre ai tanto chiacchierati decreti sicurezza del ministero Salvini. In pochi mesi, le cronache hanno visto che il reddito di cittadinanza è diventato un palliativo socioeconomico per rastrellare consensi delle masse, un po’ come il fenomeno del laurismo, vale a dire il voto in cambio di un paio di scarpe, ovvero di una fornitura di pasta per la famiglia – questo io ho letto di denigratorio sul Comandante Achille Lauro, ma sinceramente la storiografia di regime non mi ha mai convinto.
Tuttavia, con i miei occhi ho visto elargire fondi pubblici, impinguati con le nostre tasse e con i recuperi violenti di Agenzia Entrate Riscossione, a persone dedite ad espedienti, a mancanza di voglia di lavorare, alla manovalanza del sistema di malavita, oppure peggio ancora a persone che rifiutavano l’assunzione in regola, perché preoccupate di perdere il reddito di cittadinanza; ancora, persone che in esito ai bonus dei decreti cura Italia chiedevano il licenziamento per poi godere della NASPI e continuare lo stesso lavoro di prima, ma rigorosamente a nero. Orbene, Renzi che ora stacca la spina a questo Governo, che la mano del Presidente Mattarella, in ossequio alla legge elettorale del “Rosatellum”, aveva risollevato dopo la spallata di Matteo Salvini nell’agosto 2019. Lo stesso Renzi che in epoche di sua governance aveva introdotto un altro meccanismo di emersione del lavoro nero, che i sindacati confederali, anche alla luce dei soliti abusi operati da alcuni datori di lavoro i quali tentavano di simulare come occasionali rapporti di lavoro stabili, avevano aspramente richiesto di abolire; lo stesso Renzi che instituì lo sgravio contributivo di mesi 36 a quei datori di lavoro che trasformavano in indeterminato un rapporto di lavoro determinato.
Peccato che l’INPS, nell’ottica della natura sempre più ostile dell’Ente Impositore contro i cittadini, ottica che ha veramente stufato tutti e sottolineo tutti, per mere irregolarità anche occasionali, incidentali, incolpevoli e\o episodiche, dava preavviso di soli 15 giorni al datore di lavoro per ravvedersi operosamente e rimettersi in bonis, pena la sanzione afflittiva della perdita dell’intero beneficio. Si è così, in 15 giorni, laddove nella norma il contribuente ha 1 anno per effettuare i ravvedimenti operosi, l’INPS si riprendeva e ciò è accaduto in moltissimi casi, tutto il beneficio, tutta la propaganda che fece il figlio della Leopolda. Questo è lo scenario da cui si dipana la crisi della politica italiana, che ormai è figlia di uno scontro generazionale senza precedenti: una generazione di adolescenti ipertecnologizzata che dialoga soltanto con se stessa e talvolta dalla mancanza di contatto umano sfocia nel dramma esistenziale anche estremo; una fascia di yuppies trentenni che sono divisi fra l’aspirazione al potere dei più adulti ma ostentatori di un narcisismo ed un culto del corpo che li porta a venerare i personaggi del Grande Fratello; i cinquantenni sono schiacciati nella cuspide fra le responsabilità del loro ruolo storico e lavorativo ed una generazione gerarchicamente sovrapposta a loro che li spreme e li sfrutta con la promessa di un qualche contentino; gli ultrasettantenni divisi fra posti di potere intoccabili, ai vertici assoluti della comunità, ed ad aiutare economicamente i propri figli spesse volte esclusi dal mondo che conta.
La pandemia ha sicuramente dato la mazzata definitiva a tutto ciò. Personalmente non mi sento di criticare, di odiare oppure di demonizzare Matteo Renzi, perché lui è la proiezione della società da cui proviene: la Toscana, se si eccettuano alcune fasce della città di Livorno, non conosce la povertà e la indigenza sociale, la sofferenza vera della gente. Nemmeno critico l’attuale Governo, perché è espressione di ciò che né più e né meno avrebbe fatto qualsiasi persona fra noi, che senza né arte e né parte, si sia trovata catapultata da perfetto imbecille a diventare Ministro. La politica reale, la c.d. realpolitik è altra cosa! Purtroppo, il Grande Fratello è approdato nelle sedi istituzionali e la finzione ha sovrastato la realtà, ma alla fine sapremo la verità fra 50 anni, allorquando verranno desecretati dallo Stato i fatti della pandemia, atteso che il Premier Conte manterrà ostinatamente per sé la delega ai servizi segreti. Purtroppo quegli stessi italiani che all’esterno dell’hotel San Raffael hanno gettato monetine addosso a Bettino Craxi dovranno fare ammenda che almeno a quel posto così prestigioso, pur essendo stato esecrabile il suo operato, il Presidente del Consiglio ci era arrivato dopo una estenuante gavetta dal basso, una scuola di vita serrata e rigorosa, da cui provenivano tutti i suoi colleghi ed anche gli avversari.
Io ritengo che una crisi profonda della funzione sociale ed autorevole dell’avvocato, professione a cui sono approdato con le lacrime, non mi vergogno a dirlo, dipenda anche dal vacuo, improficuo discorso del Prof. Conte che si definì avvocato degli italiani. Caro Professore, quegli italiani che dovevano essere da lei difesi invocano Giustizia ad un suo Ministro preposto che non dialoga con nessuno ed attua riforme anticostituzionali, antigiuridiche e che dilatano la forbice fra persone ed istituzioni dello Stato; quegli italiani onesti da cui si pretende il rigoroso rispetto delle leggi pretendono coerenza e protezione; quelle donne che hanno goduto del bonus babysitter pretendono di poter gestire la loro maternità in armonia di una carriera lavorativa consona ai loro meriti ed alle loro aspirazioni. In Svezia, nazione che non amo e non aspiro a viverci, le lavoratrici vanno a lavoro con i propri figli che vengono tenuti in nursery nello stesso luogo di lavoro, mentre ad oggi mi risulta che questo sia soltanto un appannaggio di alcune poche grandi aziende.
Sull’isola d’Ischia, come in tutto il territorio italiano gli effetti della crisi saranno devastanti – in questo non voglio sfociare in ovvietà – ma sarà una occasione vera per rimboccarsi le maniche. In che senso? In che modo? Il Censore Massimo D’Alema si è unito al coro della stampa internazionale di condanna a Matteo Renzi per l’innesco della crisi in un periodo tanto delicato quanto l’emergenza epidemiologica. Massimo D’Alema l’ultrasettantenne di cui sopra, già Presidente della Commissione Bicamerale che ha riformato il Titolo 5^ della Costituzione. Proprio la L. Cost. 3\2001 nella nuova stesura dell’art. 117 Cost. individua le infrastrutture portuali e della navigazione fra quelle strategiche nazionali. Lo Stato per Ischia, come la Regione Campania, non hanno mosso un dito per il dissesto idrogeologico e ritengo che dovremo attendere molti, molti anni ancora. Per questo motivo, alla luce del dato economico che Ischia rappresenta l’1\3 del prodotto interno lordo della Regione, sarebbe auspicabile che la reazione a questa minaccia concreta alla conservazione delle bellezze naturali isolane, esse stesse foriere di risorse economiche per i suoi abitanti, fossero rinnovate e gestite con forze intellettuali e produttive endogene, senza invocare aiuti operativi dallo Stato centrale.
Mi spiego meglio, fermo restando l’accesso al finanziamento dei fondi europei strutturali, si potrebbe organizzare un consorzio di imprese strettamente isolane per escogitare una soluzione tecnica al dissesto idrogeologico. Il dissesto non è più uno spettro futuro, ma una crudele realtà: dalla spiaggia di Cava dell’Isola a quella dei Maronti, fino alle mareggiate di Sud Est-Ovest ed al Grecale sul versante orientale, che hanno prodotto gli allagamenti a San Pietro ed Ischia Ponte. Ultimo intervento di rinascimento della sola spiaggia dei Maronti avvenne alla fine degli anni ’90 ad opera di un’azienda straniera, ma sarebbe ora di implementare la raccolta di progetti e idee innovative in seno alla stessa Ischia: io credo che gli stessi pescatori di Ischia Ponte sarebbero idonei a suggerire i rimedi di contenimento delle mareggiate, che ormai stanno devastando vaste aree di terraferma e non possono essere più ignorate.
È ora di promuovere una maggiore partecipazione democratica al processo di cambiamento della comunità isolana, la quale deve pretendere di affermare la propria opinione. In caso inverso, nel caso del silenzio e della indolenza collettiva, non resta che attendere impotenti il fato imposto dagli amministratori pubblici, nella piccola comunità isolana, oppure quello che accadrà in Senato il prossimo 19 gennaio 2021, rimanendo fermi ed imbrigliati in logiche di clientelismo che asfissiano ormai da troppi decenni la società.