Arriva a Forio d’Ischia il nuovo intervento urbano taggato Ischia Street Art, Lockdown Social, prima mostra “non-mostra” che fa del distanziamento sociale la sua ragione d’essere, mission e al contempo motivo stesso dell’exhibition. Sabato 30 maggio nel sottopassaggio di via Giacomo Genovino, nel suggestivo panorama della chiesetta del Soccorso di Forio d’Ischia, verrà allestita la mostra che vede Domenico Mimmo Di Caterino protagonista dell’evento, con l’esposizione dei suoi ultimi lavori nati in pieno lockdown, frutto dei 60 giorni di quarantena dell’artista. Lockdown Social vede la luce in piena emergenza Covid-19 e si sviluppa da una serie di opere (tecnica mista su plastica) realizzate da Di Caterino con i pochi strumenti che aveva a disposizione in quel momento, quasi a significare come, nel bel mezzo del lockdown, l’unico strumento di comunicazione possibile, per l’artista, fosse il linguaggio dell’arte.
A realizzare l’allestimento, come in una galleria d’arte a cielo aperto, Salvatore Iacono, gallerista/attivista e fondatore di Ischia Street Art, discussa anti-galleria underground sita nel cuore dell’isola, che posizionerà, lungo tutto il muro del traforo di via Genovino, i pannelli di plastica dipinti da Di Caterino, separati da uno spazio centrale di oltre 5 metri, a creare una lavagna virtuale marcata da spray colorati con su scritto “Free Walls _ Interactive Walls”. Lo scopo è realizzare il distanziamento sociale tra un lavoro e l’altro, lasciando uno spazio libero che potrà essere riempito dalle interazioni dei visitatori-passanti, i quali potranno lasciare la loro impronta; caratteristica questa, di tutti i progetti ideati da Salvatore Iacono con la sua Ischia Street Art Gallery, primo modello di galleria sociale e interattiva, una “non-galleria” o un “anti-galleria”, come definita dallo stesso Iacono, uno spazio aperto alle contaminazioni urbane e che da anni dà voce a numerosi street artist nazionali e internazionali.
I pannelli verranno incollati alla parete di cemento e non saranno più recuperati, lasciati al lavorio del tempo e alla naturale dissoluzione dei materiali, in uno spazio urbano che si trasforma continuamente, interagendo col tessuto culturale, sociale e tradizionale del posto.
Interazioni che avvengono seduta stante con il linguaggio dell’arte, un linguaggio che consente da sempre il distanziamento, tanto sociale quanto temporale, un distanziamento innato e proprio del linguaggio artistico. La mostra realizza un intervento-installazione che pone interrogativi sullo stato dell’arte e sul futuro degli artisti, in particolare degli street artist, in questo delicato momento storico, proponendoli come se fossero all’interno di un social network: “Chissà cosa sarebbe stato se non ci fossero stati i social network e come sarebbe stata questa quarantena se vissuta con i soli linguaggi dell’arte, in un mondo esclusivamente tridimensionale” – si chiede Di Caterino – e “chissà quanto i linguaggi dell’arte contemporanea, oggi, siano realmente e solamente tridimensionali e siano davvero in relazione con lo spazio”. La non-mostra intervento-installazione vuole porre queste e altre riflessioni con l’obiettivo di riappropriarsi della tridimensionalità del linguaggio artistico: “Cosa hanno da temere gli artisti in questo particolare momento storico? Nella pratica nulla, perché il linguaggio dell’arte esiste e persiste” (Mimmo Di Caterino).