Ischia, elezioni del 1960: Franca Barile è la prima donna d’Italia eletta al consiglio comunale
di Isabella Puca
Ischia – “Per la prima volta nel comune d’Ischia, si presenta come candidata alle elezioni amministrative una donna, la signorina Barile Franca di Antonio. La Barile è candidata nella lista D.C. con capolista il comm. Telese Vincenzo. Ella si diplomò all’ora Comune Unificato. Dal 1949 al 1958 impiegata presso il comune, ufficio ragioneria, quale applicata di segreteria. Vincitrice ci concorso magistrale a Roma. Per un anno è stata ad Aleavano Romano e attualmente insegna a Ischia. La signorina Barile è una donna che gode di larga stima e simpatia dell’elettorato, per aver durante il periodo di impiegata, soddisfatto le esigenze del pubblico, interessandosi di tutto e di tutti. Alla giovane candidata non resta che formulare i nostri più sentiti auguri”. Si legge così sulla cronaca di un giornale dell’epoca che la maestra Franca Barile, 94 anni e una memoria di ferro, ha incorniciato e affisso nell’ingresso della sua casa. «Trovai quel giornale dal parrucchiere, era il 1960 ed ero la prima donna in Italia a presentarsi alle elezioni amministrative». Fu l’allora sindaco Telese a chiederle di candidarsi e la signora Barile non se lo lasciò dire due volte, candidandosi anche per le successive tornate elettorali, nel ’65 con Vincenzo Romolo sindaco e, infine, nel ’70, con Umberto DI Meglio. «Sono stata per più di dieci anni impiegata al comune- ci racconta la signora Barile – poi vinsi il concorso da maestra e iniziai a insegnare. Molti mi conoscevano perché ho sempre fatto del bene, ho aiutato tante persone. All’epoca era appena finita la guerra e la gente aveva bisogno di tutto. Pur essendo soddisfatta del mio lavoro da impiegata non lasciavo mai l’idea di insegnare. Ho sostenuto il concorso magistrale per 4 volte, a Napoli, a Caserta, a Udine e poi Roma; sono sempre stata ammessa agli orali e, l’ultima volta a Roma, superai il concorso per esami e non per titoli. Tuttavia fecero una legge grazie alla quale ogni anno prendevano una parte di quelli che avevano vinto, anche solo per esami, e li assumevano, e così fui chiamata come maestra». La signora Barile mentre racconta è attorniata dalle tante foto in bianco e nero esposte nel suo salotto, immagini che raccontano una vita piena di passione, quella di una donna che non si è mai arresa alle contingenze e che è riuscita ad essere un esempio e un aiuto per tante altre donne. «Ricordo di un bisticcio con il segretario Zotti; non si riusciva a trovare una pratica, lui diceva che l’avevo io, ma non era così. Una mattina di prim’ora andai nel suo ufficio e vi trovai la pratica, riguardava l’abolizione del carcere del Punta Molino. Lui mi sorprese mentre ero lì, era accompagnato dall’avv. Umberto di Meglio e dal dott. Bizzarro e mi sgridò. Ricordo che presi la pratica e gliela sbattei forte sulla scrivania. Non fu un gesto bello verso un superiore, ma era un mese che non si trovava quella pratica, ero tesa, e non ho mai avuto un carattere docile. Mi disse che avrebbe voluto denunciarmi e che i due avrebbero fatto da testimoni, ma loro, invece, mi diedero ragione. Ero addetta al protocollo, e per ogni pratica ritirata c’era un biglietto con data e nome di chi l’aveva presa. Fu in quei giorni che mi chiesero di scegliere la sede del concorso magistrale, andai a Roma e la legge diceva che bisognava insegnare un anno lì dove si era passato il concorso. Andai dal segretario e gli dissi, “Segretario me ne vado, vado a insegnare” e lui mi rispose “illusione”. Gli misi l’invito sotto al naso e gli dissi “non è un’ illusione, ma una certezza”. Scelsi di andarmene, ma con il dolore nel cuore, ero attaccata all’ufficio, alla gente e non mi licenziai subito; ogni 3 mesi prendevo l’aspettativa». Fu il papà a spingere Franca all’insegnamento che, all’epoca, era considerato uno dei mestieri migliori, soprattutto per una donna, lo stesso papà che nelle foto del consiglio comunale era in prima linea per sostenere la sua giovane Franca. Per un anno la maestra Barile insegnò a Roma continuando a portare nel cuore la gente a cui era riuscita, da impiegata, a fare del bene. «Al comune – ricorda ancora – avevamo un elenco dei poveri dove erano indicati i nomi delle famiglie bisognose. I medicinali potevano riceverli solo queste famiglie, ma io, con l’aiuto del dott. Santella, facevo scrivere medicine anche per quelli che non erano iscritti e che pure ne avevano bisogno. Rischiavo di andare in galera, ma era a fin di bene. Prendevo queste medicine e gliele portavo, loro le usavano, stavano bene e io ero soddisfatta». Il ricordo del sindaco Telese, scomparso ormai 47 anni fa, è ancora vivo nel cuore della maestra Barile, «è stato un personaggio unico, voleva che i verbali li scrivessi io e non la dattilografa perché ero discreta. Era una persona caritatevole e spesso elargiva, di tasca propria, soldi ai bisognosi; gentilissimo con tutti e, in special modo, con le donne amava molto la sua isola». Dopo un anno d’insegnamento a Roma la signora Barile riuscì a tornare a Ischia dove continuò a insegnare e dove intraprese una brillante carriera politica. «Mio padre aveva un negozio di pittura e ferramenta a Piazza Croce, al bar Diaz, che si trovava lì vicino, vide seduto il principe Borghese, apparteneva alla casa Savoia, e lui andò a parlargli. Gli raccontò di me, che insegnavo a Roma, ma volevo tornare a Ischia e lui s’interessò alla mia causa. Fu grazie a lui che ebbi il comando per Ischia. Iniziai a insegnare prima a Buonopane, poi Testaccio, Fiaiano, Campagnano e poi Ischia al Marconi dove sono stata 30 anni e sono stata felice». Segretaria del partito della Democrazia Cristiana femminile a Ischia la signora Barile per carisma e per il suo passato trascorso accanto alla gente era la candidata perfetta. «Fu il sindaco Telese a chiedere a mio padre di mettermi in lista, lui gli rispose che ero “una femmina”, ma la moglie di Telese, professoressa di liceo di mia sorella Cristina, riuscì a convincerlo. Era la prima volta che le donne si potevano candidare. Presi un sacco di voti, più di mille. Lui fu il primo e io la seconda, le persone mi conoscevano bene e mi rivolevano al comune».
Su di un bigliettino elettorale che la maestra Barile conserva incorniciato e in bella mostra, accanto alla sua foto che la ritrae splendida ventiquattrenne si legge “Franca Barile, n°4 – Insegnante elementare, degna rappresentate del sesso gentile in seno al Consiglio Comunale di Ischia, con esperienza amministrativa, merita la tua fiducia”. «Facevo i comizi a Piazza Croce, salivo sul palco ed esponevo il mio programma politico, dove parlavo alle donne, per risolvere i loro problemi, e alla gente. C’era la fame, e distribuivo la polvere di piselli o di fagioli, che mi davano gli americani; feci avere a molti il permesso per portare le motocarrozzette. Appena sposata abitavo a Parco Grazia e tutti i giorni avevo il salone pieno di gente, chi voleva il rimando militare, chi il posto; impiegai molti alle terme comunali. Perorai la causa di una vedova per farle avere un posto di lavoro, era senza marito e con due bambini a carico. Presi tanti voti, ma non andavo casa per casa, mi vergognavo, eppure per 3 volte che mi sono presentata mi hanno sempre votata». La seconda candidatura fu nel ’70 e divenne ufficiale di Stato Civile, la terza nel ’75 e ottenne l’assessorato alla scuola, al personale e all’assistenza. La memoria non falla neanche un attimo e la maestra Barile ci svela quello che, forse, è il segreto per mantenerla allenata: le espressioni matematiche che, ancora oggi, si diverte a fare. «Eravamo tutti amici, mi rispettavano. All’epoca – racconta lucida – era raro che una donna stesse al comando, ma ero sposata, avevo una figlia piccola, a mezzanotte facevo il bucato e il pomeriggio avevo tutte queste persone a casa e mi impegnavo per loro. Della politica mi piaceva di far bene alla gente, di risolvere i loro problemi e i problemi di Ischia. I politici di allora erano dotati di cuore, pensavano al benessere del paese e della gente. Andavano incontro ai bisogni dei cittadini, si impegnavano per aiutarli, ora la gente sembra avere paura di andare a chiedere, pure agli impiegati che, spesso, si chiudono nei loro uffici». Quella della maestra Barile, prima donna in Italia a prendere parte a un consiglio comunale è una storia che lascia dietro un grande esempio a tutte le donne che oggi s’impegnano in politica non soltanto per riempire una quota rosa. «Mi mettevo a repentaglio pur di far del bene alla gente e mi sentivo soddisfatta. Per tutte e tre le volte presi una miriade di voti e la simpatia del popolo, ma non ho mai accettato un regalo, non per superbia, ma perché sapevo che chi mi dava quel regalo in realtà ne aveva più bisogno di me. Gli amministratori – conclude la maestra Barile – servono a rappresentare la gente e ad aiutarla se questa ha qualche difficoltà, prima era prassi che per strada, chi amministrava, si fermava ad ascoltare i problemi della gente, oggi non c’è più cuore, non c’è più umanità e sono questi i valori morali che bisogna ripristinare».